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Napoli 27 dicembre 2021
F.to Dr. Alexander Finelli MD- PhD
Thyroid Surgery
INTRODUZIONE
Trattare la patologia nodulare della tiroide è certamente un intento ambizioso e non scevro dadifficoltà considerata la vastità dell’argomento e l’evoluzione che ha subito negli ultimi anni l’andamento epidemiologico e prognostico di tale tipo di patologia
A tale proposito basta considerare il notevole aumento della incidenza delle tireopatie ed particolar modo di quelle nodulari che destano le maggiori difficoltà diagnostiche.
Ciò è da imputare in parte ad un reale aumento della frequenza di tali patologie soprattutto di quelleNeoplastiche; fenomeno in parte in relazione all’aumento della popolazione e di quei fattori di rischio che studi epidemiologici hanno associato con le neoplasie tiroidee, ed in parte il fenomeno è conseguenza del miglioramento qualitativo e quantitativo delle indagini diagnostiche . consapevole che la presente trattazione non potrà ampiamente soddisfare coloro i quali si attendono una completa esposizione dell’argomento , il lavoro è orientato verso la elaborazione del principale problema che deve suscitare nel medico un nodulo tiroideo.
“È UNALESIONE MALIGNA? SEE’UNALESIONE BENIGNA HA
UNA QUALCHE POSSIBILITA’ DI EVOLVERE IN CANCRO?”
Certamente nel trattare la strategia diagnostica e terapeutica dei noduli tiroidei non si può sorvolare sul ruolo che tali tecniche svolgono nell’ambito della prevenzione secondaria delle neoplasie tiroidee.
Oggi grazie a tali indagini possiamo effettuare screening di massa e depistare soggetti a rischio in base a criteri quali : l’età , la eventuale esposizione a radiazioni, una pregressa storia di tiroidite , la familiarità ( vedi ca midollare della tiroide) così da porre diagnosi precoce ed ottenere poi un migliore risultato terapeutico.[ prevenzione secondaria]
Basti pensare alla possibilità che oggi abbiamo di fare diagnosi precoce di quei ca occulti , i quali del tutto asintomatici nel nostro organismo si sviluppano molto lentamente per poi esordire clinicamente dopo una lunga latenza e quando ormai ogni intervento terapeutico non potrà sortire i benefici e la efficacia clinica che comporterebbe una terapia precoce [ prevenzione terziaria per la rapida riabilitazione ed inserimento sociale del paziente]
Altro campo di applicazione di tali indagini è lo studio del follow – up postchirurgico; infatti con la scintigrafia , ecografia , termografia , aspirazione con ago sottile (FNAB) , dosaggio degli ormoni tiroidei e tireoglobulina possiamo valutare la reale efficienza terapeutica , seguire il decorso clinico , individuare precocemente eventuali recidive della malattia ed orientare la terapia.
L’elaborato comincerà con cenni di anatomia e fisiologia della ghiandola tiroide ; poi continuerà con lo sviluppare specificamente la patologia nodulare dopo una breve digressione sulla sua eziopatogenesi per poi sviluppare l’aspetto diagnostico e terapeutico dei noduli tiroidei.
Infine l’elaborato in premessa non può omettere la trattazione del ruolo svolto dalle strategie diagnostiche e terapeutica nella prevenzione della patologia nodulare della ghiandola tiroide .
Premessa essenziale per comprendere gli orientamenti attuali relativi alla applicazione clinica di tali strategie.
PREVENZIONE
La Prevenzione della patologia nodulare della tiroide può essere primaria , secondaria e\o terziaria.
Nell’ambito della prevenzione primaria prevalentemente le strategie diagnostiche sono finalizzate con studi clinici controllati[ trials clinici] alla individuazione di quei fattori di rischio ovvero di quelle noxae patogene che risultano associati alla patologia nodulare della Tiroide.
Dopo la loro individuazione con studi di coorte [ caso – controllo ] o randomizzati tali noxae patogene devono , dove possibile , essere allontanate dall’ambiente dove epidemicamente si sviluppano tali affezioni.
Gli studi di coorte generalmente possono essere retrospettivi e\o prospettici mentre quelli randomizzati sono in prevalenza prospettici.
Grazie ad essi sono stati individuati fattori di rischio correlati con tale patologia nodulare come l’età , il sesso . la razza o gruppoetnico, la familiarità del paziente e la eventuale esposizione ad irradiazione della testa e del collo [ Deaconson] del paziente in genere in giovane età ecc… .
In tema di Prevenzione secondaria le strategie diagnostiche piuttosto che gli orientamenti terapeutici svolgono un ruolo chiave ai fini dei risultati clinici anche ai fini della prevenzione terziaria della patologia nodulare.
Per prevenzione secondaria intendiamo la esecuzione nella popolazione a rischio individuata con la prevenzione primaria di screening di massa con strategie diagnostiche finalizzate a fare una diagnosi precoce di malattia nodulare tiroidea al fine di indirizzare le strategie terapeutiche verso interventi curativi meno demolitivi e con migliori risultati clinici.
Con una diagnosi precoce di patologia nodulare infatti , oggi possiamo eseguire interventi chirurgici meno rischiosi in termini di complicanze e soprattutto nel nodulo neoplastico proporre interventi in cui la trancia di sezione cade in un cm di tessuto sano ottenendo risultati equivalenti o superioria quelli ottenuti a breve e lungo termine con interventi molto più demolitivi o mutilantigravati da maggiori rischi di complicanze.
La prevenzione terziaria della patologia nodulare della Tiroide risulta finalizzata alla riabilitazione e reinserimento sociale del paziente tiroidectomizzato .
Tale prevenzione terziaria risulta orientata dopo la prevenzione secondaria con diagnosi precoce di malattia da strategie terapeutiche che hanno lo scopo di evitare quelle complicanze disabilitanti come l’ipotiroidismo , l’ipoparatiroidismo secondario e le lesioni ricorrenziali postoperatorie.
Sicuramente con una diagnosi precoce di malattia possiamo eseguire interventi conservativi anche in caso di patologia neoplastica come la tiroidectomia subtoltale intra e\o extracapsulare [Califano] senza ricorrere a tecniche microchirurgiche dipendenti dalle attitudini del chirurgo operatore nonché dal suo lungo e costoso training.
ANATOMIA E FISIOLOGIA
La tiroide è una ghianfola endocrina a struttura follicolare situata nella regione sottoioidea del collo la sua principale funzione è quella di produrre gli ormoni T3 - T4 che interferiscono con il metabolismo cellulare, lo sviluppo e la maturazione dell’organismo e con la differenziazione tessutale.
Funziona secondaria , ma non certo di minore importanza è esplicata dalle cellule C-parafollicolari di origine neuroectodermica ( cellule Apud) che producono
Calcitonina, un ormone che regola il metabolismo del calcio.
La ghiandola consta di due lobi uniti da un istmo che passa dinanzi al 2* - 3* anello tracheale ; dall’istmo può anche originare il lobo piramidale di MORGAGNI che risale fino alla radice linguale e rappresenta il residuo del dotto tireoglosso.
La tiroide è irrorata dalla arteria tiroidea superiore ramo collaterale della carotide esterna e dalla arteria tiroidea inferiore ramo collaterale della succlavia.
L’unità morfofunzionale della tiroide è il follicolo ; questo all’interno presenta una sostanza amorfa , la colloide, di natura glicoproteica da cui i tireociti producono ormoni tiroidei.
Questi ultimi vengono immessi in circolo attraverso i capillari della membrana basale ed a livello periferico agiscono sugli organi bersagli.
Infine dobbiamo ricordare che la tiroide come tutte ghiandole endocrine è sotto il fine controllo dell’asse
Ipotalamo-ipofisario ; infatti gli ormoni tiroidei sono prodotti e secreti sotto la influenza del TSH ipofisario che agisce direttamente sui tireociti.
La secrezione ipofisaria del TSH a sua volta è controllata dall’ipotalamo tramite la produzione di TRH; inoltre con un meccanismo a FEEDBACK gli stessi ormoni tiroidei agiscono a livello ipofisario ed ipotalamico autoregolando la loro produzione in funzione delle nostre esigenze biologiche .
EZIOPATOGENESI
Vi sono molte controversie sulla eziopatogenesi del gozzo multinodulare non tossico, ma ogi il più degli autori concordano sl fatto che tale patologia è la evoluzione del comune gozzo diffuso non tossico.
Quest’ultimo si distingue in una forma endemica ed ina forma sporadica ; entrambe le forme di gozzo diffuso comunque conseguono ad una carenza di ormoni tiroidei che comporta una ipersecrezione di TSH ipofisario, il quale determina a sua volta una ipertrofia ed una iperplasia della ghiandola al fine di ristabilire , quando possibile, uno stato di eutiroidismo.
Ancora ignoto è il meccanismo patogenetico che comporta la trasformazione di un gozzo diffuso non tossico in un gozzo multinodulare che inizialmente si presenta come un gozzo nodulare iperplastico cioè con zone che ancora risentono dell’effetto del TSH e con zone normali; ed in seguito presenta un accumulo di colloide nelle aree iperplastiche con formazione di aree cistiche ovvero di cisti colloidi [ Gozzo colloidocistico o cistocolloidale].
Riguardo il nodulo solitario distinguiamo una iperplasia semplice benigna [ nodulo eutiroideo] in cui il tessuto tiroideo che forma il nodulo sembra essere ipersensibile all’azione iperplastica del TSH.
Diverso è il discorso riguardo il nodulo solitario patologico che può essere di natura fisica solida o cistica ; i noduli cistici derivano dalla colliquazione di tessuto tiroideo iperplastico e\o adenomatoso.
Secondo talune casistiche questi rappresentano il 10-20% dei noduli tiroidei ed il loro liquido può presentarsi di colore bruno e con pigmento emosiderinico.
Abbiamo poi la patologia neoplastica che rappresenta la più temibile problematica diagnostica e terapeutica nell’ambito della patologia nodulare tiroidea
Possiamo parlare di patologia neoplastica benigna [ adenoma] o maligna [ carcinoma] ; i primi si presentano capsulati con limiti netti a crescita espansiva e non danno metastasi; caratteristiche inverse presentano i carcinomi.
Distinguiamo due varianti anatomo - patologiche degli adenomi e cioè quelli follicolari e papillari.
Si discute e dibatte molto sulla benignità degli adenomi papillari perché facilmente degenerano e possono dare metastasi [ lesioni border line – lesioni a malignità locale] ai linfonodi laterocervicali per cui spesso una netta differenza tra adenoma papillare e carcinoma papillifero non si riesce ad individuare e definire [ tanto più se si considera che spesso il ca papillifero tende ad una patognomonica autoinvoluzione clinica fino a regredire prima in adenoma e poi scomparire talvolta lasciando soltanto gettoni neoplastici quiescenti linfonodali] .
Nell’ambito delle neoplasie maligne distinguiamo i Ca follicolari , papilliferi , anaplastici, midollari ed a cellule di Hurtle; questi ultimi estremamente rari .
In vero sulla eziopatogenesi della patologia oncologica in generale le nostre conoscenze sono ancora oggi molto vaghe ed oscure [ statisticamente ipotetiche] per cui si preferisce parlare di fattori di rischio associati a ca tiroideo.
Ui il fattore genetico sembra svolgere un ruolo determinante ; basti ricordare la frequenza con cui tali tumore incide in alcune famiglie e soprattutto la ormai confermata associazione del ca midollare della tiroide da inquadrare nel capitolo delle sindromi pluriendocrine di tipo MEN I o MEN II [ iperparatiroidismo – Feocromocitoma e ca midollare della tiroide] con l’HLA-B 27 per LINKAGE DISEQUILIBRIUM [popolazione ebraica].
Tra i fattori di rischio non correggibili ricordiamo l’età ed il sesso ; infatti è noto che in nodulo deve far sospettare un ca tiroideo quando compare nelle età estreme cioè in pazienti molto giovani oppure in età piuttosto avanzata .
Nel sesso femminile per ragioni ignote tale neoplasia è più frequente [ rapporto M:F = 1:7] per cui in base a tali conoscenze epidemiche il medico deve proseguire nel suo approccio clinico con un accurato iter diagnostico e terapeutico .
Abbiamo infine fattori di rischio ovvero variabili cliniche associate al cancro della tiroide corregibili e come tali manipolabili [ variabili discrete o non dipendenti dal caso] come una pregressa storia di tiroidite del paziente , una eventuale esposizione ad irradiazione della testa e\o collo per tumori pediatrici [ cerebrali e/o linfomatosi] che necessariamente devono essere considerati e ricercati dal medico e clinico esperto e diligente quando raccoglie accuratamente la storia anamnestica del paziente.
PATOLOGIA NODULARE
Quando parliamo di nodulo tiroideo abbracciamo un ampio capitolo della patologia tiroidea.
Iniziamo subito col precisare che secondo molti autori non esiste una netta differenza tra patologia multinodulare e nodulo solitario ; infatti spesso noduli clinicamente identificati come solitari solo al tavolo operatorio od ancora oltre solo all'’same istologico risultano essere gozzi multinodulari.
Inoltre da recenti studi (MC Call, 86) sembra che la più temibile complicanza della patologia nodulare e cioè
la degenerazione maligna si manifesta sia nella patologia nodulare solitaria che multipla con una differenza di incidenza non significativa ; perciò oggi il medico ed ancor più il chirurgo deve porsi nei confronti di tali due forme cliniche della patologia nodulare con lo stesso approccio clinico terapeutico.
DIAGNOSI
È giusto riportare all’inizio tale schema poiché esso brillantemente rappresenta il corretto approccio clinico al quale ogni medico deve rifarsi quando si imbatte in un nodulo tiroideo.
Tuttavia non bisogna pensare che in tale modo possiamo sempre superare gli insormontabili problemi diagnostico che può creare un nodulo tiroideo; problemi che spesso trovano la loro risoluzione al tavolo operatorio con l’esame estemporaneo od ancora oltre all’esame istologico del reperto chirurgico.
La ANAMNESI in questo caso come in ogni altro campo della medicina svolge un ruolo chiave per giungere alla corretta diagnosi ma soprattutto fornisce al medico spunti per poi proseguire nel giusto iter diagnostico. Dalla anamnesi è importante conoscere l’età ed il sesso del paziente per le strette relazioni che sussistono tra
natura patologica del nodulo tiroideo e tali fattori . Sappiamo infatti che la patologia neoplastica della tiroide incide maggiormente nel sesso femminile )rapporto M/F =1:7) e nelle età estreme (<20 anni >60 anni).
Tuttavia prima dei venti anni in età prepubere è anche frequente la patologia flogistica della tiroide la quale però generalmente si manifesta in maniera diffusa ed allora vedremo come l’esame obiettivo sarà dirimente per fare diagnosi differenziale considerando le diverse caratteristiche fisiche delle due lesioni.
Con l’anamnesi è importante risalire ad un eventuale esposizione del paziente ad irradiazioni del collo e\o capo oppure ad una pregressa tiroidite soprattutto se contratta in età prepubere poiché molti studi (ROSEN- DEACONSON –DE GROTT – CERLETTY) hanno messo in
relazione il Ca tiroideo con tali fattori di rischio. Possiamo inoltre farci un’idea sulla storia evolutiva e sui caratteri della affezione : periodo e modalità d’insorgenza , evoluzione , sintomatologia ecc…… . All’anamnesi deve far seguito un accurato ESAME OBIETTIVO
Del malato; a tale proposito dobbiamo ricordare che questo esame è dotato di una certa soggettività e soprattutto i chirurghi danno ad esso un valore soltanto relativo.
La sua attendibilità è stimata intorno al 38 % e ciò non per la incapacità del medico nel ricercare i noduli tiroidei ma per la effettiva impossibilità del loro reperimento considerandone le esigue dimensioni; ciò è comprovato dal fatto che molti noduli definiti clinicamente solitari all’esame istologico si rilevano essere gozzi multinodulari.
Ricordiamo che per gozzo la OMS intende ogni tumefazione tiroidea le cui dimensioni supera quelle della falange distale del pollice del paziente.
Per tale ragione anche un nodulo solitario con le suddette caratteristiche deve essere considerato gozzo.
Per essere tutti concordi sulla definizione della entità di un gozzo possiamo rifarci alla seguente classificazione in stadi .
STADIO 0a
Assenza di gozzo
STADIO 0B
Gozzo valutabile solo con la palpazione ma non visibile anche a capo iperesteso.
STADIO I
Gozzo palpabile e visibile solo a capo iperesteso .
STADIO II
Gozzo visibile con collo in posizione normale (palpazione non necessaria per metterlo in evidenza)
STADIO III
Gozzo molto grande visibile anche a distanza
Comunque l’esame clinico non deve limitarsi allo studio della sola ghiandola tiroide ma deve comprendere una accurata valutazione di eventuali disturbi sistemici a carico dei vari apparati che maggiormente ne risentono di una eventuale situazione di iper-ipofunzione tiroidea (SNC – Apparato cardiocircolatorio ecc…)
Per tale ragione ha un certo senso eseguire di routine esami laboratoristici rivolti a saggiare la funzione biologica della tiroide; andiamo così a dosare il TSH,
T3-T4, FT3-FT$, calcitonina , tireoglobulina ed anticorpi antitiroide (antitireoglobulina ed antimicrosomiali : Tiroidite autoimmune di Hashimoto) .
Tutto ciò oggi è reso possibile dai progressi della medicina nucleare la quale permette il preciso dosaggio di tali sostanze nel siero con test radioimmunologici (RIA- Test).
Un cenno particolare qui merita la funzione del dosaggio della tireoglobulina e della calcitonina ; quest’ultima è un indice molto valido per fare diagnosi di Ca midollare della tiroide il quale prende origine dalle cellule CParafollicolari che producono questo ormone ipocalcemizzante.
Il dosaggio della calcitonina permette anche di monitorare la terapia di questo tumore ; a tale scopo risultati incoraggianti offre il dosaggio della tireoglobulina con cui possiamo valutare il risultato
della terapia chirurgica in caso di patologia neoplastica .
Generalmente si assiste ad un suo picco nelle 24 h successive all’intervento ma poi i suoi valori vanno progressivamente riducendosi fino a normalizzarsi.
(V.N. = 0.52 ng/ml) nei 30 giorni successivi allo intervento . Tali valori possono essere controllati nel follow-up del paziente, infatti in caso di recidiva della patologia essi aumentano ancor prima della manifestazione clinica consentendoci di fare una diagnosi precoce ( Di Filippo).
L’esame fisico della tiroide comprende due momenti fondamentali:
ISPEZIONE
PALPAZIONE
Con l’ispezione valitiamo la presenza della tumefazione e lo stato della cute che la ricopre poiché in caso di tiroidite questa si presenta edematoso, traslucida, iperemica, rossa e calda al termotatto[Provenzale- Finelli].
I dati semeiologici più dirimenti si ricavano con la palpazione che non dovrà essere limitata alla sola ghiandola ma a tutto il collo per ricercare un eventuale interessamento linfoghiandolare poiché questo è un segno molto importante quando si sospetta una neoplasia .
Con la palpazione consideriamo la forma , le dimensioni, la consistenza , la dolorabilità e la mobilità rispetto ai piani sottostanti del nodulo ed eventualmente dei linfonodi satelliti così da poter fare d.d. tra neoplasia e tiroidite.
A tale scopo il TAB I sono riportati i caratteri Semeiologici che distinguono i due tipi di lesione . Dopo un accurato esame obiettivo l’iter diagnostico continua con una SCINTIGRAFIA.
Su tale indagine vi sarebbe molto da scrivere, cominciamo col precisare che essa, come la ecografia che le fa seguito nell’iter diagnostico , non ci da informazioni sulla natura del nodulo riroideo.
La scintigrafia può essere eseguita con TC 99 pertectonato o con lo Iodio nelle sue varie forme isotopiche ; il TC 99 ci fornisce prevalentemente informazioni morfologiche della ghiandola , poiche viene captato ma non organificato per cui evidenzia solo il trapping .
Lo iodio (I-131; 125; 123) essendo organificato può essere usato anche per lo studio funzionale della ghiandola ; tuttavia esso è dotato di una lunga emivita,
inoltre lo I – 131 è caratterizzato non solo da una emittenza che poi è quella a noi necessaria ai fini della rilevazione con la -camera senza che ne derivano danni biologici al paziente, ma è dotato anche di una B- emittenza che si rende responsabile dei gravi effetti biologici che questa indagine comporta per la esposizione ad una irradiazione significativamente pericolosa. Comunque questo isotopo radioattivo dello Iodio grazie a questa sua caratteristica può essere usato per eseguire una terapia radiometabolica del ca tiroideo o meglio ancora delle recidive metastatiche dopo tiroidectomia totale
Viceversa il TC 99 per la sua breve emivita ( circa 6h) ed essendo sprovvisto di B-emittenza si presta bene allo studio scintigrafico della tiroide . Con tale esame distinguiamo noduli freddi ipocaptanti da noduli caldi
Ipercaptanti; un discorso a parte merita l’uso della scintigrafia con indicatori positivi.
Quest’ultima indagine va proposta solo quando si sospetta la malignità del nodulo , a tale scopo si usano indicatori positivi (SE 75 metionina; CS 137, TL 201) di cellularità; tra questi quello che sembra dare risultati promettenti è il TL 201.
Malgrado all’inizio tale esame avesse creato grande entusiasmo ci si è dovuti poi ricredere sul suo valore poiché è risultato essere dotato di una bassa sensibilità essendo elevato il numero di falsi negativi che sfuggono alla rilevazione ; per questa ragione oggi ad esso viene preferito l’esame FNAB che sembra essere più attendibile ( 80% di sensibilità contro il 50%) .
Giunto a questo punto dell’iter diagnostico il medico può trovarsi dinanzi ad un nodulo caldo od un nodulo
freddo od ad un gozzo multinodulare.
Nel primo caso il sospetto che nasce è quello di trovarsi dinanzi ad un adenoma tossico ( M. di PLUMMER), allora occorre subito uno studio dei parametri tireometabolici (T3, T4, FT3, FT$) .
Questi raramente sono aumentati e correlati ad un corredo sintomatologico che depone per una diagnosi sicura di adenoma tossico.
Nel più dei casi e soprattutto in età senile (CALIFANO) un nodulo caldo si associa ad un quadro tireometabolico normale ed allora riveste una grande importanza eseguire il test al TRH per valutare la risposta ipofisaria e stabilire se la lesione tiroidea è indipendente o meno dalla regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisario..
Quando col test al TRH abbiamo una normale risposta del TSH possiamo essere certi di trovarci dinanzi ad un
Nodulo eutiroideo mentre se il TSH non aumenta possiamo fare diagnosi di adenoma pretossico.
Ben diverso è il discorso quando alla scintigrafia repertiamo un nodulo freddo od un gozzo multinodulare poiché questi ci riportano alla grande problematica della patologia nodulare e cioè la possibile degenerazione in cancro che sembra avvenire nel 7-37% dei casi secondo le varie casistiche.
In passato si riteneva che la incidenza del cancro fosse maggiore nel nodulo solitario rispetto al gozzo multinodulare ma recentemente in letteratura si discute molto su tale argomento.
Un recente studio di MC CALL ( dic. 86) mette in evidenza come non sembra sussistere una significativa differenza d’incidenza del cancro nelle due forme di patologia .
L’autore in un periodo di studio di 22 anni ha selezionato da un campione di 442 pazienti tiroidectomizzati 69 pazienti con gozzo multinodulare clinicamente evidente e 96 pazienti con nodulo solitario freddo accertato all’esame istopatologico .
In tali soggetti egli rileva la incidenza all’esame istopatologico di Ca ed ottiene i risultati riportati in TAB II e III.
Dalle tavole possiamo dedurre che non c’è significativa differenza tra la incidenza di Ca nel nodulo solitario (17% su 96 pazienti) ed il gozzo multinodulare (13% su 69pazienti) per cui in entrambi i casi il medico dovrà proseguire con un attento e cauto iter diagnostico e terapeutico.
Comunque dinanzi ad uno o più noduli freddi alla scintigrafia bisogna proseguire con la ecografia; anche l’esame con ultrasuoni però come suddetto non ci darà informazioni sulla natura biologica della lesione ma solo nozioni sui suoi caratteri fisici.
La lesione può apparire con aspetto cistico transonico (anecogeno) e con rinforzo di parete posteriore avendo contenuto liquido oppure può presentarsi con aspetto solido iperecogeno.
Il reperimento di una lesione cistica non è segno di benignità infatti vedremo come esistono precisi criteri che andranno attentamente valutati nella fase successiva dell’iter diagnostico per escludere la malignità di una lesione cistica ( ROSEN , 86).
Sia quando ci troviamo innanzi ad un nodulo cistico, sia quando il nodulo è solido il nostro approccio clinico strumentale termina con una agoaspirazione con ago sottile così da eseguire un esame citologico 8FNAB) . Malgrado l’alto tasso di falsi negativi (50% circa) il più degli autori ritiene elevato l’indice di attendibilità di questa indagine stimata essere circa dell’80%; comunque ciò non deve far pensare che essa ci porti sempre ad una diagnosi definitiva e corretta . Come precedentemente accennato in molti casi il problema diagnostico di un nodulo tiroideo viene risolto solo al
tavolo operatorio con l’esame estemporaneo oppure con lo studio istopatologico del reperto chirurgico.
Oggi l’esame citologico è preferito alla scintigrafia con indicatore positivo per la maggiore attendibilità e specificità diagnostica; infatti non significativo è il numero di falsi +che produce tale esame volto alla definizione dell'’ndice di cellularità della lesione tiroidea.
La diffusione del FNAB è da ricondurre al perfezionamento tecnico con cui oggi esso viene eseguito; infatti non si usano più aghi tipo SILVERMAN o TRU-CUT che rendevano molto cruenta l’indagine , bensì si usano aghi sottili di siringa (n.21-27 ma in alcuni casi è stato usato anche il n.18 G). Il prelievo viene eseguito in anestesia locale con capo iperesteso , dopo di ciò se ne studia l’attività proliferativa con vari metodi; uno di questi metodi è quello di KRISHNAN con cui si valuta il flusso citometrico della lesione.
A tale scopo studiamo le fasi G0- G1- S e G2-M del ciclo cellulare , la combinazione delle fasi S e G2-M ci può dare valide informazioni sul livello proliferativo della lesione.
Quando una lesione tiroidea si presenta con aumentata attività cellulare possiamo ritenere questa ad alto rischio di malignità mentre se la cellularità è bassa con ogni probabilità si tratta di un nodulo benigno. Anche le lesioni nodulari cistiche si avvalgono dell’ago-aspirazione con ago sottile la quale qui svolge un ruolo oltre che diagnostico anche curativo. Riguardo la patologia cistica la letteratura e alquanto esigua , tuttavia un recente lavoro di ROSEN va ricordato dal momento che ottimamente chiarisce il ruolo che svolge l’esame FNAB nei confronti della patologia cistica . Qui come prima ricordato l’agoaspirazione può risultare un vero e proprio presidio terapeutico poiché con essa riusciamo a svuotare le cisti anche definitivamente (cisti benigna).
Tuttavia il chirurgo non può fermarsi qui ma deve considerare taluni criteri che gli permettono di escludere una lesione neoplastica soggiacente alla cisti. Per questa ragione e importante che il liquido aspirato ( generalmente 10 ml) dopo filtrazione nucleoporica venga centrifugato e sul sedimento poi andremo a cercare cellule maligne con la colorazione di PAPANICOLAU (PAP TEST) . ROSEN ha ben identificato nel suo lavoro i criteri che devono indurre a sospettare la malignità di un nodulo cistico ; egli presenta un campione di 60 pazienti eutiroidei con nodulo freddo ipofunzionante selezionati per la chirurgia i cui criteri di evidenza di malignità sono basati proprio sull’esame FNAB.
Tali criteri sono principalmente quattro:
Ilfluido aspirato ha evidenze citologiche di
Manifesto cancro o marcata cellularità nel sedimento.
Cisti che non si svuota completamente dopo aspirazione.
Cisti che precocemente si riforma dopo apparente adeguataaspirazione .
Ricorrenzadella cisti dopo almeno due aspirazioni con intervallo di tresettimane ..
A questi criteri poi si devono aggiungere i classici criteri clinici :
Nodulo con diametro > 3cm che recidiva dopo decompressione:
Nodulo che presenta fluido emorragico(?);
Storiadi pregressa irradiazione al collo :
Linfoadenopatia laterocervicale
Dunque con tali criteri ROSEN seleziona i suoi 60 pazienti e li invia alla terapia chirurgica dopo aver eseguito una terapia tireosoppressiva .
I risultati da lui ottenuti dopo esame istologico dei reperti operatori sono riportati in TAB IV .
Da questo risultato se ne deduce che malgrado tale indagine sia poco sensibile tuttavia è dotata di una specificità significativa e come tale può essere proposta quale esame di routine per selezionare pazienti da inviare al chirurgo dal momento che come vuole dimostrare il lavoro il tasso di incidenza di Ca in pazienti così selezionati è alquanto elevato (75%).
TERAPIA
Considerato lo scottante problema che rappresenta il nodulo tiroideo possiamo affermare che la sua terapia è orientata prevalentemente verso la chirurgia e ciò vale soprattutto per il nodulo freddo che ha una maggiore probabilità di degenerare in cancro (7-3% dei casi) . Oggi la terapia radiometabolica con I 131 è riservata a quei casi di recidive metastatiche di cancro dopo tiroidectomia totale.
La terapia medica invece è indicata nelle fasi iniziali dell’adenoma tossico ( Stadio pretossico) quando cioè tale patologia ben risponde al trattamento conservativo . Il repertorio tecnico a disposizione del chirurgo è alquanto vasto . La scelta tecnica deve essere sempre guidata dalle esigenze del caso ed in ciò il chirurgo
deve esprimere tutta la sua abilità ed esperienza di clinico .
Nota di Tecnica Chirurgica:
si accede alla ghiandola con una incisione a collaretto di Kocher , si sezionano o si divaricano i muscoli pretiroidei , se legano i peduncoli vascolari della tiroide sezionandoli tra legature e si prepara il nervo ricorrente [ Laringeo inferiore ] infine si procede con la esecuzione dell’ontervento programmato.
Gli interventi che possono essere eseguiti sono:
Enucleazione– enucleoresezione
(patologia cistica)
Lobectomiasubtotale
( come sopra SOSEN ZANNINI)
Tiroidectomiasubtotale
(gozzo multinodulare)
Tiroidectomiatotale
( Neoplasie)
Lobectomiatotale
Tiroidectomiaallargata
( neoplasie stadi avanzati)
GOZZO MULTINODULARE
(Terapia medica tireosoppressiva con L-T4)
CHIRURGIA ( Tiroidectomia subtotale)
INDICAZIONI
- altorischio di cancro ( associazione ad irradiazioni, età , altacellularità linfonodi , ecc.)
- disturbiestetici
- fenomenicompressivi
- estensionetoracica e retrosternale
- mancatarisposta a terapia medica.
CONTROINDICAZIONI
- condizionigenerali scadute
- etàavanzata
- assenza di fenomeni compressivi
ADENOMA TOSSICO
PRETOSSICO= vigile attesa terapiamedica
TOSSICO terapia chirurgica
Terapia Medica
Bromotirosina– perclorato di N
Liquidodi LUGOL
Tionamidi( propiltiouracile, metimazolo , carbimazolo)
B-bloccanti( assistenza cardiovascolare in caso di tireotossicosi )
Terapia chirurgica
Lobectomiatotale extracapsulare ( CALIFANO)
sub- totale
chirurgiaconservativa
INDICAZIONI
- mancatarisposta di terapia medica
- sospettadegenerazione maligna
- Adenomapretossico con alterati parametri tireometabolici.
CONTROINDICAZIONI
- Età avanzata
- Disturbi cardiovascolari
- Condizion igenerali debilitanti
La chirurgia del nodulo caldo può presentare solo due complicanze :
Unipotiroidismo da mancata ripresa funzionale del parenchimaghiandolare circostante la lesione. Ciò avviene soprattuttoquando l’adenoma tossico è datato da lungo tempo per cui si èavuta una prolungata inibizione del parenchima sano: dunque tale situazione non scaturisce da errore tecnico del chirurgo.
Questi dunque deve essere premunito contro tale
evenienza la quale richiede nel post operatorio l’esecuzione di una terapia sostitutiva con L-T4 . A tale scopo prima di intervenire bisogna eseguire un esame scintigrafico con test di stimolazione al TSH ( Test all’Ambinon) al fine di saggiare la risposta del parenchima residuo quando ritorna sotto il controllo dell’asse ipotalamo –ipofisario.
Unacrisi tireotossica nelle 24 h successive all’interventoconseguenza della manipolazione
chirurgicadell’adenoma tossico che comporta la immissione in circolo diormoni tiroidei.
Anche contro tale situazione il chirurgo deve essere premunito assicurando una assistenza cardiocircolatoria dal momento che tale apparato è quello che maggiormente risente di tale situazione
( uso di B- bloccanti)
NODULO CISTICO
Terapia medica = tireosoppressione con L-T4
Agoaspirazione CHIRURGIA
Chirurgia
Enucleoresezione
Lobectomiasubtotale
Lobectomiatotale ( ROSEN)
INDICAZIONIvedi sopra criteri FNAB (ROSEN)
NODULO NEOPLASTICO
Una trattazione più approfondita merita tale sezione dell’elaborato; bisogna infatti considerare che esistono ancora molte controversie sulla terapia o meglio sulla tecnica chirurgica da eseguire in caso di Ca tiroideo. Precisiamo subito che qui la terapia chirurgica e di obbligo, ad essa può essere associata nel post – operatorio una chemioterapia od una teraèia radiometabolica quando è stat eseguita una tiroidectomia totale.
Qui le principali tecniche adottate sono:
Tiroidectomiaallargata
“ “ totale
“ “ subtotale
LOBECTOMIAtotale+istmectomia (emitiroidectomia
DEACONSON)
Il tipo istologico e lo stadio della neoplasia influenzano molto la scelta tecnica da parte del chirurgo . Certamente se ci si trova dinanzi ad un Ca anaplastico in stadio avanzato , quando ormai la chirurgia sarà impossibilitata ad ottenere risultati curativi con l’intervento, si può ricorrere alla tiroidectomia allargata con l’asportazione della intera tiroide, delle strutture muscolari, vascolari e linfatiche del collo , invase dal processo neoplastico. Generalmente negli altri casi si ricorre ad una tiroidectomia totaleo subtotale ; in quest’ultimo caso si lasciano 4-5 gr di tessuto tiroideo per non intercorrere in una delle complicanze di questo tipo di chirurgia quale è l’ipotiroidismo postoperatorio. .
Molto si dibatte anche sul tipo di approccio chirurgico da adottare in caso di Ca differenziato della tiroide quali sono quelli follicolare e quelli papillari. Tale problema è maggiore quando con la anamnesi si rileva una
loro associazione con una pregressa esposizione ad irradiazione del collo e\o capo.
Su tale argomento vale la pena riportare i risultati di un suggestivo studio di DEACONSON; egli ha osservato con un programma di screening durato 12 aa . ben 2118 pazienti con storia di precedente esposizione di irradiazione del collo.
L’autore ha notato che il Ca tiroideo intercorre in circa il 50% di tali pazienti , infatti quando viene eseguita una tiroidectomia totale all’esame istopatologico è frequente riscontrare multipli microfocolai di Ca follicolare o papillare.
Dunque questi tipi istologici di cancro rappresentano un altro problema che si pone al chirurgo e cioè quello della multicentricità della lesione che spesso può essere rivelata solo all’esame istopatologico (Ca occulti).
L’autore giustamente si è chiesto se in tali pazienti è giusto eseguire interventi radicali quali una tiroidectomia totale o sub-totale gravate da un maggiore rischio di complicanze come la ipocalcemia da ipoparatiroidismo secondario )2-4%) e le lesioni ricorrenziali (1-2%) oppure possono ottenersi risultati sovrapposti eseguendo una chirurgia meno demolitiva quale una lobectomia + istmectomia (emitiroidectomia) , una lobectomia totale oppure meno.
Per stabilire ciò egli ha selezionato 59 pazienti che per tale ragione avevano subito una chirurgia radicale (tiroidectomia totale o subtotale) e 78 pazienti che avevano subito una lobectomia od ancora meno. Ebbene seguendo tali pazienti per un arco di tempo di 12 aa. Egli riporta solo 3 casi di recidiva del Ca tiroideo
tutti i casi si erano avuti in pazienti che avevano subito interventi radicali (due tiroidectomie subtotale ed una totale ).
Da quanto rilevato DEACONSON afferma che non vi sono significative differenze di risultati tra pazienti che hanno subito resezioni limitate e quelli che hanno subito resezioni estese per ca tiroideo multicentrico associato ad irradiazione del collo. In tale contesto può essere inserito anche il problema relativo al ruolo che deve svolgere la linfoadenectomia in caso di Ca tiroideo differenziato. Molte controversie sono nate a tale proposito tra i fautori di una linfoadenectomia di PRINCIPIO estesa a tutti i linfonodi latero-cervicali del collo a scopo profilattico ed i fautori di una linfoadenectomia di NECESSITA’ rivolta solo verso quei linfonodi che si sono dimostrati essere reale sede di
metastasi (LEONE).
Quest’ultima direttiva è certamente quella che più si confà con le recenti acquisizioni della chirurgia oncologica , infatti è da considerare utopistica la possibilità di raggiungere con la linfoadenectomia di principio un risultato di radicalità per Ca del collo vista la eterogeneità delle strutture linfatiche di tale distretto che spesso non sono neanche accessibili chirurgicamente .
Anzi recentemente si è notato addirittura un risultato prognostico sfavorevole in caso di estese linfoadenectomie di principio evidentemente in relazione alle gravi menomazioni che comporta un simile intervento col quale si viene ad annullare uno dei principali sistemi biologici di difesa antineoplastica quale è quello della risposta immunitaria locoregionale che rappresenta,
entro certi limiti , una barriera filtro alla diffusione metastatica.
Per concludere tale trattazione possiamo solo fare un cenno riguardo le complicanze che intercorrono nel corso di interventi su noduli tiroidei e la modalità con cui si esegue il follow-up nel paziente operato per Ca tiroideo.
Per le complicanze ricordiamo che queste incidono con maggiore frequenza quando più estesa è la resezione , per cui intercorrono soprattutto in pazienti trattati per problemi oncologici.
Esse sono un eventuale ipoparatiroidismo (2-4%) subclinico o manifesto con tetania da ipocalcemia conseguenza della asportazione delle ghiandole paratroidee ; le paralisi ricorrenziali (1-2%) con disfonia da lesione dei nervi laringei inferiori mentre
non significativa è la mortalità che intercorre in tale tipo di chirurgia (0.3%) ; tuttavia recenti casistiche mettono in evidenza un certo aumento della incidenza di tali complicanze (PICCINI) .
infine per quanto concerne il follow-up post-operatorio dei pazienti oncologici , eso può essere riportato a quanto riassunto in TAB V ( DI GESU’) .
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Dedicato a Mio Nonno Commendatore e Cavaliere del Lavoro Alessandro Finelli
Vittorioso Reduce di Caporetto e Trento 1915
il Quale ebbe il Tempo per essermi Maestro di Vita e di Arte Militare
Colui che Sapeva insegnare anche ad un Bambino di 7 anni
Le Regole dell'Onore e della Umanità
[Ai bambini non si insegnano solo le Fiabe di Fedro ma anche che in Guerra ed Amore esistono rigide Regole:
Tra Uomini e Leoni non esistono Patti-------
Alessandro Finelli Senior Ragioniere ed Avvocato- Cervinara 1889- Napoli 1976]
Napoli 27 Marzo 1989
F.To Dr. Alessandro Finelli MD
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