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DE QUERVAIN'S DISEASE OF THE HAND…


 


 

MICROSURGEON


 

FOR


 

MICROSURGERY


 


 

ORTOPEDIA


 


 

http://www.orthop.washington.edu/


 


 

GENERALITA'


La ortopedia si interessa delle lesioni e patologie di tutti gli organi di movimento ; arti superiori ,arti inferiori e colonna vertebrale.

Tale disciplina erroneamente si considera essere distaccata dalla Chirurgia Generale di cui rappresenta parte essenziale ed integrante tanto è che ancora oggi i migliori ortopedici provengono da un Training specialistico di chirurgia generale orientato verso la Chirurgia di urgenza [ assoluta ] o di emergenza [ urgenza differita] .

Comunque soltanto nel 1908 alcune suole chirurgiche soprattutto del settentrione italiano , hanno ritenuto di distaccare tale disciplina dalla disciplina madre Chirurgia Generale però considerando sempre la materia di pertinenza prettamente chirurgica .

Negli anni 70 alcune scuole di ortopedia hanno poi ritenuto per talune selezionate patologie avvicinarsi alla Medicina interna per scopi prevalentemente scientifici di ricerca e didattici , tuttavia anche per le patologie ortopediche di competenza internistica , ancora oggi sono deludenti i risultati in termini clinici e scientifici lasciando così comprendere ed intendere che tale disciplina rimane unicamente di competenza chirurgica.

La ortopedia studia anche , e cura , le deformità che consistono in alterazioni morfologiche o funzionali degli organi di movimento ; esse possono essere congenite [ si manifestano fin dalla nascita ed in genere sono geneticamente determinate ]  od acquisite [ ed in genere sono post traumatiche e gravemente invalidanti in quanto si manifestano dopo Lesioni Personali che subentrano su soggetto sano e lavoratore nel corso della vita] .

Fino a pochi decenni fa un lampante e fulminante esempio di patologie acquisite erano quelle conseguenti alla poliomielite mentre oggi epidemicamente prevalgono le deformità conseguenti ai traumi da agenti Fisici  e soprattutto da incidenti stradali.

Riveste ruolo molto importante la conoscenza della nomenclatura usata in questa specialità ; il paziente qui viene considerata una persona che per cause acute o croniche [ esposizione a fattori di rischio come agenti fisici traumatici vibratori agenti sulle articolazioni ]  diventa inefficiente e dunque di grave costo per la società e collettività.

La degenza di tali pazienti come la loro riabilitazioni è obbligatorio che avvenga in stanze ed ambienti molto larghi e spaziosi proprio per favorire una rapida ed efficace riabilitazione di tali pazienti ; anche le camere operatorie per la pratica chirurgica di tale specialità devono essere più grandi di quelle della Chirurgia Generale Tradizionale e devono possedere apparecchiature per confezionare contenitori [ Tutor di contenimento ] od apparecchi gessati  necessari per immobilizzare l’arto dopo il trattamento cruento o conservativo delle lesioni.

Tale procedura terapeutica è spesso necessaria nella gran parte degli interventi ortopedici ; inoltre è importante per tale Operatore sanitario avere a disposizione una sala radiografica dotata di amplificatore di brillanza [ scopia ] che ci permette di seguire in vivo gli spostamenti e gli andamenti patologici delle ossa che non sono radiotrasparenti a differenza di tali aree di spostamento e rarefazione ossea che appaiono radiotrasparenti.

Risulta importante per tali operatori sanitari possedere un adeguato reparto dove devono essere presenti aree dove possibile eseguire una precoce riabilitazione del paziente ; la fisiokinesiterapia infatti ha una grande importanza per la guarigione non clinica ma anatomopatologica delle malattie ortopediche .

Infine c’è bisogno come in odontoiatria di una officina ortopedica dove un personale qualificato parasanitario o biosanitario specializzato [bioingegnere meccanico ] curano i pazienti con la fabbricazione , oggi non più artigianale ma bioindustriale, di apparecchi che esternamente servono a sopperire alla menomazione che la malattia ha causato rendendo il paziente quanto più autosufficiente possibile per reintegrarlo nella società lavorativa e collettività –

È questa infatti prima della Neurochirurgia la specialità  più biomeccanica che esiste nel corso di Laurea in Medicina e Chirurgia , inoltre oggi tale branca della medicina lascia molto spazio a questo insolito aspetto della Medicina [Biomeccanica] che prevede un approccio pluridisciplinare alle problematiche e dunque la cooperazione clinica e scientifica di ingegneri biomeccanici , clinici ortopedici ed ingegneri informatici [ Vedi progetto Maia applicativo c\o Università Svizzere etc… ] .


 

La ortopedia comprende tre grandi capitoli :

  1. Deformità congenite
  2. Lesioni traumatiche ostetriche
  3. Patologie acquisite


 

La distinzione tra deformità congenite e lesioni ostetriche è tipicamente anglosassone e risale a alla Medicina di Enrico VIII del Regno Unito che approfonditamente indagò da esperto sanitario sulle numerose morti dei nascituri maschi della sua progenie sia da parte della sua prima consorte [ Caterina di Aragona ] che della sua seconda consorte [ Anna Bolena poi incolpata e decapitata per attentato al Regno con i suoi rapporti incestuosi fraterni causa delle nascite deformi….].

Comunque in ordine a tale distinzione anglosassone le deformità congenite vanno distinte da quelle conseguenti al travaglio del parto [ presentazione di spalla o podice ] la quali vanno considerate iatrogene e come tali ostetriche .

Gli anglosassoni poi distinguono anche la lussazione congenita dell’anca in focomelica od embrionale [ geneticamente determinata da micro aberrazioni delezioni cromosomiche del cromosoma 5 – braccio lungo ] da quella fetale od ostetrica [ parto distocico con presentazione di podice etc.. ] .

Le deformità congenite come le sindattilie , il piede torto e la lussazione dell’anca possono essere curate purchè si interviene precocemente  , in tali casi è sempre consigliabile ricorrere alla terapia genica della affezione con la fecondazione assistita in vitro e le tecniche di clonazione in tali casi non sempre necessarie  [ ingegneria genetica non necessaria nelle aberrazioni cromosomiche ma essenziale nella individuazione delle  mutazioni geniche puntiformi ] .

Altro esempio di lesione congenita è la dismetria degli arti [ sindrome dell’arto corto ] da microaberrazione cromosomica  del cromosoma 5 spesso associata alla sindrome francese del Cry du chat [ sindrome del miagolio del gatto da malformazione associata delle corde vocali ] .

Possiamo inoltre avere deformità statiche o posturali [ atteggiamenti posturali ] come quelle da piedi piatti , da dolori lombari , coxalgia , distorsioni con dolore alla caviglia etc.. ; tra i principali traumi da sport [ traumatologia sportiva ] ricordiamo le distorsioni , le lussazioni distorsioni e le temibili lesioni tendinee .

Sono di pertinenza ortopedica anche malattie del SN [ sistema nervoso centrale e\o periferico ] e dei muscoli come la poliomielite e le lesioni cerebro-vascolari .

Grande importanza clinica rivestono poi i tumori dell’apparato locomotore sia quelli benigni che quelli maligni ; infatti anche i primi possono essere causa di gravi e permanenti menomazioni mentre i secondi possono essere metastatici .

Posiamo poi avere borsiti ed artriti ossia processi flogistici in genere di pertinenza medica che interessano le borse o sinovie ed articolazioni in toto; anche le amputazioni come le osteoporosi e la osteomalacia [ rammollimento osseo ] possono richiedere l’intervento dell’ortopedico internista . immunologo clinico  e\o endocrinologo e genetista  .

Oggi in ortopedia si sono molto evolute le tecniche diagnostiche e terapeutiche ; l’etimologia della parola è da far risalire al greco ortos peidos [ fanciullo diritto ] e tale disciplina dunque trova le sue origini già nella Medicina della Antica Grecia epicurea in quanto tale termine lo si ritrova spesso citato nel Corpus Hippocraticum in riferimento agli intramontabili consigli impartiti da Epicuro sulla materia [ terapie epicuree di miorilassamento per la cura delle patologie ortopediche anche descritte nelle pratiche cliniche  c\o l’areopago negli atti degli apostoli : vedi processo a Paolo apostolo per epidemia da mancata cremazione di cadaveri di soggetti affetti da peste bubbonica] .

Scopo della ortopedia è il massimo ricupero funzionale dell’arto leso ; il chirurgo ortopedico dedica molto tempo nel fare diagnosi , terapia , ricerca ed esegue attività didattica permettendo cos’ il progresso di altre branche della medicina e di scienze matematiche affini [ bioingegneria meccanica  - informatica e telemedicina ] .

L’ortopedico in caso di malattie sistemiche si trova a collaborare con altri medici come in caso di diabete [ diabetologo] per la necrosi settica della testa del femore  o la necrosi asettica in caso di microvasculopatia diabetica.

L’esame clinico in ortopedia si avvale dell’esame obiettivo , radiografico e degli esami speciali ; l’esame clinico è sempre costituito da una corretta raccolta della anamnesi del paziente a cui fanno seguito ispezione , palpazione percussione , esame della mobilità articolare , della motilità e deambulazione .

L’esame radiografico si esegue nelle proiezioni ortogonali , oblique e speciali  ; l’asse degli arti può essere valgo [rivolto all’interno ] o varo [ rivolto e piegato all’esterno ] ; l’asse del piede può essere equino [ rivolto in basso e spesso fisiologico fino all’inizio del primo atto in epoca della deambulazione – 8-9 mesi di vita ] o Talo [ rivolto in alto ] .

Col ballottamento della rotula possiamo ricercare un eventuale idrarto o pioarto ; tra gli esami speciali ricordiamo la artrocentesi , la rachicentesi , la artrografia e la artroscopia la quale oggi da momento diagnostico generalmente diventa rapido ed efficace momento terapeutico soprattutto nella patologia traumatica sportiva che necessita di rapidi tempi di ricupero funzionale dell’atleta leso ed infortunato .

Altre indagini speciali oggi superate ed entrate in disuso per l’avvento delle moderne tecniche di diagnosi per imaging [TAC – RMN e Transilluminazione fotonica] sono la angiografia digitalizzata con elaboratore di immagini [ sottrazione di immagini ] utile ancora per la diagnosi di patologie neoplastiche maligne primitive delle ossa , la linfografia , la Termografia .

L’esame elettromiografico [ EMG ] e la elettrodiagnostica oggi anche sono andate in disuso come indagini diagnostiche ortopediche e sono di appannaggio soprattutto della neurochirurgia funzionale del SNP [ sindromi da incarceramento ] che difficilmente arrivano alla osservazione del chirurgo ortopedico .


 

TRAUMATOLOGIA    


 

 http://www.trauma.org/


 

GENERALITA'


 

Per distorsione intendiamo una temporanea disarticolazione posttraumatica che comporta lesioni (generalmente temporanee e di tipo infiammatorio) a carico dell’apparato capsulo legamentoso dell’articolazione interessata . La terapia consiste in una semplice immobilizzazione con fasciatura (morbida cambridge ad otto / elastica : tensoplast  ) onde evitare l’ostacolo ad una rapida riabilitazione funzionale ; quest’ultima da effettuare precocemente con l’ausilio di Fans ad azione antiedemigena . Raramente quando coesistono lesioni ossee di minima associate ( infrazioni periostee o subperiostee) si ricorre ad immobilizzazione in apparecchio gessato o con fasciatura rigida ( steccata) con terapia antinfiammatoria  ed antalgica antiedemigena con Fans per non oltre 15 giorni onde favorire una rapida riabilitazione funzionale.

Complicanze precoci delle distorsioni sono generalmente  calcificazioni articolari che rappresentano una atipica evoluzione  degli stravasi ematici .

Complicanze tardive  delle distorsioni sono rappresentate:

  1. Guarigione incompleta con calcificazioniperiarticolari
  2. Osteoporosi posttraumatica  ( osteodistrofiadi SUDEK) : osteoporosi da non uso secondaria a turbe neurovascolaririflesse  soprattutto nei pazienti che hanno subito unaimmobilizzazione superiore ai 21 giorni.

SUDEK : Si presenta con dolore persistente  all’articolazione  colpita con alterazioni trofiche distrettuali della cute ( tegumenti ) sovrastante l’articolazione colpita. Frequentemente consegue a distorsione della caviglia (articolazione tibio tarsica) con lesioni gravi dei legamenti ( sezioni , disinzerzioni dei legamenti collaterale interno o deltoideo – tibioastragalico o collaterale esterno peroneo astragalico con i suoi fasci anteriore , posteriore e peroneo calcaneare quest’ultimo  soprattutto spesso associato a lesioni del tendine di achille) che esita in lassità dei legamenti quale risultato della distorsione non trattata  o non correttamente trattata ( in tali casi gli autori consigliano di eseguire sempre un trattamento cruento chirurgico di revisione esplorativa  , plastica dei legamenti e tenorrafia eventualmente con accesso artroscopico).   In tali caso avremo la sindrome della caviglia instabile  con instabilità articolare cronica e lesione sinoviale (sinovite reattiva con alterazioni degenerative delle cartilagini articolari).


 

MICROCHIRURGIA E REIMPIANTI DEGLI ARTI


La Microchirurgia ortopedica opera in un vasto repertorio di organi e di strutture anatomiche che presentano dimensioni inferiori a 3 mm e che dunque richiedono l’ausilio di sistemi ottici di ingrandimento o l’uso del Microscopio Operatorio.

In ortopedia tale campo della chirurgia si occupa soprattutto dei vasi e dei nervi per cui ci troviamo spesso dinanzi a competenza specialistiche non di pertinenza prevalente ortopedica ma multidisciplinare dove viene spesso coinvolto dopo il distacco della ortopedia dalla chirurgia generale , il microchirurgo vascolare ed il microneurochirurgo funzionale del SNP per la esecuzione delle complesse neuroraffie .

Dunque soltanto un adeguato Training microchirurgico dell’operatore sanitario Medico Chirurgo specialista in ortopedia e traumatologia , in tale campo applicativo della ortopedia , consentirà soprattutto nelle urgenze assolute di risolvere problemi clinici chirurgici applicativi che altrimenti degenerano nelle mutilanti ed invalidanti amputazioni dei pazienti ortopedici soprattutto in età pediatrica e per eventi traumatici..

Come sistemi ottici di ingrandimento si possono usare da personale esperto stetomicroscopi binoculari che arrivano fino ad ingrandimenti di 5x ; essi devono essere utilizzati sia dall’operatore chirurgo che dal suo aiuto per raggiungere significativi livelli statistici di efficacia clinica terapeutica .

Comunque le branche della Microchirurgia applicativa clinica si distinguono in vascolare , nervosa , ricostruttiva e plastica ; la microchirurgia vascolare ancora oggi esclusivo appannaggio del Chirurgo generale e\o del Chirurgo Vascolare tecnicamente formati [ Aiuti corresponsabili idonei alla dirigenza apicale ] riveste la Principale e Primaria importanza per il reimpianto degli arti amputati , infatti bisogna subito far fronte alla ischemia incontro cui è andato l’arto amputato .

Una delle regioni anatomiche piò difficili da operare dopo la sua lesioni per ragioni di ordine vascolare e nervosa è certamente il tendine di un muscolo che rappresenta il vero momento tecnico applicativo di competenza ortopedica nel trattamento microchirurgico di una lesione traumatica .

Anche per interventi sui tendini infatti , si devono usare piccoli strumenti atraumatici e speciali sistemi di ingrandimento ottico [ occhiali binoculari ] che consentono ingrandimenti fino a 5-6 gradi [ 5x] laddove l’utilizzo del microscopio operatorio consente ingrandimenti fino a 20-40 x a discapito però di una ridotta distanza focale del campo operatorio [< 40 cm ] ed una riduzione del campo visivo operatorio [ < 120°] .

In passato tale microchirurgia era resa impossibile dalla mancanza di aghi atraumatici di piccole dimensioni ovvero piccoli fino al punto di poter suturare , senza lacerare i tessuti , vasi e nervi di diametro inferiore a 3 mm e fare in tale modo interventi di chirurgia plastica ricostruttiva e microchirurgia ricostruttiva soprattutto della mano .

Gli aghi utilizzati in microchirurgia devono essere necessariamente atraumatici in acciaio e di dimensioni molto piccole, si parla dunque in tale campo industriale sanitario applicativo di veri microaghi che per il loro scopo devono essere perfettamente costruiti e come tali dunque risultano molto costosi anche se lo scarto di prodotto può essere facilmente commercializzato in formato non sterile per il mercato della microchirurgia sperimentale animale su ratti e conigli a bassi costi così da consentire all’industriale di affrontare con tranquillità le spese necessarie per una produzione a rischio di successo [ necessari rigidi e costosi controlli del prodotto ]  , su larga scala .

Il reimpianto degli arti va effettuato nel rispetto di precisi ed inderogabili criteri ; bisogna sempre considerare e classificare secondo rigidi score system i vari tipi di amputazione ; ad esempio una amputazione da schiacciamento o da strappamento non può essere trattata con un reimpianto mentre efficaci trattamenti si possono ottenere solo sulle amputazioni da taglio dell’arto [ rotaie dei treni ad esempio o macchinari industriali ] .

Bisogna poi considerare lo stato di conservazione dell’arto amputato il quale se già necrotico sarà inutile reimpiantarlo ; la parte amputata va sempre accuratamente lavata e conservata in busta di plastica [ cellofan ] ; inoltre va trasportata in condizioni di igiene e conservata in ambiente raffreddato da ghiaccio [ ischemia ipotermica ] .

Bisogna poi valutare le condizioni di salute del paziente e la sua aspettanza ed aspettativa di vita soprattutto dopo il trauma , se cioè può affrontare un simile tipo di intervento cje può durare anche 6-8 ore e quale utilità ed efficacia clinica egli può godere a breve e lungo termine dopo il reimpiento dell’arto ; valutare sempre se una protesi dell’arto può garantire migliori risultati funzionali al paziente .

Si valuta dunque la età del soggetto infatti saranno migliori i risultati nei soggetti giovani dove un insuccesso terapeutico può essere sempre trattato con bassi rischi con una amputazione in second look invece molto rischiosa per il soggetto anziano over 60 aa e\o vecchio ottuagenario over 80 aa; lo stesso discorso vale per il sesso del paziente infatti le donne soffrono per la loro fragilità mentale su base ormonale maggiormente i danni di una menomazione .

Si devono dunque considerare le condizioni psichiche e sociali del paziente [ occupazione attuale e sua apettativa al guadagno ] ; comunque nelle avulsioni da strappo il reimpianto dell’arto risulta impossibile perché vengono strappati anche vasi e nervi i quali come tali non possono essere ricostruiti con efficacia clinica a breve e lungo termine .

Lo stesso discorso vale per i tendini che tendono alla precoce retrazione per cui si avrà discontinuità dei due monconi con raffie sotto tensioni che tendono alla ischemia con insuccesso terapeutico per cui tali reimpianti non possono essere effettuati e non devono essere effettuati dal diligente clinico ortopedico od esperto chirurgo generale .


 

Note di tecnica chirurgica . Tempi del Reimpianto :


 

Nelle fasi preoperatorie si valutano le condizioni generali del paziente e di conservazione della parte somatica sede della amputazione [ ricevente il reimpianto ] ; nella fase preoperatoria si regolarizzano i monconi eventualmente accorciando le ossa [ tempo non obbligatorio  ] e si comincia secondo taluni autori con una osteosintesi di stabilizzazione [ secondo altri autori maggiormente accreditati in letteratura scientifica recensita internazionale questo sarebbe l’ultimo tempo operatorio in cui si decicde anche sulla necessità di accorciare le ossa per impedire la tensione delle microanastomosi vascolari e le neuroraffie ] .

Si eseguono dunque in sequenza  prima le anastomosi o suture circolari vascolari , si ricostruiscono i muscoli ed i tendini profondi , si eseguono le neuroraffie [ ricostruzione dei nervi ] le tenorrafie [ suture dei tendini residui con fili non riassorbili e con suture incrociate ad otto ed U ] , dopo controllo della emostasi si eseguono le microanastomosi venose secondo taluni autori per valutare la efficienza vascolare della anastomosi arteriore ed infine si effettua la sutura a strati dei tegumenti .

Nel postoperatorio si devono sempre controllare le condizioni di circolo dell’arto reimpiantato eventualmente comparandole con quelle dell’arto controlaterale ; infatti si possono avere fenomeni transitori che conseguono a vasospasmi i quali a loro volta sono determinati da fenomeni fisici [ freddo ] e meccanici [ passaggio dell’ago con traumi dei microvasi  ] i quali vanno evitati al tavolo operatorio .

A tale uopo va ricordato che il buon microchirurgo vascolare esegue sempre una avventiziectomia [ la avventizia del vaso va diligentemente asportata  per evitare che trasportata nel vaso dai microaghi cagiona la cascata emocoagulativa con trombosi della micro anastomosi ] .

Le suture microvascolari vanno sempre effettuate a livello della tonaca intima e media dei vasi per evitare le stenosi cicatriziali del vaso  ; dunque si ricorre alla tecnica della triangolazione dei punti di sutura staccati secondo Acland quando il vaso ha diametro < a 3mm [ minimo 3 punti max 6] oppure alla tecnica di Carrel [ vasi di diametro > a 3mm < a 5 mm] in cui si effettua la sutura ponendo i punti staccati ai quattro punti cardinali [ min 4 punti max 8 punti ] .


 


 

Il vasospamo porta a drammatica trombosi delle microanastomosi per cui esso va evitato utilizzando un vasodilatatore intraoperatorio come la papaveriva ; la stenosi e la trombosi sono le principali complicanze e complicazioni di tale chirurgia . sopra sono stati esposti gli accorgimenti tecnici per ovviare a tali complicazioni che la microchirurgia incontra soprattutto nella delicata fase vascolare del reimpianto .

Oltre a suture termino - terminali possiamo averne anche di termino – laterali e latero - laterali ; preferibili sono le termino laterali che alla occorrenza possono essere convertite in termino  terminali o latero laterali [ in caso di stesosi e\o trombosi  precoci] .

Per tali ragioni ossia per evitare le complicanze,  i vasi prima di essere suturati con particolari e speciali pinze [Dumond D5a angolate a 45 ° ] vanno dilatati prima e poi suturati .

I reimpianti degli arti possono essere parziali o totali ; nei casi parziali il reimpinato risulta facilitato perché vi sono  zone con migliore tenuta che rendono più facile da eseguire il reimpianto degli arti con anastomosi e rafie le quali in tali casi non sono sotto tensione e dunque a rischio di complicanze [ stesosi , trombosi , emorragie e deiscenze ] .

Nelle amputazioni prossimali l’intervento è certamente più facile da eseguire e spesso non richiede il ricorso alla microchirurgia perché le strutture vascolari e nervose sono più poche e di maggiori dimensioni ; tuttavia in questi casi molto più complessa e complicata sarà la riabilitazione del paziente perché la innervazione delle parti distali dell’arto richiede molto più tempo [ circa 1-3 anni ] e con scarsi risultati funzionali rispetto alle moderne protesi figlie della ingegneria biomeccanica e del progetto Maia.

Il ripristino della continuità dei vasi linfatici è molto complesso , esso è difficile da effettuare tecnicamente in caso di reimpianto degli arti ; da ciò si capisce la importanza che rivestono i lembi cutanei dei monconi del reimpianto , essi vanno rispettati nel corso di interventi di reimpianto parziale dove i vasi linfatici permettono di ovviare ad uno degli inconvenienti maggiori dei reimpianti che consistono nei linfedemi da mancato drenaggio linfatico affidato spesso ai soli vasi neoformati nel sottocutaneo dell’arto reimpiantato .


 


 

TRAUMI DELLA SPALLA


 

Negli ultimi 15 anni la traumatologia ha subito una notevole evoluzione  e sviluppo quale logica conseguenza della evoluzione tecnologica dei paesi industrializzati ; pertanto si è assistito anche epidemiologicamente a dei progressi nella traumatologia da incidenti stradali che se pure aumentati di incidenza tuttavia la prevalenza dei traumi più gravi è andata riducendosi. Grande evoluzione ha subito anche la traumatologia sportiva nell’era moderna malgrado sia un capitolo della medicina questo già oggetto di studio approfondito delle vecchie civiltà ellenistiche a cui si devono intuizioni cliniche derivanti dai traumi sportivi  dei Giochi Olimpici  che ancora oggi fanno scuola.

A carico della spalla possiamo avere fratture ossee  o lussazioni della articolazione ( perdita permanente e totale dei rapporti di continuità tra i capi articolari); quando interessato l’arto superiore avremo danni clavicolari , scapolari ed omerali .

La clavicola è un osso di origine membranosa che tende a non callificare dopo frattura ; essa con la scapola e l’omero costituisce il cingolo scapolo-omerale  ed è collocata vicino a strutture nervose (plesso brachiale) e vascolari (vasi succlavi) molto importanti che possono essere lesi in caso di traumi diretti e\o indiretti della clavicola. I traumi indiretti possono aversi  quando l’azione cinetica della forza vulnerante agisce lontano dalla sede della frattura ; la clavicola spesso viene lesa  in corso di traumi sportivi come nel football americano. Il suo punto di minor resistenza  è all’unione del 1\3 medio con quello laterale o esterno . Qui spesso la clavicola si frattura e lede le strutture sottostanti in caso di trauma diretto. I traumi indiretti dell’arto superiore che di sovente cagionano frattura della clavicola sono quelli da caduta sulla testa dell’omero con cui si crea una leva di II tipo in cui la clavicola funge da fulcro ( nutcrackers ).

N.B.: Leva di I tipo : altalena con fulcro centrale e forza e resistenze laterali

Leva di II tipo : schiaccianoce con resistenza centrale , fulcro e forza laterali

Leva di III tipo : Mano del Chirurgo che opera forza centrale , resistenza tessutale all’ago e fulcro del gomito laterali

Sono fratture frequenti nei bambini in cui l’osso non è ancora ossificato per cui avremo fratture a legno verde mentre nell’adulto sono frequenti dislocazioni dei frammenti ossei.(Quello mediale tende a dislocarsi in alto ed ruotare anteriormente  per effetto della retrazione del muscolo sternocleidomastoideo mentre quello laterale a dislocarsi in basso e ruotare lateralmente per effetto della contrazione del gran pettorale e deltoide ).

Le lesioni della clavicola possono anche conseguire a distocie del parto (presentazioni di spalla) e cagionare lesioni del plesso brachiale con paralisi ostetriche ; le fratture indirette ostetriche  sono le più frequenti epidemiologicamente  e trattasi di fratture incomplete a legno verde  localizzate presso il locus minoris resistentiae .

Il paziente presenta un atteggiamento antalgico col capo chino per evitare la tensione dei frammenti  da parte dello sternocleidomastoideo ; con la palpazione  evochiamo dolore e crepitio da spostamento dei frammenti causato dai muscoli che si inseriscono su di esso (frattura con spostamento ad latus e ad periferiam)

TERAPIA:   Bisogna ricorrere ad una riduzione esterna incruenta se possibile ed immobilizzazione dell’osso (ovvero ad una osteosintesi cruenta con chiodi e placca) ; il trattamento incruento può essere eseguito con bendaggio ad otto ossia incrociato posteriormente  così da avvicnare posteriormente le scapole (bendaggio alla Petit).

Il bendaggio alla Desault  o Destan  sono varianti l’una dell’altra in cui si retropone l’arto (Desault inversa o Destan) ; quando i frammenti non si riducono ovvero non si allineano correttamente con tali bendaggi  si procede alla riduzione cruenta  a cielo aperto : chirurgicamente.

La osteosintesi può essere effettuata con viti, chiodi e placche  che spesso rimangono esposti cagionando distrofismi tegumentari , pertanto si preferisce utilizzare chiodi endomidollari e dunque eseguire una osteosintesi interna o endomidollare. In tale modo la clavicola presenterà un supporto interno di sostegno che le permette di conservare la sua posizione.

La immobilizzazione dura circa tre – quattro settimane ( 21-30 gg) dopodiché si esegue  una adatta fisiokinesiterapia

Altra lesione traumatica sportiva della spalla molto frequente  è la lussazione  acromiale ossia dell’estremo laterale della clavicola ; essa comporta la lacerazione  dei legamenti acromio-clavicolare [ conoide e trapezoide]. Il terzo esterno della clavicola  sale per cui avremo  una lussazione che spesso  richiede  una delussazione – osteosintesi chirurgica.

Le fratture della scapola  avvengono sia  a livello del corpo dell’osso che presso le apofisi articolari: acromion e cavità glenoidea  con cui l’osso si articola rispettivamente con la clavicola e l’omero . La articolazione scapolo omerale presso la cavità glenoidea è garantita dal cercine glenoideo ( labbro) e dal colletto della glenoide formato quest’ultimo da tessuto osseo spongioso e dove passa il NERVO CIRCONFLESSO  che innerva il muscolo DELTOIDE.

Tale nervo può essere leso in caso di  frattura del colletto della scapola e comporta la paralisi e  paresi del deltoide , lesione personale gravissima che rende inservibile l’arto superiore che non può più essere abdotto .

La glena della scapola  a seguito di traumi può subire un affossamento essendo una zona di minore resistenza ; meno importanti sono le fratture della spina della scapola  con la sua apofisi acromiale . Anche qui la terapia consiste in una riduzione cruenta od incruenta della frattura con immobilizzazione con o senza osteosintesi. Sintomi di tale frattura sono un dolore locale con contrattura antalgica muscolare e functio - lesa .

Le fratture dell’omero  sono quelle più frequenti a carico della spalla o meglio dell’arto superiore ; possono interessare il 1/3 superiore ( fratture della spalla ) , quello inferiore ( fratture del gomito) o la diafisi ( metafiso diafisarie ).

La parte prossimale può essere lesa da traumi diretti e\o indiretti ; trattasi di fratture semplici o complesse , mono oplurifocale , mono o pluriframmentarie . Frequentemente sono semplici e nette tuttavia le rime dei capi ossei fratturate  possono essere oblique o a becco di flauto ed allora tendono a complicarsi . Gli spostamenti dei capi fratturati che tendono a dare complicanze vasculo – nervose sono determinati dai muscoli che si inseriscono sull’osso ; la contrazione del deltoide porta ad abduzione ,oppure la contrazione del bicipite brachiale  e dei muscoli brachiali può comportare uno spostamento anteriore se la frattura è avvenuta sotto l'inserzione deltoidea (cresta deltoidea dell'omero) .Con tali fratture può essere coinvolto il nervo radiale ( fratture diafisarie e del 1\3 distale : epifisarie distali) che è a diretto contatto con l’osso ; qui il nervo può essere stirato o intrappolato ( incarcerato) nei frammenti per cui avremo una paralisi dei muscoli da esso innervato con inabilità funzionale della mano ( segno della mano cadente).

Anche qui bisogna ridurre quanto più anatomicamente possibile i frammenti in maniera lenta e graduale  , progressivamente con fissatori esterni che dall’esterno pilotano gli spostamenti dei capi ossei fratturati così da ottenere una corretta riduzione della frattura. Generalmente si ricorre ad una lunga e fastidiosa trazione transolecranica allettando il paziente e ponendo l’avambraccio flesso  sul braccio a 90 ^  immobilizzato con bendaggio su un telaio ; ma un più valido ed empirico modo per eseguira una corretta trazione e riduzione delle fratture omerali soprattutto se di spalla ossia del 1\3 prossimale consiste nella immobilizzazione del paziente con bendaggio di Velpeau – Dertot ponendo l’arto in una fasciatura a spallina così da favorire una trazione gravitazionale spesso associata anche ad un rilasciamento muscolare da posizione antalgica.

La diafisi omerale forma il callo in tempi lunghi per cui bisogna ricorrere  a lunghi periodi di immobilizzazione della articolazione a monte ed a valle della frattura per garantire una immobilità assoluta dei capi ossei fratturati.

Quando è interessato l’estremo superiore dell’omero la callificazione è più facile da aversi perché qui c’è tessuto spongioso e vascolarizzato ( fratture omerali di spalla a prognosi generalmente fausta senza esiti e postumi con restitutio ad integrum e con brevi periodi di convalescenza : immobilizzazione precoce necessaria per evitare periartrite scapolo omerale ).

Presso la articolazione scapolo omerale abbiamo cartilagine articolare che consente la continuità  dei capi articolari e lo svolgimento degli ampi movimenti garantiti dai muscoli della spalla  che rappresentano una vera e propria seconda articolazione della spalla : cuffia dei rotatori  = deltoide, sovraspinato, infraspinato , piccolo e grande rotondo .

Qui possiamo avere fratture parziali o totali che possono interessare la grande tuberosità  (trochite) o la piccola tuberosità (trocline)  oppure il collo anatomico dell’omero posto tra tuberosità ed epifisi prossimale . Anche queste possono essere fratture dirette od indirette  dette anche ingranate se complicate da ula lussazione della spalla . Lussazioni della testa dell’omero possono essere diagnosticate non con l’esame radiografico ma valutando lapresenza di dolore , la functio lesa  inoltre nella lussazione abbiamo affossamento del deltoide nella glena con sporgenza dell’acromion a spallina ( segno della spallina di divisa).

Nella fratture del colo dell’omero invece clinicamente osserviamo una lesione  a colpo d’ascia  , tale frattura si riduce e callifica facilmente unica complicanza precoce è la rigidità per la alterazione a carico della 2^ articolazione della spalla ossia dei muscoli della cuffia di rotatori facile da risolvere con semplice terapia antalgica antinfiammatoria. (piroxicam ciclodestrina:brexin– cicladol cpr 20 mg = 1 cpr pro die).

La più frequente lussazione di spalla è quella anterioreperché qui la capsula  presenta una area di minor resistenza a causa dei legamenti che qui si incrociano ( locus minoris resistentiae ) .Tale condizione predisponente la lussazione è accentuata e favorita da lesioni distrofiche dei muscoli della seconda articolazione della spalla ( cuffia dei rotatori) ma soprattutto da lesioni delle fibre anteriori del deltoide che adducono ed intraruotano la spalla movimenti opponenti alla lussazione anteriore ed il cui deficit esita nella sindrome della spalla instabile ( spalla dolente e predisposta alla lussazione , sublussazione anteriore) .

Possiamo poi avere la lussazione inferiore di spalla  (rara) quella posteriore e quella  a braccio eretto ; quella anteriore  , la più frequente , rispetto alla frattura del collo omerale si manifesta con l‘arto leggermente abdotto e non addotto .

Nella frattura la abduzione  sarà possibile solo passivamente ed in maniera non elastica ; dopo aver fatto diagnosi precocemente ( essendo lesione acuta) deve essere riportata e\o mantenuta nella normale posizione ( ridotta) per evitare la insorgenza di contrattura antalgica che poi richiederà il trattamento in anestesia ( bendaggio alla Velpeau) .

La riduzione della lussazione anteriore semplice  può essere eseguita  col metodo diretto od indiretto ; il metodo diretto di Pott consiste nel riprodurre la manovra di IPPOCRATE – Galeno (controtrazione dell’arto collocando il tallone nel cavo ascellare)  effettuando una controtrazione dell’arto lussato con l’ausilio di una benda passata sotto il cavo ascellare del paziente e mantenuta fissa da un ausiliare. Il metodo indiretto di kocher è utile se è insorta una rigidità antalgica ovvero se sono già passati circa 15-20 minuti dalla insorgenza della lussazione  ; la manovra si esegue facendo sedere il paziente e ponendo un fulcro nel cavo ascellare (generalmente l’avambraccio dell’operatore) così da creare una leva di I tipo , quindi si adduce e retropone l’arto ( la resistenza della leva è costituita dalla testa dell’omero del paziente mentre la forza viene esercitata sul gomito del paziente) , poi si ruota esternamente  l’avambraccio del paziente fino ad ottenere il suo allineamento col tronco , infine si eleva il braccio e lo si adduce intraruotandolo eliminando il fulcro dal cavo ascellare così da far  scivolare la sta dell’omero nella glena e chiudere la breccia che si è formata nella parte anteriore della capsula articolare . Quest’ultima breccia cicatrizza con immobilizzazione in bendaggio alla Desault per 21-30 gg ; se non si attende la cicatrizzazione  si avrà alterazione della articolazione  per cui la lussazione diventa cronica ed inveterata cioè avverrà sempre con i movimenti di extrarotazione ed abduzione dell’arto e bisogna ricorrere ad intervento chirurgico di capsuloplastica secondo Nicola Misasi  oggi eseguibile anche tramite accesso artroscopico. L’intervento consiste nella disinzerzione  del muscolo piccolo pettorale  che viene collocato sulla capsula lesa ; la variante della capsuloplastica  proposta da Nicola Misasi consiste  nel chiudere la breccia  della capsula articolare  col muscolo coracobrachiale disinserito ovvero col capo breve del bicipide.

  1. Bendaggiodi Petit :bendaggio ad otto ( più frequente)
  2. Bendaggioalla Desault : mantenere la clavicola  in posizione ridotta  adducendo l’artosul tronco
  3. Bendaggiodi VelpeauDertot :l’arto viene poggiato in una fasciatura a spallina (avambracciosospeso in benda a tracolla)
  4. Bendaggiodi Destan –Houdembrad: l’arto viene retroposto


 

FRATTURE


 

Lo scheletro del nostro organismo varia in funzione della età , nel bambino è ricco di cartilagine per cui resiste a traumi essendo più elastico .

In tali casi le fratture o meglio i distacchi ossei avvengono nelle zone di passaggio tra la parte cartilaginea ed ossea dell’osso stesso ; nella età prepubere le cartilagini di accrescimento osseo tende nelle donne a scomparire più precocemente [ 10-12 aa] che negli uomini [ 14-15 anni] anche se il fenmeno dipende dalla razza e gruppo etnico di appartenenza dei soggetti .

Nel maschio la cartilagine di accrescimento può persistere fino ai 21 anni di età [ Habitus marfanoide , gigantismo ipofisario etc..] anche se la crescita dell’individuo intesa come allungamento delle ossa lunga diventa ridottissima dopo i 15 anni di età .

Col passare degli anni la matrice proteica delle ossa perde la sua componente cellullare e l’osso perde la sua elasticità ; dunque diventa più dura ma paradossalmente più fragile e vulnerabile per cui frequenti diventano le fratture delle ossa da traumi fisici  o meccanici .

La resistenza delle ossa al trauma varia dunque nel corso della vita del soggetto ; le sollecitazioni meccaniche a cui può essere sottoposto l’osso sono la pressione , la trazione , la flessione , la rotazione, sollecitazioni miste o combinate [flesso rotazione , flessione e pressione , leva di I-II –III tipo  etc..] .

Dunque spesso le sollecitazioni meccaniche sulle ossa sono associate tra di loro come avviene negli incidenti stradali o domestici e negli infortuni sul lavoro ; le fratture comunque interessano soprattutto le ossa lunghe mentre quelle delle ossa piatte e corte guariscono rapidamente e senza comportare gravi deficit funzionali .

Di contro le fratture delle ossa lunghe portano ad alterazione della funzione dei muscoli che su di essi sono inseriti ; queste fratture comportano facilmente spostamento per fattori dinamici e per la contrattura riflessa antalgica dei muscoli del segmento corporeo interessato [ Dolore] .

Si parla dunque di una contrattura spontanea dei muscoli striati , tale situazione o condizione clinica porta al blocco funzionale delle ossa fratturate o frattura con sovrapposizione [ scomposizione ] dei frammenti ossei fratturati.


 

Gli spostamenti o scomposizioni che si possono avere nelle fratture delle ossa lunghe sono 4:

  1. Adlatus
  2. Adlongitudinem con sovrapposizione dei frammenti ossei
  3. Adaxim cioè ad angolo
  4. Adperiferiam  cioè con rotazione dei due segmenti ossei o frammentidi osso fratturato .


 

Nelle ossa lunghe poi possiamo distinguere fratture diafisarie e\o metafisarie ; comunque nelle fratture di tipo 1 e 3 è facile ristabilire la continuità ossea [ riduzione della frattura  in genere incruenta e senza trazione ] ; invece nei casi 2-4 il trattamento conservativo incruento risulta problematico , difficile e spesso pericoloso [ rischio non ammesso di complicanze anche letali : RR > 1] .

Spesso si hanno spostamenti associati tra di loro ma non si presentano quasi mai nella forma semplice , questi spostamenti e le angolazioni possono essere evidenziate clinicamente o radiograficamente e sono importanti ai fini della terapia ; infatti bisogna ridurre la frattura scomposta  cioè bisogna riportare i frammenti ossei in posizione tale da garantire una corretta guarigione della frattura .

Nelle fratture semplici la riduzione soprattutto se eseguita precocemente può essere manuale ed incruenta  purche essa sia esperita entro le 2-8 ore dal trauma cioè prima che subentra la contrattura muscolare antalgica ; dunque tale manovra sarà anche più facile da eseguire tecnicamente quando manca il dolore ovvero esso viene elimicnato con procedure di anestesia loco regionale tronculare .

Nelle ore successive bisogna necessariamente agire sul paziente in anestesia ; in questi casi in genere ci troviamo dinanzi a spostamenti intensi se il paziente non è stato adeguatamente immobilizzato soprattutto durante i suoi trasporti dopo il trauma . In tempi successivi si possono formare aderenze per la azione di stravasi ematici che richiedono interventi chirurgici impegnativi di sbrigliamento dei capi ossei fratturato per ottenere un loro giusto affrontamento , tra le complicanze legate ad una mancata od inadeguata immobilizazione dell’arto dell’osso fratturato abbiamo la lacerazione dei muscoli e delle altre strutture circostanti [ vasi e\o nervi ] .

L’arto viene messo in tensione o trazione dal coagulo che si forma presso la frattura per cui può essere necessario effettuare una incisione con sua evacuazione urgente e fasciotomia per evitare una sindrome da insufficienza multiorgano [ Bywaters o crush syndrome ] anche se tale manovra rende la frattura esposta e come tale complicata ed a rischio di infezione .

Tali ematomi poi vanno incontro a degenerazione fibrosa e calcificazione con formazione del callo osseo , pertanto tale ematoma  risulta importante ai fini della guarigione della frattura quando non risulta una complicanza che ne inficia il processo fisiologico evolutivo .

Quando l’intervento medico risulta tardivo bisogna per le aderenze che si sono formate agire chirurgicamente perché altrimenti avremo una mancata riduzione della frattura che evolve verso la pseudoartrosi in cui la continuità dell’osso sarà garantita da un tessuto non calcificato [ assenza di callo osseo ] ma molle cartilagineo che che non può sopperire al carico osseo [ frequente complicanza delle fratture non diagnosticate o mal curate delle ossa corte e brevi  della caviglia e del piede : Tarso – metatarsali  ….. complicate poi da coxartrosi osteodeformante….. .] .

Anche in questi casi bisogna intervenire chirurgicamente asportando tale struttura anomala [ pseudoartosi ] ; nei casi benevoli invece si forma il callo osseo racchiuso da una capsula fibrosa che ossifica ripristinando la continuità dell’osso.

Spesso il callo osseo ingloba e racchiude i frammenti della frattura per cui avremo un callo esuberante che si riduce di dimensioni cavitandosi portando col tempo [ circa 3-4 mesi ] al completo ripristino della frattura ossea.

In tale modo si riforma tessuto osseo [ rigenera tessuto osseo ] che può sopperire al carico corporeo con completa guarigione del paziente e restituzio ad integrum .

La frattura dunque è una soluzione di continuo di un osso dovuta a cause meccaniche [ traumi ] od ossee [ fratture patologiche ]; raramente possono essere causate da traumi non violenti o microtraumi continuati nel tempo [ fratture di durata o da malattia professionale ] .

Le fratture patologiche in genere sono spontanee , esse conseguono a traumi di modesta entità od a fisiologiche sollecitazioni meccaniche come quelle della deambulazione stessa , movimenti bruschi , contrazioni muscolari con eccessivo carico a livello di un segmento osseo etc.. .

La frattura patologica agisce su un segmento osseo già indebolito da processi patologici [ neoplasie primitive e\o metastatiche , flogosi ed atrofia ossea diffusa come nelle osteoporosi senili e da disvitaminosi , malnutrizione etc.. ] .

Le metastasi ossee epidemicamente sono molto frequenti in caso di molti tumori come il ca polmonare  e della  mammella . tiroide , prostata , rene  etc..

Tali fratture patologiche sono considerate segni clinici di tumori metastatici o primitivi ossei magari ancora sconosciuti anche se la loro sintomatologia dolorosa locale precoce induce ad indagini che consentono di individuare la origine primitiva o secondaria del processo cronico degenerativo in atto .

Le fratture possono conseguire a traumi diretti od indiretti , nel 2° caso abbiamo un meccanismo semplice [ trazione , pressione clivaggio etc.. ] o complesso [ flessione e\o torsione ] .

Queste fratture indirette sono quelle più complesse e frequenti , esse si manifestano in zone lontane da quelle dove il corpo ha subito un trauma .

Le fratture possono essere diafisarie [ presso il 3° superiore – medio e\o inferiore dell’arto leso ] prossimali e\o distali [multiple e frammentarie ] ; lo stesso discorso vale per le fratture metafisarie che possono essere prossimali o distali come le diafisarie e le epifisarie , le epifisarie possono essere poi articolari , endoarticolari , iuxarticolari ed extrarticolari .

Le fratture inoltre possono essere , soprattutto quelle diafisarie , primarie o secondarie ; quelle ad longitudinem possono comportare un accorciamento dell’arto [ accavallamento o penetrazione ] oppure un suo allungamento [ diastasi ] ; le fratture esposte [ complicate e complesse ] conseguono alla lacerazione dei tessuti soprattutto tegumentari con esposizione pericolosa dell’osso essendo la lesione potenzialmente infetta [ forma diretta ] ; la sciabolata [ Ferita da arma bianca ] ed il colpo da arma da fuoco [ F.A.F.] causano in genere una esposizione indiretta [ scuole anglosassoni ] delle osa fratturate perché sono prima lacerati i tessuti e poi viene rotto o meglio lesionato l’osso .

La frattura senza spostamento od ingranata si ha quando un trauma per compressione agisce su un osso spugnoso , qui i due capi della frattura si ingranano o meglio si incastrano tra di loro .

Le ossa brevi sono spesso interessate da traumi da schiacciamento [ fratture da schiacciamento a cuneo ] che possono lasciare integro il canale midollare ; se però ossa come le vertebre subiscono uno spostamento posteriore si può avere lesione midollare spinale del soggetto con paralisi .

In genere le fratture , ma soprattutto quelle da traumi stradali , sono sempre diverse e complesse , esse sono complicate da infezioni , interessamento dei tessuti molli [ tegumenti e muscoli ] e da ritardata guarigione come le fratture da traumi bellici .

In alcuni casi si può avere guarigione precoce quando effettuata ab –terapia profilattica ad alte dosi come avviene nelle fratture semplici non complicate ; la principale complicanza comunque è l’interessamento di più rime articolari  che possono essere evidenziate radiograficamente .

La osteosintesi è il sistema chirurgico di riduzione e sintesi momentanea dei frammenti ossei mercè l’usilio di mezzi meccanici [ Staffe , placche e viti ] ; scopi delle osteosintesi sono una riduzione anatomica e stabile della frattura ; una prevenzione dei danni da scorretta immobilizzazione con ripristino completo dell’arto leso .

Tale osteosintesi si realizza con viti metalliche , chiodi articolari , placche e staffe metalliche inerti che in second look andrebbero sempre rimosse [ 30 40 gg.] ; il trattamento cruento comporta maggiori problematiche in ordine alla immobilizzazione fino alla guarigione della frattura che andrebbe eseguito in tutor [ gambaletto etc.. ] od apparecchio gessato . Quest’ultimo risulta di problematica applicazione e gestione nelle fratture esposte e complicate che richiedono medicazioni tegumentarie e comunque la loro applicazione va sempre procrastinata di circa 24-72 ore anche nelle fratture semplici per ovviare con trattamento antiedemigeno [ antinfiammatorio: Nimesulide 100-200 mg pro die – Piroxicam 20 mg /die] alle complicanze legate al contenimento ed immobilizzazione in apparecchio gessato [ s. di Volkman etc..] .

N. B. : le viti per osteosintesi devono essere collocate sempre perpendicolarmente alla frattura e come le placche e le staffe sono costituite da materiale inerte metallico con cariche elettrostatiche negative esterne che evitano la formazione di granulomi da corpo estraneo per cui non inducono reazione immune cellulo mediata e\o umorale  di rigetto e per tale ragione sono materiali molto costosi anche se considerati beni essenziali per la sopravvivenza dei popoli [ ex art 8c.2 bxxv statuto di Roma art 9-14 II Prot. Convenzioni di Ginevra etc..]

Parte II

Se ad una frattura si associa un danno articolare ; le articolazioni garantiscono le connessioni mobili delle ossa e dunque il movimento ; abbiamo le sinartrosi che non sono mobili come le suture delle ossa piatte , le anfiartrosi hanno capsula articolare e  sinovia , però esse garantiscono movimenti limitati come quelli sacro – iliaci ; queste articolazioni interessano poco la ortopedia e la chirurgia infatti le loro patologia sono di competenza specialistica internista [Reumatologia – Immunologia clinica etc..  ] .

Invece diverso è il discorso per le diartrosi che sono articolazioni capaci di garantire ampi movimenti ossei ; una articolazione risulta una struttura anatomica molto complessa , essa è formata da superficie ossee che devono per tutta la vita scivolare tra loro senza logorarsi e ancora oggi possiamo affermare  che non esiste altra materia che gli dei potessero creare che abbia equivalenti caratteristiche morfofunzionali ; da qui la tendenza ad utilizzare negli ultimi anni materiali biologici [innesti eterologhi di cartilagini articolari prelevate da cadaveri etc..] e non metallici per il trattamento protesico delle articolazioni degenerate ed alterate per fenomeni patologici cronico degenerativi [ Artrosi ] .

La funzione delle articolazioni viene persa quando i due capi ossei perdono la loro regolare levigatura [ artrosi ] che comporta una degenerazione della articolazione .

Le superficie ossee si accostano tramite le epifisi che devono combaciare tra di loro  ; queste sono rivestite da cartilagine articolare , fibroelastina ed elementi cellulari perenni che non rigenerano se distrutti ma vengono sostituiti da tessuto fibroso .

Tale cartilagine articolare è lucida , levigata e di colore argento ; la levigatezza è importante per la sua corretta e fisiologica funzione ; in corso di traumi soprattutto cronici [ alterazione della deambulazione per retrazione cicatriziale post traumatica di muscoli come il tibiale anteriore ] tale cartilagine articolare può perdere la sua forma ed andare incontro a processo degenerativo artrosico [ articolazione del ginocchio e\o coxofemorale etc.. ]  .

Tra i due capi articolari abbiamo una capsula fibroelastica [ capsula articolare] con legamenti che impediscono particolari movimenti  i quali potrebbero essere dannosi per la articolazione e variano in funzione della articolazione considerata .

Quanto minori sono i legamenti e le capsule articolari , tanto più mobili saranno le articolazioni ; inoltre la capsula o membrana sinoviale è importante per la lubrificazione con liquido sinoviale della articolazione .

Tale membrana sinoviale dunque produce grazie alle sue cellule mesenchimali [ esternamente ad essa abbiamo una capsula fibrosa ] che sono ipervascolarizzate , liquido sinoviale che sotto la influenza o meglio la azione meccanica dei movimenti viene liberato nella articolazione la quale in tale modo viene lubrificata e mantenuta trofica nelle sue componenti cartilaginee .

Quando la articolazione rimane a lungo ferma tale fenomeno non si verifica per cui avremo sofferenza della cartilagine articolare che non essendo vascolarizzata trae nutrimento e dunque trofismo da tale liquido sinoviale [ classico è il motto del fisiatra o fisiokinesiterapeuta riabilitativi : “Chi si ferma è perduto”  alludendo ad una rapida ed efficace riabilitazione motoria del paziente ortopedico per ottenere risultarti efficaci clinicamente e duraturi nel tempo ossia a breve e lungo termine  ] .

Tutto ciò spiega perché dopo immobilizzazioni post traumatiche si hanno rigidità articolari da retrazione della capsula e membrana articolare e dei legamenti che servono la articolazione rimasta immobilizzata ; inoltre in tali casi per la mancata secrezione di liquido sinoviale la cartilagine articolare si secca ovvero si disidrata e si altera nel suo trofismo e può degenerare sgretolandosi ; tale fenomeno è visibile ed apprezzabile clinicamente già dopo 15 gioni di immobilizzazione articolare .

Quando lo sgretolamento della cartilagine articolare porta ad esposizione dell’osso avremo precoci fenomeni artrosici a cui ci potremo oggi opporre soltanto con l’innesto artroscopico [ tecnica mininvasiva ] di cartilagine umana prelevata da giovani cadaveri  altrimenti quest’ultimo fenomeno diventa IRREVERSIBILE  .

Danni articolari sono la contusione , la distorsione , la sublussazione , la lusazione e le fratture con lussazione [ fratture complicate ] , la prima consegue a traumi da urto che causano solo lievi danni vascolari a carico della sinovia con frequente versamento ematico [ emartro ] molto più frequenti in caso di diatesi emocoagulativa del paziente o nei pazienti anziani in trattamento anticoagulante etc…. ; la contusionepuò cagionare anche aumento di secrezione del liquido sinoviale che deve essere aspirato [ idrartro ] per ottenere una guarigione completa della lesione [ da 3gg a 7 gg di prognosi ] .

Una distorsione[ alterazione temporanea della continuità articolare con danno articolare] comporta un danno della sinoviale e della capsula e\o dei legamenti ; in tale caso avremo dolore , emartro con movimenti articolari anomali [lesioni dei legamenti ] per cui in questi casi la terapia sarà il riposo funzionale con immobilizzazione dell’arto leso nella sua articolazione e nei casi più gravi la riparazione chirurgica delle lesioni [ legamenti ] .

Per consentire il massimo movimento in articolazioni con testa e cavità articolari esistono particolari strutture anatomiche come i menischi [ ginocchio ] ed i labbri glenoidei [ articolazioni coxo -femorale e scapolo – omerale ] che possono anche non andare incontro a lesioni nelle distorsioni .

Nelle Lussazioniil danno comporta la perdita dei rapporti anatomici  parziale [ sublussazione ] o totale tra i capi articolari per cui possiamo avere una lacerazione dei tessuti ; se il fenomeno è parziale parliamo di sublussazione.

Il danno sarà ancor più grave se alla lussazione si associa una FRATTURA OSSEA che deve essere riparata in tempi molto brevi ovvero precocemente .

Tali danni possono essere riparati in modo cruento od incruento ma sempre con l’ausilio dei normali fenomeni riparativi di natura biologica [ dono della mano degli DEI : Epicuro ]  ; la struttura articolare infatti in genere si differenzia dall’osso perché non rigenera ma guarisce formano cicatrici che essendo poco elastiche compromettono la funzione articolare [ cicatrici fibrose ] .

La patologia del tessuto osseo è molto variabile ; la guarigione completa con rigenerazione e restitutio ad integrum qui può avvenire in archi di tempo molto più brevi nel bambino rispetto all’adulto .

Tali tempi di guarigione possono essere influenzati da numerosi fattori o variabili statistiche esterne all’organismo o concernenti patologie sistemiche del paziente come il diabete , la aterosclerosi , condizioni dismetaboliche etc.. .

Diversamente tra i fattori esterni [ variabili casuali dipendenti dal caso e dunque continue ] ricordiamo il tipo di frattura dipendente dal trauma casuale  e la sede della frattura .

Per la buona guarigione di lesioni ossee ed articolari c’è bisogno di una corretta immobilizzazione dell’arto per evitare fenomeni lacerativi che portano a complicanze con ritardo della guarigione oltre che a guarigione alterata .

Le fratture diafisarie possono aversi anche con integrità del periostio che ha elevate capacità osteogenetiche ; qui si può formare un ematoma di cui si riassorbe la componente liquida [ si rapprende o disidrata] e permangono cellule totipotenti che possono trasformare l’ematoma in una struttura fibrosa che permette la continuità dei capi ossei .

In un secondo momento tale struttura viene vascolarizzata da canalicoli vascolari cosicché si viene a formare un tessuto osteoide che successivamente ossificherà formando lamelle ossee..

In queste prime fasi il callo osseo è protrudente mentre in un secondo momento esso tenderà alla cavitazione per cui avremo il ripristino della normale struttura dell’osso  ; se il tessuto osseo neoformato non ossifica avremo la formazione di una pseudoartrosi con gravi alterazioni funzionali [artrosi delle articolazioni prossimali ascapolo – omerale , coxofemorale etc..] ; dopo la lesione presso la frattura , nell’ematoma , ritroviamo numerosi detriti ossei , il tessuto osseo che poi si formerà presenterà strutture fibrose collagene parallele all’asse dell’osso .

Il callo osseo periostale rispetto a quello endostiale o diretto si forma con una certa rapidità avendo il periostio elevate capacità osteogenetiche ; da ciò si capisce perché fratture diafisarie che risparmiano il periostio hanno evoluzione clinica più rapida e benevole [ prognosi fausta a 21-30 gg ] .

Il processo di consolidazione varia da soggetto a soggetto in funzione della età , dello stato di nutrizione e di salute etc… ; tale fenomeno risulta clinicamente importante percè da esso dipende la ripresa funzionale dell’arto leso ; per un ritardo del consolidamento osseo possiamo avere un ritardo ed una alterazione dello sviluppo  del callo periostale con evoluzione verso una pseudoartrosi che in genere è molto grave [ lesione personale grave = permanente o guaribile con prognosi > 40 gg ] per quasi tutte le ossa che in tale situazione clinica non possono più adempiere alla loro funzione locomotoria .

Tale pseudoartrosi aumenta e si aggrava nelle ossa  dove c’è poca vascolarizzazione che non permette una corretta ossificazione del callo periostale [ malleoli tibilai e\o peronieri dell’articolazione della caviglia etc.. ] ; dove l’osso e ipervascolarizzato [ diafisi ] è quasi impossibile la pseudoartrosi cioè la mancata evoluzione del callo periostale .

La pseudoartrosi si apprezza precocemente radiograficamente ; le radiazioni ionizzanti però ledono le cellule giovani in neoformazione per cui possono esse stesse causare una pseudoartrosi postattinica.

Da ciò si capisce che devono essere effettuate poche radiografie su precisa indicazione clinica [ S.L.O. = sospetta lesione ossea di articolazione tibio tarsica etc.. ] e non nello stadio avanzato di patologia pseudoartrosica e col solo fine di verificare se si è formato il callo osseo .

La diagnosi di pseudoartrosi va fatta solo negli stadi avanzati di malattia [ 6-12 mesi ] quando cioè le radiazioni ionizzanti  non provocano danni e prima che la patologia possa arrecare danni irreversibili alle articolazioni prossimali [coxartrosi osteodeformanti ] per alterazioni ergonomiche sull’arto leso .

In tali casi osserviamo alla RX una mancata o ritardata ossificazione del callo che richiede il prolungamento della applicazione o nuova precoce applicazione di gessatura con apparecchi che si oppongono al carico per porre a riposo l’osso danneggiato dal trauma ; se la pseudoartrosi dovesse persistere anche a tale prolungata gessazione bisogna intervenire chirurgicamente anche se i risultati sono quasi sempre deludenti ed esitanti in invalidanti accorciamenti dell’arto leso .

Non solo traumi e patologie vascolari causano pseudoartrosi ma questa può conseguire anche ad interposizione di altri tessuti tra i capi ossei come legamenti e fasci muscolari .

N. B. : La pseudoartrosi serrata consiste in una alterazione dello sviluppo del callo periostale in uno stadio più avanzato del processo di guarigione delle ossa fratturate .


 

Parte III


 

Ricapitolando si distinguono in fratture a legno verde (intraperiostee) caratteristiche delle ossadei bambini in fase di accrescimento inoltre possono essere :

  1. complete con rime trasversali , oblique , spiroidali , e\o frammentarie ;
  2. parziali( incomplete)
  3. complicate conspostamenti :

Gli spostamenti nelle fratture complicate possono essere di quattro tipi:

  1. adlatus  [ trasversale secondo il piano di spessore dell’osso ]
  2. adaxim   [ angolari ]
  3. adperiferiam [ per rotazione  secondaria circonferenziale lungo ilpiano di spessore dell’osso ]
  4. adlongitudinem [ con accavallamento ed eccessiva diastasi dei monconiossei ]

Le fratture del 1\3 medio dell’omero possono comportare lesioni del nervo radiale col segno della mano cadente (stiramento del nervo radiale) ; il trattamento delle fratture può eseguirsi con tecnica conservativa ( apparecchi gessati , corsetti etc…) o con tecnica non conservativa ma cruenta tramite fissatori esterni (Lizharov, distrattori di Harringhton ); soprattutto se la frattura complicata si presenta anche esposta ossia con uno od entrambi i monconi ossei esposti alla contaminazione esterna per lesioni di continuo dei tegumenti da trauma diretto ovvero indiretto si procede con tecnica cruenta.

Nel caso di trattamento cruento o chirurgico delle fratture si ricorre alla osteosintesi con chiodi endomidollari ,  viti, placche , fili di Kirshner etc…dopo riduzione della frattura soprattutto se trattasi di frattura di arti.

In ortopedia la diagnosi radiografica generalmente si esegue sfruttando le due proiezioni  : anteroposteriori  e laterolaterale .

Nelle fratture dela testa  o del collo chirurgico del femore si può ricorrere alla riduzione e fissazione con chiodi endomidollari ovvero nei casi complicati alla artroprotesi dell’articolazione coxofemorale .


 

COMPLICANZE :  delle fratture si distinguono in :

  1. locali
  2. generalio sistemiche

Le complicanze generali precoci sono :

L’embolia adiposa generalmente ha esordio improvviso entro le 12-72 ore dal trauma e si manifesta con dispnea acuta ed intensa, tosse , emoftoe :


 

FISIOPATOLOGIA:  essa è riconducibile allo stress metabolico del traumatizzato che comporta un aumento in circolo delle catecolamine secrete dalla midollare del surrene ( reazione neuroendocrina allo stress tipica del traumatizzato)  che attivando la lipolisi del tessuto adiposo stimolano la metabolizzazione degli ac grassi e dell’ac linoleico . Questi immessi in circolo arrecano danni endoteliali a carico dei vasi  del circolo ma soprattutto del microcircolo sistemico e polmonare . Soprattutto a carico del microcircolo polmonare a livello della membrana alveolo capillare  il danno e la alterazione della componente endoteliale si concretizza in una alterazione degli scambi ematosici che portano alla cosidetta sindrome delle membrane ialine ovvero alla ARDS ( ACUTE RESPIRATORY DISTRESS SYNDROME )

TERAPIA : Urge assistenza respiratoria con O2 a PEEP (positive end espiration pressure) pressione positiva di fine espirazione ( non oltre 8 litri al minuti di O2 e per non oltre  6 ore ) ed infusione di cortisonici endovena ( stabilizzatori di membrane ) al dosaggio di 1 – 2 grammi in bolo in 1° minuti ( idrocortisone : Solumedrol – Flebocortid  fl da 1 – 2 gr. ) e poi in infusione lenta al dosaggio di 1 –2 mg \Kg peso corporeo ( prednisolone- prednisone .deflazacort etc  : Urbason fl 40-80 mg im ogni 12-24 ore , Flantadin , Deflan fl-cp 6-30 mg ore 8- 15 sec ritmo circadiano )

Le complicanze generali tardive sono :

  1. IVU: cistiti , cistopieliti da catetere ,
  2. TVPtrombosi venose profonde
  3. Piagheda decubito ed altre lesioni distrofiche dei tegunmenti daprolungato allettamento e defedamento da trauma ( autocannibalismoproteico del politraumatizzato da ipercatabolismo proteico)
  4. Broncopneumopatiada ipostasi  ( atelectasie basali polmonari )

Tali complicanze sono più frequenti nei pazienti anziani in cui l’allettamento prolungato è logica costrizione delle loro condizioni generali di salute.


 

TVP : Sono molto frequenti in patologia ortopedica

Patogeneticamente come ben descritte da Wirckov conseguono alla classica triade:

  1. Alterazioni dell’assettoemocoagulativo del paziente con diatesi emocoagulativa di tipotrombofilico [   alti livelli di  Trombina , Fibrinogeno >400 mg/dl , FDP prodotti di degradazione del fibrinogeno > 10 UI,proteina c e proteina s ; aumento del numero delle piastrine >300.000 mm3 ; PT ed APTT ridotti : v.n 70-100% 8-16sec 40-80 sec.,riduzione della fibrinolisi con riduzione dei livelli di plasminaenzima deputato alla lisi dei coaguli \ trombi ]
  2. Alterazioni dell’endoteliodei vasi venosi
  3. Stasi  venosa da allettamento

Alla TVP possono associarsi i segni e sintomi  della tromboflebite  con dolore urente e febbre .


 

TERAPIA:

Il monitoraggio della terapia eparinica anticoagulante si effettua tramite il controllo dell’APTT che deve essere ridotto in termini % al 30 % e dunque allungato in termini temporali a 110 sec per poi continuare con terapia di mantenimento ( fl 0.2 ml \ 12 h sc. ); invece la terapia con anticoagulanti orali ( dicumarolici) viene monitorizzata mediante il controllo del PT che deve essere ridotto in termini % al 30 % e dunque il tempo allungato a 22 sec . prima di procedere a dosi per terapie di mantenimento .

N.B. generalmente i laboratori sono soventi definire il PT in termini % ed il PTT in secondi (test alla cefalina) .Pertanto terapie anticoagulanti comportano riduzione del PT ed allungamento del APTT  o viceversa a secondo se ci si riferisce ai valori percentuali o numerici dei secondi.

Le complicanze locali precoci delle fratture sono:

  1. Lesioni viscerali
  2. Lesioni neurologiche
  3. Lesioni vascolari
  4. Lesioni muscolari e/o tendinee
  5. Infezioni (tetano, gangrena gassosa:clostridium tetani-perfrigens: bacilli anaerobi gram positivi)
  6. Sindromo compartimentali ( Baywaters,Volkmann etc…)

S. COMPARTIMENTALI :  Si verificano a  carico di logge muscolari tipo l’avambraccio e regione posteriore di gamba ( tricipide della sura : Soleo e gemelli ) dove i gruppi muscolari sono avvolti da fasce aponeurotiche inestensibili le quali dopo un trauma con formazione di ematomi sotto tensione comportano un aumento della pressione endofasciale con concomitante compressione dei vasi venosi prima ( anossia stagnante dei tessuti : Muscoli) ed arteriosi poi (anossia anossica dei tessuti) noché dei nervi dislocati nelle logge muscolari con sofferenza dei vari tessuti. ( S. Volkmann , Torcicollo congenito da stress da parto etc..)

TERAPIA:  Urge in tali casi in urgenza eseguire una fasciotomia decompressiva per evitare la degenerazione cereo – fibrosa ( degenerazione fibroatrofica muscolare) dei muscoli coinvolti con irreversibile paresi del distretto colpito.

Le complicanze locali tardive delle fratture consistono in :

  1. Rigidità articolare
  2. Osteoporosi posttraumatica  di SUDEK(osteodistrofia)
  3. Necrosi ossea ischemica
  4. Artrosi posttraumatica
  5. Deformità
  6. Ritardo od anomalie di consolidazione ossea (pseudoartrosi)


 

DISTACCHI EPIFISARI : Colpiscono cartilagini di coniugazione (accrescimento) epifisarie (metafisarie o meglio epifiso metafisiarie) e rappresentano il 10-15% delle fratture infantili .

Le cartilagini epifisarie  più colpite sono quelle vicino al ginocchio e quelle lontane dal gomito (condili femorali e tibiali ; epifisi prossimali di omero e distali di radio e ulna) e tali fratture possono esitare in disturbi dell’accrescimento del segmento scheletrico dell’arto interessato.

Distinguiamo quattro tipi di distacchi epifisari :

  1. Distacco epifisario puro
  2. Distacco epifisario con fratture parcellariprossimali
  3. “               “                    “            “         distali
  4. “               “            consezione delle cartilagini di accrescimento

L’esito più grave dei distacchi epifisari sono la dismetria degli arti con deformità in varismo o valgismo ; la TERAPIA  consiste in una osteotomia di urgenza per evitare disturbi nell’equilibrio dell’asse meccanico (ergonomico ed ergometrico ) dello scheletro con postumi degenerativi permanenti ed invalidanti di tipo artrosico a carico delle articolazioni  interessante .


 

SINDROME DI VOLKMANN


 

Tale sindrome è una delle più temibili complicanze delle fratture ; un trauma infatti può causare un travaso ematico [ematoma] il quale si forma nel momento in cui si raggiunge una pressione pari a quella ematica periferica [120 mm Hg] .

L’aumento della pressione all’interno dell’avambraccio agisce sui muscoli e sui vasi cosicché si viene ad avere una vera e propria ischemia dell’arto  o meglio del muscolo che va incontro ad una metaplasia muscolare prima ed alla atrofia muscolare irreversibile poi .

La degenerazione fibrosa successiva comporta clinicamente un retrazione delle dita [mano ad artiglio] , la compressione venosa causa una stasi iniziale con anossia stagnante che precede quella ischemica , per tale ragione avremo un grave depauperamento vascolare .In seguito avremo compressione nervosa ; raramente questa temibile complicanza si manifesta all’arto inferiore .


 

Terapia .

La terapia consiste nella fasciotomia; tale complicanza oggi risulta epidemicamente rara per due ordini di motivi :

  1. Si ricorre sempre più rarramente alla applicazione di apparecchi gessati che la cagionano
  2. Sussiste maggiore esperienza clinica degli operatori sanitari emaggiore sensibilizzazione dei pazienti al continuo monitoraggiodella vascolarizzazione dell’arto immobilizzato in apparecchio gessato.


 

Inoltre in tali casi i sintomi clinici sono un intenso dolore con cianosi delle mani che subito spinge il paziente a recarsi precocemente dal clinico esperto ; per la compressione delle fibre nervose si avranno iniziali parestesie e poi una riduzione della contrazione muscolare ; risulta ridotta e deficitaria anche la funzionalità della mano , col passare del tempo si assiste ad una regressione dell’edema perché viene a mancare il flusso ematico all’arto che appare pallido e freddo al termotatto ; infine compare il classico segno della Mano ad Artiglio
 

FRATTURE DEL POLSO


 

Sono le più frequenti epidemicamente [ 15 % ] e per tale ragione rapresentano le maggiori responsabili di ricoveri ospedalieri e spesa sanitaria ortopedica sia nella traumatologia domestica che sportiva e lavorativa.

Spesso si tratta di sono distorsioni e\o lussazioni con semlici infrazioni ossee [ fratture subperiostee e\o periostee : del periostio ] ; epidemicamente sono più frequenti tra i 30 ed i 50 anni di età e dunque nella età adulta e produttiva del soggetto .

Il sesso femminile , soprattutto dopo i 40 annidi età col climaterio , è quello certamente più colpito  ; tale fenomeno dipende da fattori anatomici e parafisiologici oltre che sociali che favoriscono nelle donne cadute rovinose al suolo [osteoporosi del climaterio  associata a  vertigini e flash pressori in donne che non abbandonano i tacchi a spillo e dunque una andatura instabile a rischio di cadue al suolo] .

Il polso comunque anatomicamente è formato da capi articolari distali del radio ed ulna e dalle 8 ossa del carpo la cui radiografia ci permette di stabilire la età ossea del soggetto essendo essi privi di nuclei di ossificazione verso i 12 anni circa ed ossificando in tempi successivi per cui le fratture del polso sono meno frequenti nei bambini prima dei 12 anni di età.

In parte dunque le ossa del carpo in età giovanile sono formate da ossa ricche di tessuto cartilagineo elastico  e dunque elastiche e resistenti agli insulti traumatici , tali fratture per tale ragione si oservano in età adulta dopo la ossificazione delle ossa del carpo e del polso .

Inoltre tra i 20 –30 anni di età tali fretture sono poco frequenti perché tali individui sono abbastanza agili e dotati di grande equilibrio statico essendoci in tale età anche una maggiore stabilità corporea [ integro apparato vestibolare ed uditivo oltre che visivo etc.. ] .

Dopo i 40 anni di età soprattutto nel sesso femminile le donne vanno incontro a turbe ormonali [ climaterio ] che aggrava la loro debolezza psicofisica [ fisica e ,emtale ] endocrinamente regolamentata , esse in tale età incominciano ad accusare squilibri vertiginosi e turbe dell’umore in senso ora depressivo ora irritativo [ bipolarismo umorale ] su base endocrina che facilitano cadute fisiche oltre che morali ; inoltre durante tale periodo della vita endocrina della donna si ha una certa degenerazione [ demineralizzazione ossea = osteoporosi del climaterio ] ossea su base metabolica ed endocrina . Tutto ciò rende molto più frequente fratture nel sesso femminile verso i 40 anni di età ; tali fratture del polso avvengono con meccanismo di caduta sul polso flesso o con le mani atteggiate im difesa da caduta cioè apiatto in terra.

Nel 1° caso abbiamo fratture extrarticolari che riguardano le metafisi distali del radio o radiali con spostamento dei frammenti ossei distali quando si cade sulle mani flesse .

Quando si cade sulle mani iperestese [ atteggiate in difesa da caduta  sui palmi a piatto sul suolo ] la epifisi distale del radio si sposta dorsalmente dopo essersi fratturata [ deformità a  ventre di forchetta] ; queste sono epidemicamente le fratture del polso più frequenti e sono dette fratture di Collesdall’anatomico che per primo le descrisse nei suoi perfetti spostamenti; le fratture opposte di Burton o Guyon sono molte più rare .

Abbiamo poi fratture intrarticolari che inteerssano le ossa carpali e la parte distale del radio , l’ulna non prende parte alla rticolazione del polso.

La articolazione del polso non è unica ma miltipla ; infatti la prima è quella distale tra radio ed ulna che presenta la apofisi stiloidea dve si inseriscono i legamenti radiali ed ulnari del polso , essi permettono gli spostamenti di lateralità .

Il polso si fletta di circa 70° e si estende di circa 60 ° , inoltre si flette medialmente di circa 55 ° e lateralmente di circa 15°; infine può eseguire anche movimenti rotatori di prono – supinazione di circa 70 C°.

Le fratture del polso possono interessare la 1° filiera del carpo [ emilunare e\o scafoide ]oppure la estremità distale delle ossa dell’avambraccio [ epifisi di radio e\o ulna] ; queste ultime possono essere articolari o non articolari le quali ultime possono essere complicate da spostamenti o non essere complicate da spostamenti .

Le prime [ complicate ] sono quelle di Colles ed epidemicamente le più frequenti ; abbiamo poi quelle con lussazione [fratture lussazione ] della estremità distale dell’ulna e\o delle estremita epifisarie di radio e ulna dette fratture di Burton – Gleynard [ Goyrand etc.. ] .

Nei bambini e soggetti giovani [ <12-21 aa ] sono frequenti i distacchi epifisari piuttosto che le fratture del polso ; le fratture articolari possono essere marginali anteriori e posteriori del radio , fratture a T – Y e V , fratture da scoppio , schiacciamento e dell’angolo esterno od interno del radio .

Rare sono le fratture della filiera del carpo che inteerssano lo scafoide ed il semilunare diagnosticabili solo radiograficamente e mai clinicamente .

La frattura di colles da caduta sul polso della mano comporta  una frattura obliqua della epifisi radiale che si sposta radialmente asumendo l’aspetto di un ventre di forchetta ; tra le fratture complesse pluriframmentarie da caduta non semplici ricordiamo quelle che interessano sia il radio che l’Ulna .

Le fratture intrarticolari sono molto modeste e dovuti a meccanismi di caduta strani [ spesso spinte e strattonate dolose  o cadute da biciclette e\o motoveicoli ] e non gravi come quelle cagionate da caduta sul taglio della mano atteggiata in flessione mediale [ cadute da bici e moto ] .

Esse sono molto numerose e varie e spesso una precisa diagnosi può essere fatta solo con una RX , inoltre tali fratture interessano la carilagine articolare per cui possono possono arrecare danni che evolvono verso una invalidante artrosi [artrosi decondaria ] osteodeformante ……. frequente anche in lavoratori ed atleti sottoposti cronicamente e per molti anni a sollecitazioni meccaniche [ martello pneumatico , pallavolisti  etc.. ] .

La artrosi primitiva o senile di tale articolazione si manifesta nelle età avanzate quando alterate funzioni articolari conseguono ad alterazioni metaboliche della senilità [ malnutrizione con disvitaminosi da edentulia etc.. ] che ispessiscono la cartilagine articolare .

In tale sede anatomica i frammenti ossei non si spostano per la azione dei muscoli ma per azione dello stesso trauma , una grave complicanza delle fratture di Colles è la sua esposizione per lo più rara ; immediata complicanza di tale frattura può essere il sollevamento del tendine del muscolo estensore lungo del pollice che può anche essere sezionato dal trauma o andare incontro a fenomeno degenerativo con displasia desmoplastica :…..DE QUERVAIN'S DISEASE OF THE HAND….. [ frequente nei traumi da schiacciamenti del polso … ] .

In tali casi il soggetto  e la sua mano lesa non riesce ad estendere parzialmente o totalmente il pollice e la sua falange distale che esita spesso in una invalidante e dolorosa sindrome caratterizzata dalla degenerazione artrosica della articolazione metacarpo falangea del pollice  con formazione del classico nodulo di Bushard  o Buschard .

Altre possibili lesioni in caso di fratture del polso sono quelle dei nervi e tendini palmari come il nervo mediano che passa nel suo solco sulla faccia ventrale del radio [ Sindromi da incarceramento da Traumi acuti o cronici del polso : sindrome del Tunnel carpale con incarceramento del nervo mediano; de quervaun hand disease = sindrome da incarceramento del nervo radiale etc..] .

Nelle  sindromi da incarceramento che complicano i traumi con o senza frattura del polso abbiamo nel paziente una invalidante neuroaprassia ovvero una compressione con alterazioni funzionali del nervo [ parestesie funzionali nelle fasi iniziali e poi deficit invalidante del pollice . dito opponente della mano nella dequervain hand disease  oppure delle dita della mano medio anulare  e mignolo nella s. del tunnel carpale ] .

In caso di frattura di Colles urge una rapida riduzione della frattura , non necessaria nelle fratture intrarticolari dove bisogna necessariamente effettuare una riduzione cruenta chirurgica con osteosintesi .

Per effettuare tale riduzione non cruenta si sospende la mano e si applicano pesi al braccio [ sacchetti di sabbia] ponendo così in trazione per pochi minuti i capi ossei fratturati.

In tale modo i capi ossei  fratturati si riducono con efficacia clinica in ottimo modo purché si intervenga precocemente cioè entro poche ore dopo il trauma ; dopo giorni intervengono fenomeni cicatriziali che causano una mancata riduzione clinica  e dunque necessità di intervenire clinicamente con chirurgia [ chirurgicamente ]  .


 

Tali soggetti giungono subito con la sola ispezione alla diagnosi clinica corretta per cui è facile intervenire correttamente  e precocemente ; dopo la riduzione si immobilizza il polso applicando un apparecchio gessato o tutore che come regola generale di trattamento delle fratture ossee deve immobilizzare ovvero bloccare [ blocco funzionale ] le articolazioni a molte e valle della sede della frattura , pertanto nelle fratture del polso bisogna immobilizzare anche il gomito oltre che le articolazioni metacarpo falangee [ apparecchio o tutore brachio metacarpale ] .


 

Il tempo di immobilizzazione deve essere in genere di 30 gg per il gesso lungo e di 15 gg per il gesso corto ma oggi i maggiori autori concordano nel mantenere le articolazioni e le ossa fratturate per non oltre 21 gg per poi procedere a rapida e graduale riabilitazione funzionale osteoarticolare del paziente  e trattandosi qui di ossa spongiose ben vascolarizzate che facilmente guariscono .

È importante evitare l’edema da compressione della mano inducendo il paziente a muovere di frequente le dita e per evitare la insorgenza anche di una grave rigidità articolare che altrimenti risulterà molto difficile da curare e riabilitare con una fisiokinesiterapia attiva e passiva .

La diagnosi corretta e precisa così come il monitoraggio del processo di guarigione possono  essere effettuati solo con una Rx nelle due proiezioni standard [ A-P; - L-L] per evidenziare lo spostamento osseo ; la riuscita riduzione e la corretta formazione del callo osseo .

Quando le fratture di Colles sono complesse e complicate si ricorre ad una terapia ortopedica chirurgica  con intervento chirurgico finalizzato a tenere uniti i capi ossei fratturati utilizzando un filo di KIRSHNER introdotto manualmente [trasfisso ] oppure con trapano o pistola ad aria compressa .

In tale modo il fino funge da asse delle ossa fratturate che favorisce la ossificazione delle rime fratturate , dopodiché il filo viene sfilato per via percutanea dopo averlo fatto sporgere dai tegumenti per regolarne e graduarne la tensione .

Le fratture dello scafoide possono essere trasversali e\o longitudinali , oppure oblique ; esse guariscono difficilmante perché callificano tardivamente e spesso sono complicate da grave ed invalidante osteonecrosi asettica che cagiona dolori invalidanti i quali richiedono asportazione chirurgica dello scafoide , intervento quest’ultimo che esita in una grave e\o gravissima invalidità permanente della mano [ 5-90 % di invalidità permanente minima aspecifica: contadino ; e massima specifica : atleta cestista , pallavolista , Pianista costretto a direttore di orchestra  e\o Chirurgo costretto a direttore di cattedra e\o  di Maxi Medical Centersin Europa al 2021 con capitale sociale minimo di 10 miliardi di euro. ] .
 

DE QUERVAIN'S DISEASE OF THE HAND [ Vedi Foto]


 

FRATTURE VERTEBRALI


 

Tali fratture nel passato erano appannaggio della Traumatologia di Guerrae dunque della Chirurgia Generale ; esse conseguono a traumi diretti ed oggi essi derivano soprattutto dalla traumatologia della Strada del Lavoroe delle grandi Calmità naturali [ alluvioni – terremoti – maremoti – tsunami etc.. ] .

Sono esposti a tali rischi soprattutto soggetti di sesso maschile e presso le sedi della colonna vertebrale di maggiore mobilità [ colonna cervicale e\o lombare ] cioè nelle zone di passaggio della colonna vertebrale rese per natura più vulnerabili  al trauma.

I traumi indiretti epidemicamente sono meno frequenti di quelli diretti ; i primi conseguono a meccanismi di flessione , torsione , schiacciamento e nel caso della colonna vertebrale di iperestensione ; spesso tali meccanismi od insulti meccanici sono associati tra di loro ed i più frequenti sono quelli di flessione , estensione e\o schiacciamento [ traumi stradali e da grandi calamità naturali ].

Le vertebre sovrapponendosi l’una sull’altra concorrono a delimitare il canale vertebrale che fino alla 2° vertebra lombare contiene il midollo spinale con i rami dei nervi ; le vertebre cervicali presentano anche il forame in cui decorrono le arterie vertebrali le quali a loro volta concorrono nella formazione del tronco basilare da cui originano le arterie cerebrali posteriori del poligono di Willis il quale contribuisce alla irrorazione cerebrale.

Presso la colonna vertebrale abbiamo la parte terminale del midollo spinale , dalla 2° vertebra lombare abbiamo il sacco durale con le sole radici dei nervi spinali e la cauda equina .

Da ciò si capisce e comprende che i danni e le lesioni sopra la 2° vertebra lombare sono i più gravi perché concorrono o si associano a lesioni o danni del midollo spiale spesso gravissimi ed irreversibili che costringono il paziente per tutta la vita alla sedia a rotelle.

In tali sedi le strutture ossee e nervose sono irrorate da rami terminali [ arterie terminali di Adamkievich] per cui trombosi da traumi causano una miero-radiculomalacia cioè fenomeni involutivi da ischemia .

Tali arterie di Adam – Kievich prendono origine dalle arterie lombari della aorto toraco addominale ed anche senza eccessivi traumi possiamo avere danni midollari da compressione vascolare o trombosi ; nel passato frequenti nei pazienti in cui si eseguiva aortografia tramite puntura diretta dell’aorta toracica o addominale col rischio anche di complicare eventuali lesioni aneurismatiche ivi presenti .

Tale rischio non ammesso [ RR>1] oggi non sussiste più per l’avvento delle tecniche digitalizzate [ angiografia digitale con elaboratoe analogico per sottrazione di immagini e dunque con m.d.c. iniettato/ somministrato endovena a basse dosi] e le nuove metodiche per imaging [ Angio TC ] ;.

La vertebra è formata da una porzione anteriore o corpo vertebrale che formano la colonna vertebrale anteriore ; abbiamo poi le colonne articolari o laterali formate dalla apofisi trasverse delle vertebre; le apofisi articolari garantiscono la congiunzione anatomica delle vertebre a formare la colonna vertebrale tralite legamenti o strutture legamentose .

La colonna vertebrale nella sua parte anteriore e laterale presenta diversa resistenza ai traumi ; la colonna vertebrale anteriore risulta formato dai corpi vertebrali costituiti da tessuto spongioso per cui qui un trauma da schiacciamento causa un danno maggiore rispetto alle parti laterali della colonna le quali sono costituite da tessuto osseo compatto [lamine – apofisi trasverse e spinose ] .

Durante la filogenesi  in ere primordiali la colonna vertebrale  era formata da un corpo e da un arco [ porzione somatica ed arcale ] ; i legamenti intervertebrali o gialli sono molto robusti e resistenti al trauma soprattutto nelle età giovanili , abbiamo poi quelli interspinosi , intertrasversali ed intersomatici che formano i legamenti longitudinali anteriori e posteriori .


 


 

I traumi diretti colpiscono direttamente la colonna vertebrale causando lesioni nel punto di impatto ; epidemicamente i traumi più frequenti della colonna vertebrale sono quelli indiretti che si verificano in sede lontana da quella del trauma , come le lesioni da schiacciamento che si verificano per caduta sui talloni .

Tale urto indiretto trasmette la forza alla colonna vertebrale dove causa in genere una lesione da schiacciamento del corpo vertebrale con meccanismo di iperflessione ; infatti spesso si associa iperflessione del corpo e dunque della colonna vertebrale del paziente traumatizzato .

La lesione interessa una zona si minore resistenza ossia il corpo vertebrale ; se si associa anche un meccanismo di inerzia [trauma da  decelerazione ] con iperestensione della colonna vertebrale abbiamo soprattutto lesioni associate della colonna cervicale [ colpo di frusta ] ; infine possiamo avere anche lesioni o fratture da meccanismo di torsione che interessano le apofisi articolari e spinose [ fratture e disarticolazione con disinserzioni legamentose ] nonché i peduncoli o lamine che uniscono il corpo vertebrale con le apofisi trasverse o articolari , tali ultime lesioni [ disarticolazioni e\o disinserzioni legamentose ] sono quasi sempre associate ad ernia dei dischi intervertebrali ….. .

Per tale ragione le fratture delle vertebre possono essere distinte in somatiche e disco - somatiche ; nel 2° caso sarà interessato dal trauma anche il disco intervertebrale od interarticolare [Fratture di  Monticelli]; tale classifficazione di monticelli oggi supera quella nosologica di PUTTI che in passato era molto considerata , abbiamo qui le cosiddette fratture disarticolari che interessano il disco e le facce articolari del corpo vertebrale , esse per PUTTI vanno distinte da quelle dell’arco e dunque apofisarie e del peduncolo ; oggi tale distinzione di Putti conviene conoscerla puramente per scopi scientifici al fine di comprendere dalle vecchie cartelle cliniche come erano distinte nosologicamente le fratture vertebrali ; oggi tale classificazione complessa risulta abbandonata anche perché le fratture classificate secondo Monticelli godono di uguale trattamento e follow –up post operatorio .

Le fratture vertebrali stabili sono quelle in cui i rapporti anatomici tra le vertebre sono conservati ; invece le fratture insabili prevedono uno scivolamento con spostamento dei capi fratturati [ vertebre lese ] èer cui in tali casi possiamo anche parlare di fratture lussazioni  o fratture vertebrali instabili .

Possiamo poi avere e distinguere fratture amieliche ovvero senza interessamento delle strutture nervose e fratture mieliche in cui sono danneggiati tessuti nervosi perenni [ danno per lo più grave / gravissimo ed irreversibile ] da processi di flogosi , compressione e\o sezione parziale o totale [ interruzione della continuità ] .

La flogosipuò conseguire ad un edema od un ematoma e dunque sarà un fenomeno avverso reversibile entro certi limiti temporo – spaziali ; la compressionepuò conseguire a spostamento del disco articolare mente la interruzionedal tranciamento o sezione del midollo da parte delle rime di frattura vertebrale ; infine taluni autori distinguono le fratture mieliche da danno vascolare [ trombosi o sezione delle arterie di Adam – Kievich con Ischemia midollare] frequenti di riscontro in taluni soggetti avvezzi a giochi erotici che andrebbero evitati se non vietati  [ kamasutra estremo etc.. ] .

Nelle forme amieliche avremo sintomi traumatici come dolore e perdita della morfologia , contrattura riflessa antalgica  dei muscoli delle docce paravertebrali che causa una scoliosi antalgica con annullamento della lordosi od inversione della fisiologica scoliosi ; in queste fratture non rileviamo null’altro di rilevante  e significativo dal punto di vista clinico.

Nelle lesioni mieliche invece abbiamo clinicamente le classiche sindromi da livello ; nelle fratture della colonna cervicale se non abbiamo morte per impiccagione del paziente [ frattura del dente dell’epistrofeo con compressione bulbare ed arresto cardiorespiratorio acuto : Morte di Gilles Villeneuve] abbiamo una tetraplegiache può rimanere stabile nel tempo e spesso costringe il paziente ad una ventilazione assistita in polmone di acciaio per evitare una ARDS o con un respiratore  automatico ad aria ambiente .

Se la lesione colpisce tratti inferiori della colonna vertebrale e del midollo spinale possiamo avere una paraplegiache può evolvere verso una paralisi spastica da paralisi flaccida per lesione degenerativa  del 1° motoneurone di Monro .

Tali soggetti presentano incontinenza fecale ed urinaria con atrofia dell’apparato locomotore ; inoltre possono insorgere piaghe da decubito presso il bacino , i grandi trocanteri , i calcagni etc.. .

Le fratture inizialmente amieliche se erroneamente trattate possono anche diventare mieliche soprattutto nell’uomo quando viene assistito da personale  parasanitario non esperto che esegue soccorsi incauti in tali soggetti spesso incoscienti e politraumatizzati .

Spesso il trasporto di tali soggetti politraumatizzati riveste un ruolo importanza ai fini di evitare tale temibile complicanza ; infatti durante il trasporto del paziente bisogna evitare anomali spostamenti secondari .

La terapia sarà diversa nei due diversi tipi di fratture ; si ricorre sempre nelle fratture amieliche alla riduzione ed immobilizzazione del paziente mentre nelle fratture mieliche bisogna sempre annullare la compressione midollare da parte delle strutture contigue .

Oggi l’entità del danno spinale può essere valutato con una mielografia [ uso di mezzi di contrasto ] oppure con TAC ed RMN che oggi sono tra le indagini più precise ed attendibili per una corretta diagnosi clinica e strumentale .

Nelle compressioni dunque si interviene molto rapidamente e precocemente eseguendo una riduzione cruenta delle fratture che deve essere diligentemente immobilizzata perché tendono a disastrosi spostamenti [ fratture lussazioni ] .

Tale stabilizzazione deve essere eseguita tramite osteosintesi molto varie nelle tecniche chirurgiche applicative [ vedi Kremer e\o Campbel] ; in seguito bisogna ricorrere alla importante se non essenziale riabilitazione del paziente con fisiokinesiterapia [ attiva e passiva ] soprattutto nelle forme cliniche paraplegiche dove la idroterapia [ idromassaggi ] può essere di grande giovamento anche se si tratta di pratiche cliniche permanenti costosissime [ costo medio giornaliero in Italia ed Europa dal 2004 = 2000euro pro die : 750.000 euro annui … vedi caso Englaro  ] .

Una delle complicanze più temibili e frequenti per queste fratture , soprattutto per quelle amieliche , è la artrosi ; mentre una erronea immobilizzazione può portare al classico quadro clinico e radiologico della vertebra di Avorio [ difetto di consolidamento osseo od ossificazione vertebrale  come nella pseudoartrosi ] .


 


 

La vascolarizzazione delle vertebre con i Vasi di Adam – Kievich avviene grazie ai vasi lombari in basso e intercostali posteriori in alto .

Nella classificazione di PUTTI distinguiamo :

  1. Fratture del corpo vertebrale : da compressione , flessione edestensione [ con spostamento o lussazione ]
  2. Fratture degli archi vertebrali : Lamine , peduncoli , apofisitrasverse  - spinose ed articolari
  3. Fratture combinale o complesse
  4. Fratture con lussazione pura [ rare ] .
  1. Fratture discoarticolari : disco e piatto articolare
  2. Fratture somatiche : solo il corpo vertebrale od articolare
  3. Fratture discosomatiche : disco ed il solo corpo vertebrale

La compressione con stenosi o tranciamento del corpo midollare avviene in genere per lo spostamento del muro posteriore della colonna vertebrale .


 

La riduzione delle lesioni da schiacciamento vertebrale si esegue mettendo in trazione il rachide ; successivamente lo si immobilizza . Nelle fratture da flessione la riduzione si esegue con la estensione della colonna vertebrale ; nelle osteosintesi cioè nelle riduzioni cruente delle fratture vertebrali si ricorre a mezzi di stabilizzazione come chiodi e placche ; in alcuni casi è necessario effettuare una graduale riduzione con trazione lenta tramite il cosiddetto distrattore di Hutchson .

Nelle fratture mieliche bisogna intervenire di urgenza malgrado sia presente una transezione midollare con irreversibile tetraplegia [ in genere da arma bianca e\o da fuoco : F.A.F. ] ; infatti la paraplegia può in alcuni casi conseguire ad una compressione da edema e\o ematoma del midollo spinale per cui si deve subito eseguire una decompressione midollare cruenta  dopo aver rianimato il malato [ IOT : Intubazione oro tracheale con ventilazione assistita che non deve durare a Pressione positiva di fine espirazione – PEEP – oltre le 6-8 ore onde evitare una ARDS ] ed aver risolto l’eventuale edema con terapia antiedemigena [ mannitolo 5-10 %] .


 

Tutto ciò comporta la apertura del sacco durale con tecnica microchirrugica di appannaggio del micro neurochirurgo funzionale e la esecuzione di una osteosintesi per poi eseguire la migliore riabilitazione del paziente malgrado si sia avuta transezione midollare completa [ Sindrome di Dejerie ] o parziale [ Sindrome di Brown Sequard ] .

ERNIE DEL DISCO INTERVERTEBRALE


Le ernie del disco intervertebrale sono state approfonditamente studiate negli anni 40 ; in tale periodo esse sono rientrate nella sfera di competenza della ortopedia ovvero nell’ambito delle patologie ortopediche .

In avvenire tale patologia , e soprattutto le ernie del disco lombare , tale patologia sarà sempre più contesa tra ortopedia e neurochirurgia ; ancora oggi comunque essa come negli anni 80-90 rimane una patologia di interesse ortopedico o meglio di pertinenza prevalentemente ortopedico infatti il neurochirurgo si interessa prettamente del contenuto del cavale vertebrale lasciando all’ortopedico il trattamento della patologia del contenente .

Dunque la competenza del neurochirurgo insorge nei casi complicati delle ernie del disco intervertebrale da eventuali compressioni o lesioni mieloradicolari ; pertanto il neurochirurgo si interessa delle patologie del contenuto dello speco vertebrale e non delle strutture contenitrici.

Per fare diagnosi di tale patologia oggi si ricorre a metodiche strumentali molto sofisticate e costose [ TAC – RMN] ; in passato si poteva usufruire solo della mieloradiografia ; difatti tale patologia comporta una invalidante e spesso fulminante lombocruralgia [ colpo di strega  popolare ] ed una lombosacralgia o lombosciatalgia per un interessamento dei rami radicolari del nervo crurale e sciatico .

Una unità funzionale articolare vertebrale è normalmente costituita da due vertebre contigue con il disco intervertebrale interposto tra esse ; una patologia a carico di tale unità funzionale articolare  della colonna vertebrale lombare comporta una seria patologia invalidante delle radici dei nervi spinali .

Una migrazione anteriore del disco intervertebrale è in genera asintomatica ; quella posteriore invece comporta il superamento del legamento o fascia longitudinale vertebrale posteriore con degenerazione del nucleo polposo il quale formato da acqua  è circondato dagli anelli fibrosi .

Il nucleo polposo residuo della notocorda [ filogeneticamente i Primi Uomini erano dotati di una diabolica coda ] ha una funzione di ammortizzatore ed è tenuto in sede [ La ancestrale coda sembra avesse funzione statica di appoggio a modo di sedia  ] tramite l’anulus fibroso che a differenza del nucleo polposo è ricco di vasi e nervi .

Le colonne articolari delle vertebre costituiscono il cosiddetto arco vertebrale ; qui troviamo i neurofori da cui emergono le radici anteriori motorie e posteriori sensitive dei nervi spinali che poi si uniscono a formare i plessi nervosi ovvero a costituire le strutture plessiche .

Le ernie del disco comportano una irritazione di tali strutture anatomiche o meglio delle radici sensitive posteriori dei nervi spinali che possono anche essere gravemente compresse e compromesse anatomo – funzionalmente quando interrotte nella loro continuità; il deterioramente o meglio la degenerazione di tale disco intervertebrale consegue alla sua disidratazione con perdita di acqua , fenomeno entro certi limiti fisiologico nella senescenza .

Tale disco ammortizzante con la perdita del contenuto acquoso perde anche la sua elasticità funzionale per cui viene sospinto posteriormente da sollecitazioni meccaniche ; se solleva a Bombé il legamento longitudinale posteriore e l’anulus fibroso che fanno da sue strutture di contenimento avremo solo una sua protrusione ; ma se vengono superate tali barriere di contenimento avremo la sua patologica migrazione e dunque la formazione di una ernia del disco [enucleazione ] .

La ernia del disco può essere intraspongiosa ed allora sarà asintomatica e visibile per la diagnosi solo radiograficamente come le ernie anteriori ; si avrà invalidante sintomatologia solo quando l’ernia avviene per via postero laterale , infatti la erniazione postero mediale risulta impossibile per la solida struttura che qui ha il legamento longitudinale vertebrale posteriore [ locus maxima resistentia ] perché qui le fibre si incrociano tra di loro creando una rigida e resistente Trama.

Tale patologia è epidemicamente frequente nella 3°– 4° decade di vita in entrambi i sessi ed in soggetti sottoposti a sforzi fisico meccanici [ facchini – sollevatori pesi etc.. ] : oggi tali ernie possono essere riscontrate anche in soggetti di 14 anni  ed di oltre 70 anni per lo svilupparsi di pratiche e mezzi meccanici che facilitano tale condizione patologica.

N. B. : evitare ai soggetti di età inferiore ad anni 15 di frequentare palestre per la pratica di sale attrezzi e ricorrere a tali pratiche forzate per la riabilitazione  ortopedica di soggetti anziani [ over 60 aa under 80 ] ricordando il motto del fisioterapista che il troppo Storpia ….  .

Tale condizione clinica può anche conseguire ad alterazioni morfologiche congenite [ schisi sacrale ] od acquisite [fratture vertebrali , alterazioni della statica locomotoria per patologie ortopediche come scoliosi acquisita  - coxartrosi etc.. ] ; comunque le ernie della colonna lombare o meglio dei dischi intervertebrali delle vertebre lombari epidemicamente rappresentano l’88%  delle ernie discali ; in ordine di frequenza vengono poi interessati i dischi cervicali e solo raramente sono interessati i dischi del tratto toracico della colonna vertebrale .

Anche ciò dipende da fattori meccanici , infatti il tratto lombare della colonna vertebrale risulta quello maggiormente sottoposto alla azione deteriorante del nostro carico corporeo .


 

Le ernie del disco intervertebrale sono clinicamente ed empiricamente  distinte in una fase vertebrale ed ina fase periferica ; per fare diagnosi precoce e corretta ha importanza la raccolta di una diligente e precisa anamnesi clinica del paziente ; infatti di frequente questi pazienti hanno una storia clinica di mal di schiena [ lombalgia ] o mal di reni che si accentua dopo sforzo come riferito nel gergo popolare.

Nella fase vertebrale dunque abbiamo una sintomatologia vaga e subdola con dolore non irradiato che passa spesso inosservato [ subclinico ] ovvero avvertito solo come fastidio.


 

Raramente possiamo avere ernie del disco ad esordio acuto che cominciano direttamente ed in maniera fulminea con una sintomatologia dolorosa ingravescente ed invalidante irradiata ovvero di tipo protrudente [ fase periferica diretta ].

In tali fasi avanzate e\o acute di malattia possiamo ricorrere all’uso della CHEMIO – PAPEINA   un enzima che digerisce il nucleo polposo erniato ovviando alla sintomatologia dolorosa , oggi tale trattamento può essere agevolmente eseguito con bassi o nulli rischi ammessi [ RR < 1] con tecnica percutanea TAC guidata o meglio ancora tramite tecnica mininvasiva videoassistita per via artroscopica posteriore in alternativa al necessario intervento di urgenza a cielo aperto.

La sintomatologia dolorosa consegue alla stimolazione dei recettori del dolore presenti nel legamento longitudinale posteriore della colonna vertebrale i quali irritati inizialmente dal fenomeno patologico evocano una contrattura riflessa antalgica dei muscoli paravertebrali i quali a loro voltano inchiodano in atteggiamento coatto il tratto di colonna vertebrato interessato ovvero leso .

Quando è interessata  la colonna lombare questa perde la lordosi fisiologica che può addirittura trasformarsi in cifosi ; a volte la contrattura è asimmetrica ed allora dobbiamo sospettare in interessamento radicolare ; tali soggetti oltre che essere sofferenti nella fase vertebrale presentano anche uno stato di rigidità .


 

Nella 2° fase o protrudente abbiamo interessamento radicolare , in questo caso la topografia del dolore irradiato ci orienta  verso la zona del rachide dove c’è la ernia del disco :

Nel 1° caso abbiamo anche scomparse del riflesso Achilleo e medioplantari che sono evidenti nel 1° caso;  inoltre  nel 1° caso patognomonico è il dolore lombare che si irradia alla faccia mediale della coscia il quale viene in d.d. [ diagnosi differenziale ] con il dolore da colica renale positivo alla manovra del Giordanoladdove quello da ernia lombare risulta positivo alla manovra di Lasegue…. .

Se l’arto inferiore dunque non risulta interessato dal dolore irradiato dobbiamo sospettare una ernia alta del tratto lombare del rachide ovvero delle alte vertebre lombari [ L2 – L3; L3- L4] che comporta una lombalgia o al massimo una lombocruralgia .


 

Per fare diagnosi di sicurezza oggi si ricorre ad indagini non invasive come la TAC e\o la RMN ; nel passato si ricorreva alla cruenta  e per tale motivo abbandonata mieloradiculografia in cui si usava come m.d.c. radiopaco il LIPIODOL il quale introdotto per rachicentesi era irritante per cui causava invalidanti sinechie che richiedevano una sua aspirazione al termine della indagine ; oggi si usano indagini non cruente [ TAC e\o RMN] e per tale ragione la mieloradiografia  risulta indagine superata e soppiantata .

Inoltre oggi esistono mezzi di contrasto ancora più sofisticati non irritanti ; altre indagini valide per fare corretta e rapida diagnosi sono le indagini elettriche dei potenziali evocati [ EMG = Elettromiografia ] e la TAC ; a tale uopo bisogna effettivamente considerare che una sintomatologia riferibile ad una ernia del disco intervertebrale spesso L5-S1 può essere causata da una ernia L4-L5 che protrude verso il basso e viceversa; da qui la importanza di tali esami ed indagini strumentali più attendibili  per fare diagnosi corretta ed orientare e\o programmare terapia.

Oggi per fare diagnosi ancora più precisa ed attendibile soprattutto il neurochirurgo richiede la RMN indagine che non utilizza radiazioni ionizzanti ma campi magnetici e come tale molto più costosa in termini remunerativi e clinici richiedendo circa un ora per la sua corretta esecuzione .

Dopo la diagnosi bisogna effettuare una diligente terapia o la prevenzione delle recidive di tali ernie dei dischi che può essere efficacemente effettuata nelle fasi precoci di malattia , mentre negli stadi avanzati si deve di necessità e talvolta di diligente principio ricorrere alla chirurgia ovvero all’intervento chirurgico in urgenza assoluta o differita [emergenza].

L’intervento in elezione, urgenza e\o emergenza consiste nella aggressione per via posteriore attraverso lo spazio interlaminare del canale vertebrale per liberare le radici posteriori dei nervi spinali dal conflitto col disco intervertebrale.

Spesso per intervenire , oggi per via artroscopica con tecnica mininvasiva videoassistita , bisogna aprire o divaricare con tecnica microchirurgica i legamenti gialli intervertebrali o meglio interpeduncolari ed asportare le apofisi spinose delle vertebre .

In tale modo si liberano le radici nervose dalle aderenze , soprattutto se l’ernia è di vecchia data e siamo in stadio avanzato di malattia , si procede dunque ad asportazione del tessuto erniario [ discectomia ] o si rimette laddove possibile il nucleo polposo nella sua sede anatomica onde evitare fenomeni di sanguinamento che portano ad ematomi e puntuale recidiva della patologia erniaria in altri spazi intersomatici dello speco vertebrale ..

N.B.: Dopo aver riposto in sede il nucleo polposo si cruenta la zona così da indurre una emorragia che porta alla formazione di un coagulo [ ematoma ] interno in cui si organizza tessuto fibroso ; quest’ultimo permette il ripristino della contiguità delle due vertebre , in alternativa bisogna effettuare il curettaggio dell’ernia del disco [ discectomia con eventuale fissazione delle due vertebre contigue con placche e viti ] .

Oggi tali interventi rispetto al passato vengono eseguiti in breve tempo ; inoltre nel passato per tale affezione si eseguiva una terapia post operatoria statica immobilizzando il paziente in apparecchio gessato mentre oggi soprattutto dopo l’avvento delle tecniche artroscopiche mininvasive , si preferisce una terapia riabilitativa precoce post operatoria del paziente di tipo dinamico .


 

A volte ed oggi sempre più di frequente tali interventi possono essere effettuati con tecnica microchirurgica a cielo aperto ossia con tecnica open  [ utilizzando sistemi ottici di ingrandimento a 5 x : occhiali binoculari ] oppure a cielo coperto con tecnica closed per via artroscopica , ed allora l’intervento non dura più 20-30 minuti ma anche 2-3 ore con maggiori costi [ sala operatoria – personale iperqualificato etc.. ] anche se eseguito sempre in anestesia locale o loco regionale …. .


 

FRATTURE DEL BACINO    


 

Ne distinguiamo tre gruppi :


 

  1. Frattureche non interrompono la continuità del cincolo pelvico
  2. Frattureche interrompono la continuità del cingolo
  3. Fratturedel cotile


 

Le prime ,generalmente le meno gravi, guariscono senza lasciare esiti e postumi  e senza complicarsi ; esse sono le fratture della spina  iliaca anterior superiore , della spina iliaca antero inferiore , della cresta iliaca , dell’ischio ( generalmente le tuberosità ischiatiche ) del sacro e del coccige . Il loro trattamento consiste in riposo a letto per non oltre 21 giorni e rapida riabilitazione funzionale onde evitare complicanze sistemiche da prolungato allettamento.

Le seconde  sono relativamente frequenti ( incidenti domestici , traumatologia stradale , infortunistica sul lavoro) e spesso associate a complicanze locali da lesioni dei visceri pelvici in rapporto con lo scheletro del bacino ( vecica , utero , retto etc….) . La loro patogenesi è riconducibile a traumi che esercitano sollecitazioni meccaniche  trasversali , sagittali  o verticali.


 

Dal punto di vista anatomo patologico ne distinguiamo 5 tipi :

  1. Frattureverticale di Malgaigne : frattura ischiopubica ed ileopubica alivello del forame otturatorio ( frattura  delle branche ischio edileo pubiche o disgiunzione della sinfisi pubica associata afrattura longitudinale della porzione posteriore della ala iliaca inprossimità della sincondrosi sacro ileale )
  2. Fratturadi Voillemier : fratture anteriore delle branche ischiopubiche edileopubiche o disgiunzione della sinfisi pubica  associata ad unafrattura posteriore del sacro nella sua porzione alare in prossimitàdei forami sacrali.
  3. Fratturaquadrupla verticale di Tanton : alquanto rara consiste in unafrattura di Malgaigne bilaterale
  4. Fratturabilaterale del pube : consiste in una fratture delle branche ileo edischio pubiche bilateralmente a livello dei forami otturatori conformazione di un frammento a farfalla che si spostano nella cavitàpelvica mentre gli emibacini tendono a diastasarsi .
  5. Fratturamonolaterale del pube : la rima di frattura interessamonolateralmente  la branca ischio e/o ileopubica e si tratta difratture meno gravi delle precedenti.


 

COMPLICANZE : Si distinguono in precoci e tardive (locali e sistemiche) ; esse sono :


 

Clinicamente il paziente si presenta con impotenza funzionale agli arti inferiori con dolore diffuso a tutto il bacino ed esacerbato dalla palpazione bimanuale delle creste iliache. Al sospetto clinico urge subito indagare su eventuali associate lesioni viscerali eseguendo eplorazione rettale e cateterismo del paziente ove possibile non dimenticando che anche senza lesioni viscerali dopo un trauma sono frequenti un breve periodo di anuria e paresi addominale (chiusura dell’alvo).


 

TERAPIA: La laparotomia esplorativa urge in caso di complicanze viscerali e quando non sipuò cateterizzare il paziente ( cistostomia sovrapubica). In assenza di complicanze il paziente viene lasciato a riposo per 21-30 giorni su amaca .

Le terze fratture de bacino ( quelle del cotile ) sono frequenti nella traumatologia stradale automobilistica ; conseguono ad urto delle ginocchia sul cruscotto e trasmissione diretta dell’energia cinetica del trauma sulla testa del femore che come un ariete agisce contro il fondo o parete posteriore dell’acetabolo. Sono più frequenti nelle donne  che quando trasportate in autovettura sono solite viaggiare con le cosce accavallate : ne distinguiamo tre tipi:


 

  1. Fratturedel cotile senza lussazione dell’articolazione coxo femorale
  2. Fratturedel cotile con lussazione posteriore della testa del femore quandol’urto è stato di particolare intensità e diretto contro laporzione posteriore o posterosuperiore del cotile che si distacca ela testa del femore si disloca posteriormente
  3. Fratturadel cotile con lussazione centrale  intrapelvica della testa delfemore che si verifica quando l’energia cinetica del trauma ( urto) si scarica sul fondo del’acetabolo che fratturandosi consente ladislocazione intrapelvica della testa del femore.
  1. Fratturecigliari che interessano il ciglio posteriore del cotile
  2. Frattureciglio parietali senza dislocazioni  dei frammenti
  3. Frattureciglio parietali con dislocazione dei frammenti
  4. Fratturetetto parietali con o senza dislocazione dei frammenti
  5. Fratturedel fondo del cotile alquanto eterogenee dal punto di vista anatomopatologico.


 

Clinicamente si manifestano con limitazione articolare assoluta dell’anca , dolore spontaneo o provocato dalla palpazione del grande trocantere e succussione calcaneare . Complicanza imprevedibile malgrado un corretto trattamento è una più o meno grve artrosi dell’anca.


 

TERAPIA: Nelle fratture cigliari , del tetto e parietali è sufficiente un riposo funzionale per circa due mesi ovvero si invita il paziente ad evitare attività motorie che col carico diretto  esacerbano il dolore mentre si incentiva una rapida  chinesiterapia attiva riabilitativa. Analogo trattamento è sufficiente  nelle fratture del fondo del cotile senza lussazione centrale della testa del femore.


 

Nelle fratture che invece alterano notevolmente la parte continente e portante del cotile (parete posteriore e tetto acetabolare) si impone una riduzione cruenta con osteosintesi e successiva immobilizzazione per 21-31 giorni e scarico articolare per altri due mesi (riposo funzionale).


 

TERAPIA: Consiste nel trattamento cruento chirurgico ; si inizia a ridurre la lussazione con una trazione transcondiloidea femorale per 5-7 giorni , poi chirurgicamente o per via artroscopica con accesso posteriore si procede a ricostruzione  della parete cotiloidea  ed osteosintesi del \ dei framenti con viti o piccole placche (cambre). Immobilizzazione in tutore gessato pelvipodalico per 30 giorni e pelvicondiloideo con scarico delle forze gravitazionali dell’anca mediante appoggio sulla tuberosità ischiatica per 30 giorni . Non si consiglia più, per favorire una rapida riabilitazione funzionale,  un ritorno al carico diretto dopo 4-5 mesi che spesso esita in una vera anchilosi dell’anca (ovvero una mera artrodesi : anchilosi chirurgica) .


 

TERAPIA:il trattamento generalmente cruento è simile a quello delle fratture con lussazione posteriore ; tuttavia taluni propongono un trattamento incruento con riduzione della lussazione mediante trazione transcheletrica per una settimana (trans condiloidea e transtrocanterica femorale) a cui fa seguito immobilizzazione  in apparecchio gessato pelvipodalico e pelvicondiloideo per 60 giorni e ritorno al carico diretto precoce dopo due mesi.


 

FRATTURE DEL COLLO DEL FEMORE


Rappresentano un campo clinico di grande discussione e diatribe letterarie scientifiche soprattutto in ordine alle loro terapie; la sostituzione protesica in urgenza soprattutto ma anche in emergenza [ urgenza differita nei politraumatizzati ] rappresenta il massimo risultato applicativo tecnico chirurgico in tale campo .

Essa oggi trova applicazione anche il pazienti ottuagenari e centenari grazie alle evolute tecniche  di anestesia [ spinale  et eperidurale ] che consentono di operare con tranquillità tali pazienti con bassi rischi universalmente ammessi [RR<1].

Il collo del femore è una struttura portante in cui si scaricano le forze statiche e dinamiche nel nostro corpo ; il collo anatomico dell’osso va dai trocanteri alla testa del femore mentre quello chirurgico [ vulnerabile ai traumi ed alle fratture patologiche = locus minoris resistentiae ] si trova sotto i trocanteri .

Qui il femore è formato da tessuto spongioso trabecolare anche se vi è una zona [ il triangolo di Cunart] in cui manca tale struttura trabecolare , è questa la zona di minore resistenza ai traumi per cui insulti meccanici qui portano ad una sua frattura soprattutto nelle persone anziane , ottuagenarie od oggi anche centenarie malnutrite con disvitaminosi o affette da osteoporosi endocrina [ donne in climaterio con alterato metabolismo del calcio ] .

In genere tali soggetti a rischio presentano tali fratture del collo chirurgico del femore dopo una caduta  e spesso si associa una frattura del polso da meccanismo indiretto [ flessione – torsione – compressione etc.. : con mano atteggiata in difesa ovvero in iperestensione od in flessione  con o senza torsione di avambraccio Colles - Guyon – Glenard –-Monteggia – Galeazzi se associate lussazioni  etc.. ] .

In tale  fratture abbiamo flessione e torsione del femore o meglio del grande trocantere , spesso a scopi medico legali [ex art 591 c.p. etc..] la associata frattura del polso ci consente di valutare il tipo di trauma [ Lesione colposa – dolosa da caduta accidentale dopo abbandono di ottuagenario o centenario incapace etc.. ] ; in genere il grande trocantere o meglio il collo chirrugico del femore si frattura quando il paziente cade a terra in torsione creandosi cos’ in tale sede un meccanismo di leva del 2° e 3°tipo o genere [ schiaccianoce  e rotazione contro resistenza : meccanismo misto ] .

La articolazione coxofemorale fungendo da resistenza alla forza di torsione esercitata da muscoli e peso corporeo frattura il collo chirurgico del femore extrarticolare ; infatti la capsula articolare si porta anteriormente sul grande trocantere mentre posteriormente sul 1/3 medio del collo femorale.

Possiamo dunque avere frattura anteriore o intrarticolari [ senza spostamento o semplici ] e quelle posteriori o extrarticolari [ con spostamento dei capi articolari o complesse e complicate ] .

La testa del femore ha una irrorazione di tipo terminale cioè mancano rami collaterali anastomotici ; la irrorazione è garantita dai rami circonflessi [ iliaci superficiali e\o profondi mediali e laterali ] della arteria femorale e dai vasi del legamento di Teres o del gubernaculum testis femore ; legamento intrarticolare detto anche della testa del femore che di frequente anche nei soggetti giovani può andare incontro a trombosi post traumatica o spontanea cagionando la necrosi asettica della testa del femore.

Secondo taluni autori accreditati in letteratura scientifica tale arteriola dopo i 40 anni diventa ipoplasica e si atrofizza spontaneamente cagionando coxartrosi bilaterale ; tale fenomeno sarebbe legato ad una conformazione variante della irrorazione della testa del femore infatti il fenomeno sarebbe più frequente in quei soggetti in cui la irrorazione della testa del femore [ geneticamente determinata ] sarebbe garantita solo dai vasi circonflessi iliaci interni ed esterni superficiali mentre mancherebbero quelli profondi o posteriori quali vasi collaterali della arteria femorale comune o superficiale [ 3 o 5 rami collaterali : Pudenda esterna varianteepigastrica inferiore superficiale costante - circonflessi iliaci latrali o esterni ed interni o mediali  costanti i superficiali non costanti i profondila cui assenza sarebbe causa di coxartrosi bilaterale giovanile….geneticamente determinata ] .

Abbiamo fratture mediali vicine alla testa del femore oppure laterali vicino alle tuberosità trocanteriche ; le prime possono essere sottocapitate o transcervicali e corrispondono al triangolo di Conart ; le seconde sono le basocervicali o trantrocanteriche e le sottotrocanteriche ; prognosticamente queste dovrebbero essere quelle a prognosi migliore per la migliore vascolarixzzazione della zona anatomica lesa in questo 2° caso .

In realtà tali ultime essendo spesso extrarticolari complesse o meglio complicate da spostamenti dei capi ossei fratturati possono avere prognosi più infausta con gravissimi esiti e postumi invalidanti che costringono ad un allettamento forzato il paziente che soprattutto se ottuagenario o centenario non può neanche giovarsi di un arrotellamento su sedia ma deve necessariamente ricorrere alla protesi di anca per raggiungere livelli minimi di autosufficienza  e comunque sempre avvalendosi di sedia a rotelle possibilmente elettrica…….  .

Le prime fratture intrarticolari portano a necrosi del tessuto osseo ischemico [ testa del femore] ;le fratture laterali invece sonno irrorate da vasi sanguigni diafisari [ eventualmente da circonflesse iliache profonde accessorie della arteria femorale superficiale e non comune quali varianti anatomiche  nei soggetti geneticamente fortunati] .

Powers distinse tali fratture in fratture di 1°-2°-3° tipo in base e funzione dell’esame radiografico in cui si valuta l’angolo tra la rima di frattura :


 


 

Tale utile ed efficace distinzione ci permette di impostare ed indirizzare una corretta ed efficace terapia della frattura tramite osteosintesi o sostituzione protesica.


 

La diagnosi clinica si avvale del riscontro della triade di Witmann:

  1. adduzione dell’arto leso
  2. extrarotazione dell’arto leso
  3. flessione della gamba sulla coscia e della coscia sul bacinodell’arto leso


 

La extrarotazione e la flessione dell’arto leso comportano un suo accorciamento che è costantemente presente e quantitativamente variabile ; infatti tale triade è meno evidente nelle forme mediali intracapsulari [ articolari ] e dunque fisse senza spostamenti dei capi ossei fratturati [ fratture semplici ] , è invece più evidente nelle forme extracapsulari laterali  e dunque più mobili o complesse in quanto complicate da spostamento dei capi ossei fratturati .

Si avrà in tali soggetti forte dolore inguinale irradiato alla coscia mediale con contrattura muscolare antalgica riflessa e functio lesa ; solo le rare fratture per abduzione con incastro dei frammenti ossei fratturati [ fratture intracapsulari ingranate ] mancano di tali segni clinici .

Dopo la corretta diagnosi bisogna valutare le condizioni generali del paziente che può andare incontro ad embolia [gassosa , adiposa , trombotica etc..] , a shock , paralisi addominale con riflessi neurovegetativi [ crisi vaso vagale o vago –vagale antalgica ] soprattutto se politraumatizzato e di età avanzata a rischio .

Nella terapia ortopedica in fase preoperatoria ci si limita alla riduzione ed immobilizzazione della frattura dando priorità nel timing di trattamento in urgenza e\o emergenza del paziente alle urgenze toraco addominali se paziente politraumatizzato.

Nelle fratture di 3° tipo ad angolo largo ed ampio sullo zona della rima di frattura  tale procedura incruenta risulta inutile e dannosa per il paziente per cui si deve ricorrere alla osteosintesi cruenta [ immobilizzazione chirurgica cruenta interna con viti , chiodi e placche a cielo apeto o chiuso – coperto ] .

In caso di lesioni recidive per fratture patologiche , tale trattamento risulta un fallimento per la necrosi ossea e la pseudoartrosi che inficiano il risultato terapeutico ortopedico anche quando cruente ed a cielo aperto ; tale fenomeno è legato alla mancata callificazione del tessuto fibroso di riparazione [ presenza di osteoporosi , disvitaminosi da malnutrizione , metastasi osseeetc.. ] .

Per questi motivi si possono anche eseguire osteotomie di appoggio rendendo le rime di frattura da oblique a lineari anche se ciò comporta accorciamento dell’arto leso [ indicate tali osteotomie di appoggio in tessuto osseo sano in caso di fratture patologiche da metastasi ossee] ; oggi in questi casi si preferisce asportare la testa del femore e sisostituisce questa con protesi , in soggetti giovani con breve aspettanza ed aspettativa di vita [ osteosarcomi ] si può effettuare una artroprotesi asportando la intera articolazione anche se si preferisce in tali soggetti ricorrere ad amputazioni che comunque non migliorano la prognosi del pazienti in termini di sopravvivenza [ quantità di vita] .

Sul piccolo trocantere si inserisce il muscolo ileopsoas mentre sul grande trocantere il muscolo Grande Gluteo ; qui il sistema dei vasi circonflessi anteriori o superficiali è meno preponderante del sistema vascolare dei vasi circonflessi iliaci profondi o posteriori non costanti malgrado la loro importanza nello sviluppo filogenetico della specie umana [la loro mancanza sembra essere un processo di regressione filogenetica che induce la stirpe a camminare a quattro zampe o muoversi strisciando sulla terra ] ; possiamo in tale sede dunque avere fratture stabili o semplici ed instabili o complesse e complicate a secondo o meno se si ha un ingranamento delle rime ossee fratturate cioè se esse sono fratture frammentarie o meno .

Nei bambini tali fratture come tutte le altre sono rare mentre frequenti dopo traumi o patologie delle ossa sono i distacchi epifisari ; rare infine in tale sede sono le fratture associate e dunque complicate dalla associazione con lussazioni di anca o testa del femore.


 

La riduzione della frattura può essere effettuata con la manovra di Witmann cioè con la trazione [ allungamento antiaccorciamento dell’arto ] , abduzione e rotazione interna dell’arto leso dopo anestesia spiale o peridurale del paziente .


 

La osteosintesi può essere effettuata con la Vite di Curti o di Scaglietti che permettono la compattezza delle zone fratturate garantendo stabilità dell’osso ; infine si può anche ricorrere ad osteosintesi con la placca di Smith – Petersen;

le osteosintesi di appoggio o traslazione [ accorciamento o scivolamento ed allungamento a becco di flauto] di Cruccisi eseguono quando abbiamo la traslocazione dei capi articolari per cui bisogna effettuare una osteotomia sottotrocanterica così da rendere la rima fratturata da obliqua a lineare .

In passato si ricorreva anche ai chiodi di Hender che riproducono la forma del canale midollare del femore in cui essi passano tunnellizzati , poco agevole invece era in tali fratture e zona anatomica l’uso di chiodi esterni che comunque possono essere facilmente asportati dopo la formazione di un efficace callo osseo .


 

COXARTROSI


  Tra tutti i tessuti quello connettivo è quello che invecchia prima; o stesso discorso vale per le articolazioni che sono formate prevalentemente da tessuto connettivo .

I capi articolari infatti sono ricoperti da tessuto cartilagineo , abbiamo poi la capsula ed i legamenti che hanno la funzione di limitare i movimenti garantiti dai muscoli .

La  levigatezza necessaria alla funzionalità delle articolazioni è garantita dalla sinovia [ liquido sinoviale ] prodotto dalla membrana sinoviale che provvede alla lubrificazione e nutrizione [ trofismo ] dei tessuti articolari in gran parte avascolarizzati .

Una artrosi si avrà quando viene alterata la integrità di una articolazione  che diventa immobile funzionalmente [anchilosi ] e va incontro a degenerazione di tutti i suoi mirabili e divini componenti non essendo dagli dei mai stata creata altra struttura  più perfetta e complessa dal punto di vista funzionale delle articolazioni .[ Epicuro : Corpus Hippocraticum ] .


 

Le cause della Artrosi sono numerose ; esse possono essere generali o sistemiche o locali  in genere post traumatiche ; tra le prime ricordiamo le malattie dismetaboliche come il diabete e la gotta che alterano la biochimica delle strutture articolari , nella senescenza il processo cronico degenerativo può essere causato dalla perdita della levigatezza dei capi articolari .

Cause locali possono essere le flogosi come le artriti [ artritrismo articolare ] in genere da cause infettive locali [ TBC = ascesso ossifluente di POTT ] e specifiche , mentre le cause infettive aspecifiche in genere colpiscono due o più articolazioni [ faringotonsillite e MST da gonococchi – streptococchi etc.. ] e sono in tali casi anche esse considerate di tipo sistemico , ma più di frequente nelle forme locali epidemicamente sono in causa i traumi che aprono i condili articolari alterandone la struttura articolare che va incontro a degenerazione [ ARTROSI] .


 

Una artrosi può conseguire [ coxartrosi ] ad una frattura del collo del piede [ caviglia ] che è un fenomeno acuto ; i soggetti presentano a seguito di traumi alla caviglia [ soprattutto con associate lesioni ai muscoli tibiali anteriori e posteriore che vanno incontro a retrazione desmoplastica post traumatica] dolore o meglio una sintomatologia dolorosa che porta a contrattura dolorosa dei muscoli dell’arto e dunque alla sua functio lesa .

La coxartrosi è frequente verso i 30 – 40 anni di età , la patologia quando sistemica colpisce soprattutto le articolazioni portanti [ colonna vertebrale , articolazioni sacro iliache , coxofemorale e del ginocchio ] senza risparmiare le periferiche come quella dei polsi e delle caviglie .

Abbiamo condizioni cliniche predisponenti la artrosi come la cifosi e la scoliosi ; esse facilitano i processi degenerativi articolari e lo stesso discorso vale per la accentuata lordosi lombare della colonna vertebrale  in genere reattiva a patologia dell’apparato locomotore [ patologie muscolari sindromiche : Duchenne etc.. ] –

Il ginocchio valgo [ addotto ] fisiologico nelle donne con bacino ginoide predispone ad artrosi del ginocchio e lo stesso vale per il ginocchio varo [ abdotto] classico degli sciatori, dei motociclisti e dei fantini .

La lussazione congenita dell’anca se non correttamente trattata può degenerare in coxartrosi osteodeformante ed invalidante ; la coxartrosi epidemicamente è una delle affezioni più frequenti perché le articolazioni dell’anca sono quelle più portanti e come tali soprattutto nei soggetti obesi vanno facilmente incontro a degenerazione .

Colpisce in genere la età adulta in modo mono o bilaterale , comincia dalla testa del femore per estenderti al cotile [tetto dell'acetabolo ] ; si manifesta clinicamente con dolore inguinale riflesso alla coscia mediale ed al ginocchio mediale innervati dal nervo safenico .

Tali soggetti non sempre presentano dolore a riposo ma solo quando cominciano a camminare , la presenza di dolore a riposo [ notturno a letto ] che non si allevia o scompare dopo la somministrazione di FANS è segno che la lesione iatrogenamente e criminosamente viene cagionata da utilizzo improprio di segreti di stato [ diagnosi ex adiuvantibus con 20 mg di piroxicam ex art 623-263 u.c.c.p. art 7 statuto di Roma  : utilizzo di Taser : fucili a radiofrequenza e\o pistole elettriche etc.. ]  .altra diagnosi differenziale va fatta con le patologie reumetiche in genere sistemiche colpiscono più articolazioni e che trovano giovamento dalla somministrazione di blande dosi di cortisonici di ultima generazione [diagnosi ex adiuvantibus con deflazacort : Flantadin – Deflan 6 mg ore 8-15 x 15 gg e poi sospensione con dosi a scalare] .

Il dolore dunque in tali pazienti compare quando cominciano a camminare per poi scomparire [ d.d. con dolore vascolare da arteriopatia cronica ostruttiva arti inferiori : Claudicatio intermittens con perimetro spaziale di marcia e\o intervallo temporale di marcia  e recupero]a differenza del dolore da patologia vascolare ; il dolore può ricomparire quando subentra affaticamento [ adattamento vascolare ] soprattutto quando alla base della affezione vi è una necrosi asettica della testa del femore dovuta a problemi di vascolarizzazione della articolazione coxofemorale [ trombosi in genere post traumatica della arteriola del gubernaculum testis di condilo prossimale della testa femorale:coxartrosi da traumi del ginocchio e\o della caviglia con alterazione ergometrica della statica e della motilità  dell’arto leso…. ] .


 

La coxartrosi colpisce in genere il sesso maschile ed i soggetti obesi anche se negli ultimi decenni la patologia epidemicamente risulta molto più frequente nel sesso femminile [ necrosi settiche della testa del femore da MST etc..] ; la obesità riveste un importante ruolo patogenetico soprattutto nelle donne  affette da sindrome metaboliche [ obesità – diabete – dislipidemia – ipertensione – fumo di sigaretta ] perché essa determina sovraccarico di una articolazione a maggiore rischio di infezioni  e distress vascolare .

Facilmente la malattia se non efficacemente , diligentemente e precocemente trattata e\o  riabilitata  da personale Medico Chirurgo specialista o parasanitario qualificato [ Epicuro : epimelana] evolve verso una invalidante functio lesa con completa rigidità [ Anchilosi ] e scomparsa del dolore perché mancando i movimenti [ Anchilosi da cause infettive ] non vengono stimolate le fibre nervose sensitive da mediatori solubili a basso peso molecolare della infiammazione .


 

La assenza di anchilosi con paziente che riesce perpetuamente a riabilitarsi [ Lesione Permanente grave e gravissima in quanto certamente insanabile soprattutto senza riabilitazione permanente ] depone per cause locali non infettive in genere traumatiche .

N. B.: Momento essenziale della riabilitazione delle patologie della articolazione coxofemorale, come per la lussazione congenita dell’anca, sono gli esercizi permanenti di divaricazione degli arti inferiori  ; essi si oppongono efficacemente alla invalidante  anchilosi soprattutto quando la patologia riconosce una causa post – traumatica e non una eziologia sistemica o locale di tipo infettivo …… purtroppo con elevati costi in termini di danno emergente e lucro cessante [invalidità permanente minima ut in tabelle INPS  del 45 –50% se colpito arto non dominante , 50-55 % se colpito arto dominante].

La articolazione coxofemorale lesa dal processo cronico degenerativo può rimanere bloccata in uno qualunque dei suoi possibili movimenti ; la sinoviale diventa iperplastica per cui avremo un versamento di liquido sinoviale , i muscoli saranno tesi e contratti [ contrazione isometrica ed isotonica dei muscoli della coscia ] per lo spasmo reattivo antalgico .

La capsula articolare si ispessisce e si indurisce ; inizialmente alla radiografia apprezziamo una lieve osteoporosi [osteorarefazione con aree osteolitiche ] comunque fisiologica nelle donne all’inizio della menopausa epoca di insorgenza della coxopatia  più frequente nel sesso femminile anche per fattori endocrini ; la osteoporosi non risulta da usura delle ossa ma in seguito si formano ulcere e fissurazioni della cartilagine articolare fino a scopertura delle ossa e loro esposizione patologica e formazione di geoidi cioè cavità decalcificate .

Si forma allora tessuto fibroso che fonde la articolazione [ anchilosi ] , viene stimolata la formazione di osteofiti da parte della testa del femore , la membrana sinoviale viene poi a formare un ulteriore ostacolo meccanico con aggravamento della anchilosi  fino a giungere ad un blocco funzionale dell’anca .

Dopo la diagnosi la terapia consta di tre strategie spesso in contrasto tra di loro secondo le varie scuole antiche di medicina e chirurgia [ Epicurea greco Romana  , cattolica mosaica ed ebraica et cristiana ] le quali poi convergono spesso tra loro conciliandosi ancora oggi in era farmacologica e microchirurgica mininvasive con le intramontabili lezioni epicuree del Corpus Hippocraticum praticate presso i più prestigiosi sinedri .

Mettendo da parte motivi e remore religiose si può agire con terapia preventivasoprattutto nelle cause infettive alla base del momento eziopatogenetico [ MST : antibiotico terapia profilattica uso di condom ed astinenza da rapporti sessuali contro natura anche se protetti da condom .… rischio di ascessi e fistole perianali e perirettali post traumatici che esitano in coxartriti infettive ] ; la seconda strategia è quella medicaeseguita con antidolorifici [ FANS : Piroxicam molecola più efficace nel dolore ortopedico e ginecologico ] dagli scarsi risultati in termini di efficacia clinica e rapporto costi benefici clinici ed economici  , abbiamo poi l’ultima strategia quella che da tutti i buoni clinici dovrebbe essere considerata l’Ultima Spiaggia e cioè la Terapia Chirurgicacon sostituzione delle superfici articolari danneggiate tramite protesi ovvero materiali protesici .

In vero la protesi consiste nel sostituire i capi articolari con materiali artificiali clinicamente , fisicamente e biologicamente inerti cioè che non danno reazioni di rigetto e\o da corpo estraneo ; ancora oggi a tale scopo viene preferita tra tante leghe metalliche il Protasul [ cromo, cobalto e molibdeno : durata anche di 30 anni ] dotata di cariche elettrostatiche negative di superficie che evitano la aggregazione delle cellule delle infiammazione le quali poi danno reazioni di rigetto o da corpo estraneo ; purtroppo tale lega metallica risulta molto costosa [ fino a 15.000 euro ognuna nel 2004]  per cui la ricerca con risultati sempre meno efficace [ protesi metalliche non in lega . Tungstemo , Platino , Tantalio etc..] tanto che oggi le migliori protesi non hanno durata superiore a 10-12 anni .


 

Se la protesi è parziale parliamo di endoprotesi , esse sono molto meno costose e molto più facili di applicare perché vengono solo a sostituire la cartilagine articolare degenerata ; purtroppo la loro durata non supera i 5-10 anni anche se il trattamento è precoce in quanto vanno incontro a rapida usura sotto il carico del peso corporeo per cui oggi si preferisce a tali materiali artificiali e sintetici ricorrere agli innesti di cartilagine articolare da cadavere fresco e di soggetti giovani.

La endoprotesi in genere viene applicata anche con tecnica mininvasiva [ artroscopica ] presso la testa del femore previa asportazione della cartilagine articolare degenerata [ fibrosa ] che cagiona anchilosi e deficit o blocco funzionale della articolazione anchilosata ; se la protesi è totale invece si parla di vera artroprotesi [ testa del femore e cotile ] .

Oggi per il posizionamento di una artroprotesi si può ricorrere all’uso di cementi cioè di materiali plastici monomerici che passano dallo stato semiliquido [ gel ] a quello solido aggiungendo un solvente ; essi permettono di fissare efficacemente tali protesi anche se possono causare la fusione della intera articolazione e protesi .

Oggi in letteratura scientifica internazionale accreditata [ kremer]  si è concordi nello sconsigliare di ricorrere a tali protesi e dunque alla chirurgia in soggetti di giovane età e negli anziani  fino a 70-75 anni di età poiché tali protesi hanno efficacia clinica di durata non superiore a 10 –12 anni dopodichè vanno sostituite con risultati molto più deludenti [durata non superiore a 5 anni ] per poi richiedere una definitiva artrodesi [fissazione chirurgica della articolazione] coxofemorale con Chiodo Endoarticolare rendendo il giovane paziente nell’arco di circa 15 anni un grande invalido[secondo tabelle INPS > 80 % con diritto ad assegno di accompagnamento …..].


 

In vero in letteratura scientifica meno accreditata [ Campbell] molti autori ritengono di intervenire precocemente anche su soggetti giovani perché con considerano invalidante tale trattamento [ artrodesi dell’anca ] anche in soggetti giovani indipendentemente dalla loro attività lavorativa che poi con lunghe e costose vertenze giudiziarie dovrebbe essere con l’ausilio di esperti e giudici competenti in materia [ giudici civili del lavoro ]  nuovamente indirizzata in funzioni delle modificate  attitudini psicofisiche del giovane lavoratore [ in genere con suo passaggio a mansioni amministrative da tavolino contabili  ……. e non di sopralluoghi  ] .

Comunque le protesi articolari sembra che durino maggiormente se non si usano cementi ma permettendo alle leghe metalliche od al metallo semplice di fondersi con l’osso tramite materiale rugoso che permette l’attecchimento della protesi con l’osso .

Oggi però la medicina come all’epoca Greco – Romana [ Epicuro– Ippocrate – Socrate  etc..] ed ai tempi della medicina ebraica e mosaica [ Deuteronomio – Levitico etc..] si avvale per tale patologia soprattutto della medicina preventiva , soprattutto per la coxartrosi si cerca di evitare di arrivare a stadi avanzati di malattia che richiedono necessariamente il ricorso alla chirurgia ortopedica cruenta …..  e castigatrice.

Dunque ricapitolando possiamo affermare che la artrosi è una patologia ad eziologia in parte sconosciuta ovvero in molti casi la diagnosi eziologica rimane misconosciuta perché occultata criminosamente da segreti di stato o taciuta per motivi religiosi e morali ….. ; comunque la coxartrosi riconosce cause patogenetiche endogene ed esogene , essa comporta una degenerazione cronica progressiva e non flogistica della articolazione nella maggior parte dei casi, da qui la inefficacia della terapia medica con antinfiammatori [ FANS] .

In taluni casi abbiamo una flogosi aspecifica [ batterica da gonococchi – streptococchi etc.. ] o specifica [ TBC- LUE] con degenerazione fibrillare della cartilagine articolare e della capsula fibrosa , abbiamo ipertrofia della sinoviale , formazione di geoidi ed Osteofiti .

Le forme cliniche più frequenti epidemicamente sono quelle post –traumatiche o secondarie a sublussazione congenita dell’anca , possono essere le coxartrosi anche secondarie a patologie congenite e\o acquisite delle strutture portanti dell’apparato locomotore [ lesioni delle articolazioni  caviglia – piede e della colonna vertebrale ] oppure possono conseguire a patologie sistemiche [ autoimmuni ] od acquisite come il morbo di Perthers.

Si avrà in tali pazienti idrartro per la eccessiva produzione endoarticolare di liquido sinoviale da parte della membrana sinoviale ipertrofica ; la terapia medica in alcuni casi si avvale di vitamine [ osteoporosi del climaterio - osteommalacia da malnutrizione :Vit. D- E etc..] , abbiamo poi la terapia radiante dai dubbi risultati clinici e quella chirurgica che va eseguito nel rispetto di principi etici della coscienza incorruttibile e della scienza teorica e pratica INCONFUTABILE.

Oggi comunque taluni autori attribuiscono anche alla chirurgia ortopedica un ruolo significativo nella prevenzione di tale temibile affezione soprattutto quando conseguenza di correggibili malformazioni o altre patologie  delle strutture portanti dell’apparato locomotore [ fratture – piede torto congenito – lussazione congenita dell’anca -  epifisiolisi – ernie del disco – spondilosili e\o spondilolistesi etc.. ] .


 

In passato prima dell’avvento delle protesi la terapia chirurgica della coxartrosi si avvaleva delle osteotomie eseguite secondo Perthers noto e storico ortopedico Chirurgo [ osteotomia di scorrimento  laterale del femore a becco di Flauto…. ] ; l’autore consigliava osteotomie di centramento o cemtrazione con cui si centra la testa del femore nel cotile così da equilibrare i carichi , tale tecnica trova valida indicazione nelle forme di patologia non anchilosanti in cui si osserva osteodeformazione del collo anatomico del femore ed accorciamento dell’arto [ Tecnica di allungamento dell’arto leso ].

Altri interventi tentati nel passato erano quelli finalizzati ad evitare la contrattura muscolare con deformazione ed accorciamento osseo che facilita la degenerazione articolare comprimendo i capi articolari ovvero esercitando sulla articolazione una pressione che si aggiunge al carico .

Ancora oggi come nel passato quando non si può ricorrere alle osteotomie né alle sostituzioni cn protesi si opta per la invalidante artrodesi [ immobilizzazzione e fissazione chirurgica della articolazione] ; con tale tecnica si fissa con viti o chiodi articolari la articolazione patologica creando una anchilosi chirurgica  che ovvia al dolore funzionale conseguente alla motilità deambulatoria .


 

Oggi con l’avvento delle protesi  si sono anche perfezionate le tecniche chirurgiche e le strategie di trattamento della affezione  soprattutto in campo riabilitativo conservativo , a tale uopo oggi si ricorre alle artrotomie risparmiando i muscoli che successivamente serviranno alla protesi o meglio alla articolazione artificiale .

Quando i cotile risulta usurato e poco ossificato si pone nel suo interno un anello di sostegno e di rinforzo che evita insuccessi terapeutici e consente una maggiore durata funzionale del trattamento chirurgico.


 

FRATTURE DEL GINOCCHIO


 

Comprendono quelle della rotula , dell’estremo distale del femore ed estremo prossimale della tibia ; anche le fratture sovracondiloidee del femore sono considerate fratture del ginocchio pur essendo extraarticolari , se attutto ciò si associa frattura condiloidea ed allora si parla di frattura del ginocchio vera e propria [ extra ed intrarticolare] .

Conseguono a forti traumi [ pressione > 70-80 Kg]  con flessione dell’estremo distale per la contrazione dei muscoli gemelli ; il frammento prossimale  invece  in genere si sposta in avanti per la azione del muscolo quadricipite femorale.

Quando gli spostamenti sono gravi si hanno anche lesioni capsulo – legamentose del ginocchio , inoltre si associano anche lesioni del nervo sciatico e dei vasi poplitei per azione del frammento distale .

Il frammento prossimale invece può esporsi fuori dei tegumenti tranciandoli ; raramente possono essere fratture anche intrarticolari intercondiloideee quasi sempre associate a lesione dei legamenti crociati [ fratture complesse ed associate del Ginocchio classiche degli sciatori , lottatori e dei calciatori = entrata a forbice sulle gambe o sul ginocchio etc.. quando l’atleta ha peso > di 80 Kg ] .


 

La trazione di tali fratture viene  eseguita con fili di Kirshner per trazione ; questo filo deve essere correttamente indirizzato quando sparato con pistole ad aria compressa per via transossea onde evitare lesioni del nervo sciatico posto medialmente nel cavo del poplite mentre lateralmente ad esso si trovano i vasi poplitei i quali anche devono essere con diligenza risparmiati quando si sparano per via percutanea fili di Kirshner per trazione con ago a punta lanceolata .

Le fratture dei condili del femore possono essere mono o bilaterali [ bi o monocondiloidee] ; inolotre esse riguardano la base , la parte laterale o mediale del ginocchio ; a volte il femore con la sua diafisi penetra tra i suoi due condili epifisari che si distaccano e divaricano completamente .

Gravi se non gravissime sono le fratture pluriframmentarie del ginocchio che possono causare lesioni dei vasi o della capsula e legamenti dell’articolazione del ginocchio .

Le fratture basicondiloidee non interessano la rima articolazione [ extrarticolari ] del ginocchio ; esse possono interessare uno o entrambi i condili e dunque essere anche intrarticolari .Le fratture bicondiloidee possono essere a T [intrarticolari ] o a V e dunque extrarticolari ;quando tali fratture non possono essere curate con tecnica incruenta si ricorre alla osteosintesi cruenta con placche le quali nel passato di frequente cagionavano anchilosi del ginocchio la quale necessitava poi di sostituzione del ginocchio con protesi artificiale .


 

Oggi si usano lame-placche sottili come per l’omero del braccio che si avvitano o meglio di fissano con viti da spongiosa le quali evitano al frammento inferiore o distale di ruotare e nel contempo non causano la anchilosi permanente ed invalidante della articolazione del ginocchio .

Il trattamento delle fratture pluriframmentarie deve essere molto accurato ossia peritale , prudente e diligente per cui è appannaggio dell’ortopedico specialista e con consolidata esperienza clinica in materia ; bisogna in tale caso non escludere dal trattamento qualche frammento che reso avascolare può andare incontro a necrosi .

In tali casi spesso drammatici il buon clinico ortopedico deve valutare anche in urgenza assoluta e\o differita [emergenza ] se sussiste la indicazione di principio o di necessita alla sostituzione protesica diretta della articolazione del ginocchio onde anche paventare il rischio non ammesso di insuccesso terapeutico chirurgico o la complicanza temibile di lesioni vascolari che porterebbero alla amputazione dell’arto leso e\o la meno temibile complicanza di una anchilosi del ginocchio che comunque potrebbe in second look [ in secondo tempo di revisione ] essere trattata con protesi artificiale  metallica il lega  del ginocchio .

In presenza di osteoporosi massiva come spesso presente in donne dopo il climaterio per fattori endocrini ,se le rime articolari della articolazione del ginocchio sono integre possiamo anche trattare la frattura in maniera incruenta [trazione – riduzione ed immobilizzazione in apparecchio gessato o tutor] .

Le fratture della estremità distale della tibia [ spesso dello sportivo o dell’atleta ed associate a fratture del perone] possono riguardare la eminenza intercondiloidea ma le fratture del ginocchio sono la regola nelle fratture della estremità prossimale della tibia che riguardano il piatto tibiale nonché le fratture con distacco delle tuberosità tibiali anteriori .

A loro volta esse sono distinte , le prime in totali , tubercolari e della epifisi distale , le seconde in interne , esterne  e basilari bituberositarie .

Tali fratture anche esse possono portare a lesioni articolari che evolvono poi verso la artrosi del ginocchio dell’anca e l’ernia dei dischi vertebrali [ L4- L5; L5-S1] ; possiamo poi avere le fratture miste od associate che possono interrompere uno od entrambi i piatti articolari in modo totale o parziale causando  artrosi invalidante.

Inoltre tali fratture possono comportare lesioni meniscali , rottura del piatto laterale della tibia e della testa del perone con affossamento del femore nel ginocchio ; il più delle volte [ 80-90 %] tali gravi lesioni evolvono verso la artrosi invalidante [ vedi caso Epicuro ottuagenario ] .

Per fare corretta e precisa diagnosi bisogna sempre eseguire 2 radiografie in proiezioni classiche Antero  - Posteriore [A-P] e latero – laterale [ L-L] che devono sempre essere associate ad un accurato esame clinico soprattutto se si tratta di paziente anziano , vecchio ottuagenario o politraumatizzato .

Oggi tali gravi e complesse situazioni cliniche vengono risolte con la collocazione di placche avvitate che ripristinano la integrità delle rime ossee fratturate ; nei bambini per la presenza delle cartilagini epifisarie di accrescimento abbiamo rara incidenza di fratture pure , frequenti invece sono i distacchi epifisari del ginocchio e le fratture distacco epifisarie le quali comportano lesioni gravissime delle cartilagini di accrescimento e dunque alterata crescita dell’arto leso soprattutto se erroneamente trattato .

Le fratture della rotula possono essere parcellari o comminute , della base e dell’apice , trasversali con o senza spostamento dei frammenti ; lo spostamento dei frammenti è molto frequente ed è dovuto a traumi indiretti ; quelle a più frammenti [ comminute ] e longitudinali sono altri tipi di frattura della rotula.

Come sopra specificato nelle fratture della rotula trasversali con spostamenti  si riconosce come eziologia traumi indiretti  cioè traumi che hanno agito in zone diversa da quelle dove rilevata la lesione [ frattura] .

Questi traumi conseguono alla energica e fulminea contrazione del muscolo quadricipite femorale che pone la rotula sotto tensione ; abbiamo poi le fratture dirette da cadute più spesso pluriframmentarie o comminute ; i frammenti dell rotula si allontana e\o si ruotano in avanti per la contrazione riflessa dei muscoli che su di essa si inseriscono [quadricipite femorale e tibiale anteriore] .


 

Le zone fratturate sono rese irregolari dal legamento rotuleo in basso e dal quadricipide in alto ; bisogna in tali casi subito ridurre la frattura con fili di Kirshner ed immobilizzare la articolazione del ginocchio onde evitare la insorgenza di una pseudoartrosi .

Per evitare tale temibile ed invalidante complicanza bisogna sempre intervenire chirurgicamente sulla rotula ; complicanze frequenti sono un emartro e la esposizione dei frammenti ossei fratturati spesso preludio di una osteomielite con artrite e dunque anchilosi del ginocchio [ blocco funzionale non chirurgico della articolazione ] che impone di frequente un intervento di ARTRODESI [immobilizzazione chirurgica  con blocco funzionale del ginocchio].

La immobilizzazione cruenta della rotula si effettua col cerchiaggio percutaneo e transosseo dell’osso fratturato effettuato con fili di Kirshner oppure con la patellectomia in caso di lesioni comminute pluriframmentarie e sutura diretta con o senza plastica dei due legamenti che sulla patella o rotula si inseriscono .

Nei distacchi legamentosi si può anche ricorrere a sutura diretta con la rotula ; negli altri casi si può ricorrere alla flangia di trazione creando dei tunnel nei capi ossei fratturati.


 

Infine si collocano fili di Kirshner [ fini fili di acciaio che fungono da flangia e vengono infissi con portaghi robusti da sterno o con pistole ad aria compressa ]  che fungono da flangia di trazione con cui si avvicinano le rime fratturate quando il ginocchio si flette ovviando al distacco delle rime fratturate e avviando il processo di guarigione indisturbato con formazione di callo osseo in brebe tempi di immobilizzazione della articolazione [ 15-21 gg ] .


 

Memorandum :


 

Fratture ginocchio :

Fratture Femore :

Fratture Tibia :

  1. Della eminenza intercondiloidea
  2. Del piatto articolare
  1. della tuberosità anteriore

Fratture Rotula:

Fratture complesse :

TRAUMI DEL GINOCCHIO


È questa una articolazione formata dalla rotula , condili femorali e piatti tibiali ; a tali strutture ossee si associano muscoli e legamenti ; di questi ultimi i principali sono quelli crociati [anteriore e posteriore ] ed i collaterali [ laterale e mediale ] . La saldezza  e l’equilibrio ergonomico della articolazione sono potenziati dalla capsula articolare e da strutture tendinee che permettono la difesa dalle lesioni ed una fisiologica mobilità articolare.

Lateralmente e medialmente il piatto tibiale è ovalizzato dalle importanti strutture meniscali che stabilizzano la articolazione ; i legamenti collaterali vanno dai condili femorali alla tibia ; i menischi sono di natura fibrocartilaginea adesa alla tibia ; quello laterale ha la forma di una O mentre quello mediale la forma di una C , essi sono vascolarizzati per cui qui possiamo eseguire suture chirurgiche [ oggi eseguite a cielo coperto per via artroscopica ]  che guariscono con rapida cicatrizzazione e restitutio ad integrum per cui si preferisce non più asportarli col rischio di destabilizzare l’assetto ergometrico della articolazione anche se ancora oggi alcuni autori tradizionalisti preferiscono resecare le parti di menisco lesionate invocando il rischio di una degenerazione gonartrosica a seguito della loro sutura chirurgica anche se eseguita con tecnica mininvasiva [ artroscopica ] ; ancora oggi non esistono studi controllati ovvero trials clinici a chiarimento di tale diatriba medicale .

Spesso in traumatologia domestica o sportiva possiamo avere distorsione del ginocchio da fattori traumatici che ledono i menischi della articolazione del ginocchio  ; di solito essi sono lesi da traumi indiretti che portano in genere ad un emartro per la rottura di strutture riccamente vascolarizzate  come i menischi ed i legamenti [ lesioni associate o complesse legamentose meniscali ].

L’emartro viene rilevato e valutato nella sua gravità clinica col segno del ballottamento della Rotula ; il paziente si presenterà con dolore nella zona esterna [ laterale ] od interna [ mediale ] della articolazione etc… in funzione del tipo di lesione riportata .

In tale caso si fa diagnosi di distorsione per cui si deve immobilizzare e fasciare il ginocchio in tutor a gambaletto con guarigione nei casi più favorevoli e benigni entro 8-10 gg [ riposo funzionale immobilizzando la articolazione prossimale coxofemorale e distale tibiotarsica  del ginocchio ] ; infatti tali distorsioni possono non avere esito nè determinare postumi nei casi a prognosi fausta oppure possono esitare lesioni meniscali che inizialmente passano asintomatiche ovvero non danno segni clinici di se perché inizialmente le lesioni sono molto piccole di dimensioni e non sono sottoposte a carico .

L’intervallo libero senza segni clinici di lesione meniscale può variare da mesi ad anni durante i quali le lesioni dei menischi progrediscono e portano alla formazione di un idrartro cronico recidivante  formato da liquido sinoviale che cagiona dolore della emirima del menisco leso  .

Il paziente percepisce una instabilità del ginocchio che si accentua nel compiere sforzi fisici ; si può in alcuni casi più gravi avere un blocco della articolazione del ginocchio [ Blocco funzionale meniscale ] con dolore violento , tale blocco evita la estensione della articolarazione mentre consente una flessine libera senta dolore [ antalgica ] .

Tali pazienti vanno visitati diligentemente eseguendo la manovra di rotazione esterna ed interna del ginocchio con cui si sollecitano meccanicamente i menischi ; tali manovre possono essere associate a trazione e\o pressione per impegnare i muscoli tra femore e tibia .

Possiamo anche eseguire una pressione [ palpazione ] della emirima interessata dal dolore con cui però difficilmente possiamo fare diagnosi di sicurezza di lesione meniscale .

Per tale scopo si ricorre ad indagini strumentali come la artrografia con mezzo di contrasto  , oggi andata in disuso, , il m.d.c. penetra nel contesto meniscale oppure possiamo ricorrere ad una metodica relativamente più cruenta quale la artroscopia utilizzando fibre ottiche .

Quando si è fatta diagnosi di sicurezza si ricorre alla soluzione chirurgica eseguendo una meniscectomia ed in casi selezionati [ Misasi – Marinò ] una sutura microchirurgica meniscale [ Raffia Meniscale] .

I blocchi articolari non meniscali possono essere totali e non permettono alcuna escursione motoria della articolazione a differenza dei blocchi meniscali .

Esistono vari tipi di lesioni  meniscali ; la loro asportazione con tecnica tradizionale a cielo aperto prevede la esecuzione di piccole microincisioni , apertura della capsula articolare , dunque il menisco viene asportato dopo aver sezionata la parte lesa [ trattamento tardivo della lesione ] .

In passato si eseguivano asportazioni totali di tali strutture con artrodesi [ fissazione chirurgica della articolazione ] ; oggi per evitare tale invalidante trattamento chirurgico si ricorre anche alla sutura microchirurgica dei menischi in casi selezionati [ soggetti giovani , atleti con lunga spettanza di vita sana e lunga e redditizia aspettativa di vita produttiva ] .

Le microsuture vanno eseguite a minimo 5 mm di distanza tra di esse , oggi si eseguono con tecnica artroscopica mentre nel passato bisognava a cielo aperto agire utilizzando sistemi ottici di ingrandimento [ occhiali binoculari di ingrandimento a 5x] .

Possiamo oggi anche eseguire asportazioni parziali  o murali del Menisco nel contempo evitando la temibile et invalidante artrosi del ginocchio [ gonartrosi ] che richiederebbe poi trattamento protesico .

Dopo la asportazione parziale del lembo di menisco leso si può ricorrere o meno alla immobilizzazione della articolazione del ginocchio ; infatti il decorso clinico post operatorio non cambia e non viene inficiato da tale provvedimento e presidio terapeutica anzi si preferisce oggi evitare il carico al paziente per almeno 8-10 giorni ma favorire una precoce riabilitazione funzionale postoperatoria della articolazione .

Il paziente già dopo circa 7-8 giorni può tornare alla normale deambulazione e già dopo circa 10-15 giorni [ 2 settimane] se atleta può essere riavviato alla attività sportiva .

Le lesioni dei legamenti conseguono a gravi traumi diretti e\o indiretti  [sportivi, incidenti stradali , domestici , infortuni sul lavoro etc.. ] ; sono interessati i legamenti crociati e\o collaterali ; se si associa una lesione dei menischi abbiamo la classica triade Maligna [ Misasi e Marinò ] con stress in valgismo o varismo .

Nel trauma del ginocchio atteggiato in ipervalgismo avremo la classica triade maligna con lesione dei crociati anteriori e\o posteriore menisco laterale e collaterale mediale [ caso Nesta ]; Nel trauma del ginocchio atteggiato in ipervarismo avremo invece la classica triade maligna con lesione dei crociati anteriori e\o posteriore menisco mediale e collaterale laterale [ classica negli sciatori ] .

Quando a tale triade si associa lo stiramento del nervo sciatico e fluttuazione del ginocchio [ sciatori e motociclisti ] avremo la classica Pentade Maligna .

Radiograficamente possiamo fare diagnosi di lesioni riproducendo lo stress che ha causato il danno articolare ; in tali casi avremo clinicamente la presenza di dolore , emartro e functio lesa .

Clinicamente possiamo fare diagnosi di lesione legamentosa con manovre cliniche [ cassetto per i crociati  etc.. ] che riproducono lo stress cioè determinando ipervalgismo o ipervarismo della articolazione facendo leva sull’avambraccio dell’esaminatore . Se si sospetta una lesione del legamenti crociati si procede alla manovra del cassetto traendo anteriormente e posteriormente il ginocchio che normalmente è immobile , se invece si muove di un centimetro si parla di lesione di 1° grado ; 2 cm = cassetto di 2° grado  , > di 2 cm. cassetto di 3° grado .

La manovra del cassetto va eseguita ponendo i pollici sotto la rotula sulla tibia e le altre dita posteriormente alla articolazione del ginocchio sul polpaccio ; i cassetti positivi possono essere anteriori e\o posteriori  a seconda dei legamenti interessati .

La terapia in tali casi sarà sempre  chirurgica e volta ad evitare la instabilità della articolazione che tende a far cadere i pazienti ; in genere manca il dolore se non sono lesionati i menischi . a tale proposito bisogna ricordare che per tali lesioni dei legamenti crociati esiste un vasto repertorio di interventi chirurgici , ma i più frequenti ed in auge risultano quelli di ricostruzione oggi eseguiti per via artroscopica e dunque con tecnica videoassistita e mininvasiva .

I legamenti avendo un circolo vascolare terminale devono essere suturati entro le 24-48 ore dal trauma anche per evitare una loro retrazione che rende molto difficoltoso repertarli senza eseguire vaste incisioni chirurgiche , dopo tale periodo di tempo inoltre essi vanno incontro a rapida ed irreversibile atrofia degenerativa  che richiedono complesse tecniche di ricostruzione plastica e microchirurgica.

In tali drammatici e catastrofici casi si deve ricorrere a tecniche di ricostruzione con protesi o materiale protesico biologico od artificiale [ non biologico ] formate da materiale resistente ed inerte che non da reazione granulomatosa da corpo estraneo per cui deve essere dotato di cariche elettrostatiche esterne negative [ legamenti di cadaveri e\o bovini liofilizzati per renderli inerti : interventi di Chanet Joe 0 sutura di legamenti con protesi biologica] .

La Protesi biologica autologa viene confezionata  con tecnica microchirurgica prendendo il legamento o meglio il tendine rotuleo pretibiale ed usandolo per la ricostruzione del legamento crociato leso ; le lesioni dei legamenti crociati posteriori sono più rare di quelle dei crociati anteriori ed in esse si esegue lo stesso intervento in modo inverso ovvero disinserendo il tendine per la ricostruzione dal lato della rotula che in alcuni casi può anche essere asportata se i legamenti crociati anteriori danno garanzia di tenuta .

Si scolpiscono con trapani . in tali casi , due canali ossei , uno nella tibia e l’altro nel condilo femorale nei quali si tunnellizzando cioè si fanno passare i pezzi di tendine che possono anche derivare dal muscolo gracile della zampa d’oca o dal semimembranoso .Il tunnel nelle due ossa viene eseguito col compasso di  SMILE … .


 

SINDROME DELLA FOSSA SOVRACLAVICOLARE


Può essere causata da un tumore dell’apice polmonare ed in quel caso viene definita Sindrome di Ciuffini Pancoast la quale si manifesta con le classiche dita a bacchetta di tamburo [ Ippocratismo digitale  in caso di tabagismo ] ed unghie a vetrino di orologio .

Una simile sindrome può conseguire anche a tumori laringei e\o mediastinici oppure ad aneurismi dell’arteria succlavia i quali possono spesso essere essi stessi una conseguenza delle malformazioni ossee dell’egresso toracico superiore che causano stenosi emodinamicamente significative del vaso che degenera in aneurisma [Outlet Thoracic Syndrome ] .

Dunque anche cause ortopediche possono causare ciò ; tale sindrome è caratterizzata da una serie di segni e sintomi che interessano la fossa sopraclavicolare delimitata da strutture vascolari e nervose nonché scheletriche e muscolari.

In avanti la fossa presenta la clavicola in basso la 1° costola , posteriormente la spina della scapola , nella parte mediale abbiamo la apofisi trasversa della 2° vertebra cervicale posteriormente e dal corpo della 7° vertebra anteriormente , lateralmente abbiamo l’acromion e la articolazione scapolo omerale .

I gruppi muscolari superficiali sono lo sternocleidomastoideo , gli scaleni anteriormente  , mentre posteriormente il muscolo trapezio ; tali strutture muscolari sono attraversate da struttura vascolo nervose ossia arteria e vena succlavia e fasci nervosi che derivano dalle radici C6 –C8 del plesso brachiale di cui concorrono nella formazione .

Abbiamo poi una ricca rete gangliare per cui patologie a carico di tale zona anatomica o meglio di tali strutture anatomiche rappresentano la noxa patogena che causano tale sindrome clinica ; le patologie disco articolari e\o disco radicolari delle vertebre cervicali causano cervico  brachialgie che non vanno incluse tra i sintomi della sindrome della fossa sopraclavicolare secondo molti autori accreditati in letteratura scientifica internazionale .

La diagnosi differenziale si basa sulla dimostrazione di un coinvolgimento di una patologia delle strutture disco radicolari del rachide cervicale ; se non sono coinvolte ali strutture non avremo rigidità del collo che ci consente di fare d.d. .[ dx differenziale ].

Le varie componenti anatomiche della fossa sopraclavicolare possono tutte causare tale sindrome ; ad esempio una frattura classi dei motociclisti e degli atleti [ lottatori – giocatori di Rugby etc.. ] può causare tale sindrome per compressione della arteria e\o vena succlavia o del plesso brachiale ; lo stesso discorso vale er le fratture dell’acromion; anche una patologia malformativa della 5° e\o 7° vertebra cervicale come per le vertebre lombari possono comportare tale sindrome quando avremo una apofisi spinosa più verticale o apofisi trasverse con costole soprannumerarie [7°vertebra cervicale più di frequente , 6° e à vertebra cervicale raramente] .

Di solito si tratta di malformazioni bilaterali ma in taluni casi sono anche monolaterali ; raramente possiamo avere coste soprannumerarie anche c\o la 6° vertebra cervicale , queste sono corte [ pochi centimetri ] ma possono anche avere lunghezza media ed appaiono fluttuanti oppure possono essere lunghe e si fondono con la 1° costa  .

Tali strutture anomale ed intruse possono scatenare un conflitto con le strutture contenute nella fossa sopraclavicolare ; possiamo avere lesioni vascolari , nervose e miste a seconda delle strutture compresse .

Tale sindrome può aversi anche in caso di megapofisi della 7° vertebra cervicale che presenta che presenta coma sopra enunciato una apofisi spinosa  verticale come le vertebre lombari e più grande e robusta come quella delle vertebre toraciche ; tale malformazione può anche non dare sintomatologia per un fenomeno di adattamento tollerato  e che dunque può sussistere entro certi fisiologici limiti di tolleranza.

Le costole cervicali sono presenti fina dalla nascita  ma la loro sintomatologia compare e colpisce soprattutto soggetti di sesso maschile in età compresa tra i 15 ed i 20 anni per la riduzione del tessuto connettivo che comincia talvolta precocemente dopo la pubertà ovvero per le attività sportive agoniste  e\o lavorative che scatenano e slatentizzano la pericolosa ed invalidante sindrome .

La sindrome può essere causata anche dalla retazione del muscolo scaleno anteriore [ Sindrome dello scaleno anteriore ] che porta ad una compressione vascolo nervosa con fenomeni Raynoud Like [ Simili al fenomeno di Raynoud ] nonché a cervicobrachialgie che si distinguono da quelle di origine vertebrale [ d.d. ] per la mancanza della rigidità nucale reattiva od antalgica .

Inoltre tali cervicobrachialgie da sindrome dello scaleno anteriore non scompaiono col riposo del paziente e si manifestano come un dolore ottenebrante a differenza delle brachialgie discali in cui abbiamo una decompressione delle radici dei nervi spinali assumendo una posizione di riposo supina .

Dunque i sintomi di tale sindrome possono essere misti con dolore ottenebrante che non si modifica a riposo o variando il decubito e che interessa o meglio si irradia nelle sedi servite dal nervo radiale , mediano e\o ulnare per irritazione prima del plesso brachiale e per una compressione poi nelle fasi successive avanzate del processo morboso .

Avremo dunque riduzione della attività dei muscoli innervati dal plesso brachiale [ ipotrofia dei muscoli lombricali della mano con mano ad artiglio o da ragno : dita affusolate] ; possiamo inizialmente avere parestesie ed anestesie e poi paralisi per sezione dei plessi e tronchi nervosi che decorrono nella fossa sopraclavicolare [ fratture di coste cervicali , clavicola , traumi da parto con paralisi ostetriche  etc.. ] .

I sintomi vascolari consistono nella perdita della vaso regolazione nei distretti irrorati dai vasi succlavi ; in caso di irritazione avremo un vasospamo con riduzione del flusso ematico , in caso di compressione possiamo avere un aneurisma della arteria succlavia come di sovente avviene anche a livello del poplite dove la patologia aneurismatica va trattata correggendo il difetto ortopedico [ in genere cisti sinoviali ] e non  eseguendo un pontaggio vascolare che potrebbe compromettere irreversibilmente la vascolarizzazione dell’arto che in caso di insuccesso dell’intervento di chirurgia vascolare verrebbe amputato .

Per fare diagnosi corretta bisogna ricorrere dopo un valido esame clinico del paziente ad esami strumentali anche invasivi ; l’esame clinico si basa soprattutto sulla anamnesi del paziente , sull’esame obbiettivo con la  valutazione del polso dell’arteria radiale [ sincronia con la rivoluzione cardiaca  e soprattutto simmetria con quello controlaterale ] e delle sedi di irradiazione del dolore .

In seguito si ricorre ad una RX del torace in proiezione A-P ; si eseguono poi esami elettromiografici [ EMG] , la pletismografia , un doppler da preferire ad un più costoso e meno attendibile, in tale caso, ecocolordoppler dei TSA [tronchi sopraortici ] ; utile può essere la teletermografia .

Con quest’ultima metodica si evidenzia la scarsa irrorazione dei distretti interessati e con essa ci è permesso di valutare la prognosi della sindrome ed effettuare il monitoraggio della sua evoluzione clinica ; oggi possiamo anche ricorrere ad una arteriografia selettiva con mezzi di contrasto che evidenziano la occlusione del vaso interessato e la eventuale causa della sua stenosi od ostruzione .

Terapia

Dopo aver fatto diagnosi si rimuove la causa della sindrome asportando la costola cervicale e resecando il muscolo scaleno anteriore così da annullare il conflitto che sussiste tra contenente e contenuto ; in tale modo oggi si possono ottenere positivi ed efficaci risultati clinici purché però si intervenga precocemente ossia prima che subentrano irreversibili paralisi .

In caso di aneurisma della arteria succlavia questo può essere risolto con la tecnica di Mattas, cioè avvolgendo l’aneurisma con fasce [ fasciatura dell’aneurisma come tecnica conservativa ] , in caso di insuccesso di tale antica tecnica si può procedere con tecniche mininvasive endovascolari [ posizionamento di endoprotesi vascolare in PTFE] .

Il muscolo scaleno anteriore si trova sotto o meglio dietro la fascia cervicale media adesa tra i due margini mediali dei muscoli sternocleidomastodei ; anteriormente a tale muscolo e dietro la fascia cervicale media troviamo il nervo frenico che nel corso di intervento chirurgico in tale distretto anatomico deve essere risparmiato  così come il muscolo laringeo inferiore ed il suo nervo ricorrente [ nervo ricorrente interiore ] onde evitare una grave paralisi del diaframma con alterazione della dinamica respiratoria del paziente ovvero una invalidante grave afonia da paralisi delle corde vocali omolaterali .

La arteria e la vena succlavia decorrono tra muscolo scaleno anteriore e medio per cui una retrazione del muscolo scaleno anteriore comporterà una loro compressione ; il segno clinico di Addsonconsiste nella riduzione fino alla scomparsa del polso radiale del paziente facendogli ruotare il capo dal lato opposto a quello dove è presente la patologia compressiva dell’egresso toracico superiore [ Outlet Thoracic Syndrome] .

Il segno di Chinozzi invece si rileva facendo sollevare in iperestensione il capo del paziente ed invitandolo ad una inspirazione forzata ; tale manovra comporta la scomparsa del polso radiale dal lato della patologia compressiva [Sindrome della fossa sopraclavicolare ].

Infine abbiamo il segno di Wrigth in cui si rileva una insufficienza vertebrobasilare [ Drop Attack ] da sindrome compressiva bilaterale della fossa sopraclavicolare quando il  paziente viene invitato ad alzare il braccio atteggiato a saluto fascista e\o Hitleriano ; il fenomeno è legato alla compressione della arteria succlavia da cui originano le arterie vertebrali con le mammarie interne ed il tronco tireocervicale [ parte prescalenica ] mentre il tratto retroscalenico da origine al ramo costo cervicale e di sovente in variante anatomica le arterie vertebrali , Dal tratto post scalenico prende origine solranto la arteria trasversa posteriore del collo .

Dunque concludendo possiamo affermare che nella sindrome della fossa sopraclavicolare i segni ed i sintomi clinici possono conseguire ad una irritazione, compressione e\o interruzione delle strutture vascolo nervosequi presenti ; le indagini strumentali in tali casi devono essere eseguite a solo a seguito di un attento ed orientativo esame clinico del paziente .

Per valutare la prognosi della patologia e  monitorare la terapia decompressiva si somministrano in casi selezionati farmaci vasodilatatori che se risolvono la situazione e condizione clinica indicano che è indicata una terapia chirurgica per la decompressione terapeutica dalla efficace attesa clinica.

Note di tecnica chirurgica

Quando si deve intervenire sulle vertebre cervicali si preferisce accedere per via anteriore tramite cervicotomia trasversale estetiaa lungo le linee di Langhans [ a collaretto di Kocher ] o longitudinale lungo il margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo che viene divaricato lateralmente [ incisione che spesso esita in risultati estetici e funzionali deludenti se non catastrofici  per la retrazione cicatriziale post chirurgica  etc…] ; in caso di costa soprannumeraria alta [ 6° vertebra cervicale Tubercolo di Chassignac della apofisi trasversa punto di repere della carotide comune …] per rendere meno pericoloso l’intervento ovvero per evitare lesioni carotidee si preferisce un accesso tramite incisione lungo il margine posteriore del muscolo sternocleidomastoideo [ cicatrice qui nelle donne coperta dai lunghi capelli] , tramite l’accesso retrosternocleidomastoideo si divarica medialmente il muscolo con il fasco vascolonervoso del collo [ Arteria carotide comune – Vena giugulare interna e nervo Vago ] che in tale modo vengono protretti da lesioni iatrogene , purtroppo spesso tale accesso posteriore al muscolo richiede una sua sezione perché copre il campo operatorio rendendo difficoltoso l’accesso alle vertebre cervicali su cui si deve agire con osteotomia delle coste in soprannumero ovvero patologiche .


Memorandum :


Rami della arteria succlavia :

  1. arteria mammaria interna o toracica interna
  2. Tronco tireocervicale [ arteria tiroidea inferiore e arterie intercostali 1° e 2° anteriori ]
  3. Arteria Vertebrale [ non costante ]
  1. Tronco costo cervicale [arterie intercostali 1° e 2° posteriori  ]
  2. Arteria Vertebrale [ non costante ]
  1. Arteria trasversa posteriore del collo
     

LUSSAZIONE CONGENITA DELL'ANCA


In caso di lussazione congenita dell’anca se non si interviene precocemente si cagiona un danno gravissimo invalidante e permanente in genere in una giovanissima paziente di sesso femminile in quanto la condizione clinica congenita se non precocemente e adeguatamente corretta diviene irreversibile per tutta la vita .

La articolazione dell’anca permette movimenti di flesso estensione , adduzione , abduzione e rotazione [ interna et esterna ] dell’arto inferiore.

Tale articolazione per durare nel tempo dal punto di vista funzionale deve essere anatomicamente integra altrimenti si avrà una distribuzione alterata o meglio non uniforme dei carichi con distruzione della cartilagine articolare ed esposizione delle ossa che cagiona dolore gravemente invalidante e limitazione funzionale fino al blocco della articolazione essenziale per la deambulazione e dunque per una vita di relazione autosufficiente.

La testa del femore ha un angolo di inclinazione di circa 120 C° il quale se alterato causa valgismo o varismo della coscia ; i muscoli estensori dell’anca sono i glutei mentre il principale flessore è l’ileopsoas.

Patologia non traumatica dell’anca può essere congenita e\o acquisita ; le patologie congenite sono :

Alla nascita la testa del femore si presenta di natura cartilaginea ; essa si articola con l’acetabolo tramite il legamento della testa del femore ed un cercine cartilagineo detto Limbus importante nella patogenesi della lussazione congenita dell’anca [ generalmente ereditaria ] .

In Italia su circa 60 milioni di abitanti si contano circa 600.000 casi di coxartritici [ coxartrosi ] ovvero la patologia affligge epidemicamente oltre l’1% della popolazione di cui il 60 % sono congeniti e dunque ereditari .

In un bambino , epidemicamente con alta frequenza di sesso femminile , nato lussato la testa del femore è grande ovvero ha le dimensioni del legamento mentre il Limbus si ripiega nell’acetabolo cagionando chiusura del cotile da parte di tessuto connettivo lasso detto PULVINAR.

Tale patologia così descritta è di rara osservazione alla nascita mentre epidemicamente risulta più frequente la displasia cioè la fase iniziale e subdola della malattia che se non trattata adeguatamente e precocemente porterà alla lussazione vera e propria; numerosi fattori razziali ed abitudini di vita sono alla base della distribuzione [ Trend epidemico ] geografica della malattia o meglio patologia congenita;  il sesso femminile è quello maggiormente colpito ed invalidato; nel 47 % dei casi è bilaterale e ciò lascia supporre che la patologia dipende da qualche variante anatomica nella vascolarizzazione del distretto anatomico interessato dalla patologia [ assenza congenita di vasi circonflessi iliaci laterali e mediali profondi rami opzionali della arteria femorale comune e\o superficiale: frequente il fenomeno analogo della necrosi asettica della testa del femore dopo crossover sovrapubico in pazienti con ACOAI  etc.. ad avvalorare la ipotesi patogenetica] .

La lussazione congenita dell’anca risulta inoltre epidemicamente più frequente a sinistra  piuttosto che a destra nelle forme unilaterale ad avvalorare una ipotesi patogenetica su base vascolare ; infatti l’arto destro dominante tende ad essere maggiormente irrorato di quello sx quando non dominante ….. per questioni funzionali anche se sottoposto a maggiori carichi pressori che comunque ne favoriscono il trofismo articolare per mezzo delle sinovie  .

I fattori meccanici sono ad esempio alcune cattive abitudini popolari come le fasciature dei bambini che può comportare la fuoriuscita della testa del femore dal cotile [ rari casi riscontrati in pazienti di sesso maschile ] , in realtà dunque sono pochi i piccoli pazienti lussati congeniti mentre molto più frequenti sono i casi di displasia congenita dell’anca  che possono evolvere verso la lussazione con gravissimi risvolti medico legali [ lesione personale colposa gravissima ex art 590 c.p : Valore del danno minimo 7 milioni di euro al 2004 in Italia massimo 70 milioni di euro ] per i negligenti ed imperitali pediatri che ritardano la diagnosi corretta e\o gli adeguati trattamenti che il caso clinico impone .

La displasia è caratterizzata da una lassità dei legamenti e dalla sfuggenza [ instabilità ] del cotile o meglio dell’acetabolo che possono evolvere verso la lateralizzazione prima e la lussazione poi dell’anca .

Il fenomeno di Trendelemburg è caratterizzato dalla andatura anserina di tali soggetti e dalla loro tendenza a cadere dal lato dell’arto malato quando lo si pone su una sola gamba .

Da quanto esposto soprattutto epidemicamente si comprende la importanza del depistage [ prevenzione secondaria con screening di massa sulla popolazione soprattutto se a rischio di patologia ] di tale displasia ; ciò può essere effettuato a bassi costi con la semplice manovra del famoso pediatra italiano : ORTOLANI[ segno dello scatto di Ortolani che indica che l’anca è instabile e deve essere trattata e seguita] .

Tale manovra si esegue dopo 48 ore dalla nascita e controllata nei 21 giorni successivi la nascita del bambino ; infatti se il segno è positivo il neonato va segnalato al pediatra di base o generale che deve eseguire la manovra nuovamente dopo 7 gg ; se il segno risulta nuovamente positivo o comunque in caso dubbio subito si ricorre al primo trattamento col presidio riabilitativo indicato per tutte le patologie dell’anca ovvero alla divaricazione forzata delle articolazioni dell’anca  nel caso specifico con non poco costosi pannolini divaricatori per circa 2 – 3 mesi che andrebbero usati su larga scala su tutta la popolazione anche per renderli meno rari e costosi sul mercato .

Con tali pannolini si riesce  a mantenere la testa del femore nell’acetabolo ottenendo efficaci risultati terapeutici , esami radiografici vanno eseguiti diligentemente verso i 4-5 mesi di vita del piccolo paziente ossia quando in caso di displasia comparirà il nucleo di ossificazione della testa del femore.

Segni clinici patognomonici di patologia sono .

  1. ipotrofia complessa dell’arto leso
  2. rotazione esterna dell’arto [ extrarotazione classica di patologia della articolazione coxo femorale ]
  3. accorciamento dell’arto [ classico di patologia della articolazione coxo femorale ]
  4. asimmetria delle pieghe cutanee della coscia e soprattutto delle natiche [ classico segno di Lussazione dell’anca ]
  5. appiattimento della natica [classico segno di lussazione dell’anca da coxartrosi con ipotrofia da ipofunzione dei muscoli glutei ]
  6. limitata abduzione dell’anca
  7. raramente intrarotazione correttiva della gamba

Segni radiografici patognomonici di patologia sono :

  1. sfuggenza del tetto dell’acetabolo
  2. ectopia dal bacino dell’estremo femorale dopo i 20 gg di vita della piccola paziente
  3. ipoplasia o ritardo della comparsa del nucleo di ossificazione della testa del femore.

Dunque se l’anca è displasica si pone in abduzione forzata la articolazione  e dopo 3-4 mesi si attende la guarigione radiografica completa della patologia ; se invece l’anca permane ad essere lussata il bambino o in genere la bambina va messa in trazione lenta e progressiva per altri 30 gg fino al 6° mese di vita.

A tale scopo si pongono pesi ai piedi che tendono lentamente in basso la testa del femore [ cavigliere medicinali ] al fine di non alterare la vascolarizzazione della testa del femore e senza danneggiare la articolazione traumaticamente .

L’angolo di antiversione viene così in una alta percentuale dei casi corretto e ripristinato , per consolidare il risultato a 6 mesi di vita si ricorre d apparecchi gessati che permettono la corretta ossificazione della articolazione dopodichè si ricorre ad un tutore col quale dopo circa 12 msi si ottiene la completa guarigione della patologia .

Oggi in Svizzera il depistage di tale patologia ha consentito di ridurre in maniera significativa la incidenza o meglio la frequenza epidemica di tale patologia neonatale che affliggeva soprattutto il cantone italiano .

La riabilitazione permanente del piccolo paziente comunque va proseguita avviandolo ad attività sportive come le arti marziali  che con esercizi di divaricazione forzata degli arti inferiori e dunque della articolazione dell’anca consentono di consolidare i successi terapeutici .

Con la ecografia neonatale dell’anca e con la artrografia oggi si riesce ad indagare, con elevata attendibilità nei casi selezionati con la manovra di Ortolani , sulla riducibilità dell anca patologica e dunque a formulare una prognosi quoad valetudinem confermando così con indagine strumentale [ incruenta la ecografia ] la diagnosi od il sospetto clinico in presenza di lussazione e\o displasia dell’anca .

Soprattutto la ecografia indagine incruenta e facilmante ripetibile a basso costo si può monitorare la terapia conservativa della affezione calcolando con indagini seriate nel tempo l’angolo alfa della articolazione malata , con essa possiamo anche valutare la presenza di Pulvinar articolare che va confermata con indagine artrografica più cruenta.

Il Pulvinar va asportato chirurgicamenta a cielo aperto o con tecnica mininvasiva artroscopica ; vi sono infine numerose situazioni intermedie tra la displasia e la lussazione dell’anca le quali anche necessitano e richiedono intervento chirurgico perché portano in circa 15 –20 anni ad una invalidante coxartrosi invalidante che oggi comunque può essere corretta tramite artroprotesi utilizzando duraturi materiali protesici in soggetti giovani [ protesi in leghe inerti dalla durata fino a 30 anni – Zimmer etc.. -  vs le nuove protesi metalliche della durata di circa 10-12 anni etc,, ] come proposto da Kremer vs le precoci indicazioni alla artrodesi invalidante dell’anca con chiodo intrarticolare come proposto dal Campbell il quale ad opinabile giudizio ritiene tale intervento non invalidante anche quando eseguito in soggetti giovani probabilmente supportato da disumani magistrati e confutabili lavori scientifici di corrotti e spergiuri sanitari assoggettatiai loro corrotti e concussionari regimipiuttosto che ferrei  dominatori e condottieri di di quei Nobili Regimi di cui dovrebbero ippocraticamente  avvalersi per rendere la Arte e a Scienza  Medicale Libere nella loro applicazione e nei loro insegnamenti.

EPIFISIOLISI


 

MORBO DI PERTHERS


 

PIEDE TORTO CONGENITO


 La articolazione del collo del piede [ Caviglia ] è formata dal Perone dalla Tibia e dall’astragalo del tarso [ articolazione tibio tarsica o astragalica ] ; tale articolazione funzionalmente ci garantisce movimenti  di flessione dorsale [ Talo ] grazie al muscolo tibiale anteriore e quelli di flessione plantare o movimento equino grazie al tendine di Achille del muscolo Tricipide della Sura [ Soleo e due gastrocnemi laterale e mediale ] .

La prono supinazione del piede avviene presso la articolazione astragalo – calcaneale grazie ai muscoli peronieri e tibiali posteriori ; nel piede torto congenito possiamo avere deformità maggiori e\o minori ; la forma più freqiente epidemicamente è quella equina da retrazione del muscolo Tricipide della Sura ; abbiamo poi la forma varo supinata da retrazione congenita  dei muscoli flessori delle dita ed infine la forma addotta da retrazione del muscolo adduttore intrinseco del piede .

In tali casi avremo non solo la retrazione dei tendini ma anche delle capsule articolari e dei legamenti come quello deltoideo del piede ; se la deformità continua nel tempo  oppure è insorta precocemente possiamo anche avere una alterazione dello scheletro del piede che appare e si accentua durante l’accrescimento del bambino deforme ; in tali casi lo scafoide appare più piccolo , l’astragalo ruota all’interno e tutto lo scheletro del piede sarà retratto .

I piedi torti congeniti possono essere genetici e gravi ovvero gravemente invalidanti , meccanici da alterazioni intrauterine , abbiamo poi quelli neurologici che conseguono ad alterazioni dell’ultima parte del midollo spinale o meglio a degormità del cavo midollare [ meningocele , mielomeningocele ] ; questi pazienti possono avere una spina bifida occulta o evidente e manifesta clinicamente .

Infine abbiamo i piedi torti congeniti artrogripotici in cui avremo malformazioni multiple anche a acarico delle articolazioni della mano , gomito , ginocchio etc….. ; spesso in associazione con mielomeningocele e criptorchidia .

Tali malformazioni sono spesso eredofamiliari e sindromiche [ Klippel Feil : acondrodisplasia occipito vertebrale etc.. ] e compaiono bilateralmente anche se non tutti i genetisti sono concordi sulla individuazione del vero danno cromosomico soprattutto nelle forme sindromiche [ Presumibile aberrazione cromosomica del braccio lungo del cromosa 5 che codifica per gli arti inferiori ] .

Nel piede torto abbiamo sicuramento uno squilibrio statico del paziente dovuto ad uno squilibrio o meglio una alterazione ergonomica della statica per alterazioni muscolari e\o neurologiche lievi o sistemiche muscolari  anche se la precisa dimostrazione della tara genetica nelle forme singole o isolate non è stata ancora dimostrata a differenza delle forme sindromiche [ Duchenne , Steinert , Tompson , Pierrè Robin, Klippel Feil  etc.. ] .

La terapia deve essere precoce e volta  a ripristinare la normale struttura anatomica del piede ; si applicano apparecchi gessati o tutori rimovibili per correggere non tanto l’equinismo  ma la supinazione  e l’adduzione del piede .

L’equinismo in genere non va corretto per evitare deformità dell’avampiede , tale situazione e condizione clinica andrà trattata tardivamente ed in tempi successivi chirurgicamente dopo una adeguata terapia conservativa rieducativa volta alla correzione della retrazione del tricipide della sura facendo attenzione a non indebolire il tendine di Achille il quale può andare incontro a rottura .

Dopo il trattamento conservativo con gessi correttiti o tutori  [scarpe ortopediche ] che vanno cambiati , rimossi e modificati [ rimodellati ] ogni 21 giorni con elevati costi del trattamento si rieduca la motilità del piede torto avvalendosi anche di tecniche di elettrostimolazione che vanno effettuate conoscendo la precisa anatomia funzionale dell’apparato locomotore onde evitare osteodeformazioni con accorciamento degli arti o processi degenerativi precoci a carico delle cartilagini articolari del piccolo paziente [ evenienza meno frequente fino all’età puberale ] .

N. B. : Attenzione all’utilizzo improprio et illegittimo [ ex art 622-623-326-263 u.c. c.p. etc..] di generatori di impulsi di radiofrequenza [ Taser: Fucili a Radiofrequenza – Pistole Elettriche di recente autorizzate e date in dotazione a criminali e terroristiche forze dell’ordine ex art 583u.c. -280 c.p. etc.... ] con cui si possono arrecare iatrogene lesioni personali gravissime per alterazioni degenerative osteoartrosiche a carico dell’apparato locomotore [ criminale utilizzo cronico per torture ut in art 7-8 Statuto di Roma  sul muscolo sartorio e tensore della fascia lata che cagiona coxartrosi osteodeformante ; oppure sui tendini dei muscoli della zampa d’oca che cagiona gonartrosi etc… ]

La cura dell’equinismo consiste in procedure chirurgiche volte a tendere i tendini ed i muscoli retratti prima che tale condizioni cagioni osteodeformazione strutturale del piede , durante tale trattamento bisogna avere rispetto diligente dell’arteria , della vena e del nervo tibiale cvhe in tale zona e distretto anatomico decorrono .

L’intervento correttivo prevede la sezione ed eliminazione di retrazioni fibrose della capsula e legamenti articolari che vanno con tecnica microchirurgica recise [ sbrigliamento fibroso ] , eseguiamo così una Achille Plastica cioè una plastica del tendine di Achille , una capsulectomia e sezione dei legamenti articolari .

Se tale intervento si rileva inefficace perché permane una certa adduzione del piede e dell’arto , eseguiamo la stessa operazione ed intervento sulla articolazione mediale del piede ; per gli apparecchi gessati che si usano in questi casi bisogna adottare tecniche specialistiche che richiedono Tre Medici come unità operative ; uno deve flettere il ginocchio, uno deve flettere il piede ed uno confezionare l’apparecchio gessato senza mai delegare uno di tali compiti a personale parasanitario che non ha le conoscenze anatomo funzionali necessarie per una efficace correzione della patologia.

Inoltre i pericoli della applicazione di tali apparecchi gessati oggi in disuso sono una possibile ischemia dell’arto del piccolo paziente che va incontro a necrosi per la compressione della arteria poplitea , inoltre una pressione del malleolo laterale può causare una lesione distrofica [ ulcera da decubito ] di tale zona e regione anatomica.

Tali bambini dopo il trattamento gessato tendono a camminare con una extrarotazione [ extratorsione o torsione laterale] del piede e della coscia che può scomparire nel tempo  altrimenti anche su tale evenienza bisogna intervenire chirurgicamente [ Rotule esterne ] .

A volte il bambino può tendere a camminare e deambulare col piede intraruotato e la rotula rimane in asse per cui possiamo avere recidiva della malformazione ed insuccesso dell’intervento chirurgico , tali recidive sono frequenti quando non si raggiunge un equilibrio tra  i muscoli antagonisti tra di loro .

Da ciò si capisce che il bambino affetto da piede torto congenito ha bisogno di una lunga riabilitazione fino al termine della crescita delle ossa ovvero sviluppo psico motorio, e logicamente deve essere indirizzato verso attività di studio e di formazione lavorativo nonché ludico integrative [ sportive ] adeguate  e compatibili con la sua deformità congenita .

Bisogna a tale uopo evitare una eccessiva pressione con eccessivo tono a carico dei muscoli opposti ai peronieri e flessori delle dita [ prolungate marce soprattutto in zone ripide . salite e discese o scoscese ] .

In taluni casi selezionati si possono anche trapiantare il muscolo tibiale anteriore nella sua inserzione tendinea dal 1°-2°al 4° osso metacarpale cosicché tale muscolo da adduttore diventa un abduttore del piede torto intrarotato ; dunque con tale semplice e rapido intervento si riesce ad ovviare sia all’equinismo che alla intrarotazione del piede ossia come si dice nel gergo popolare si catturano due piccioni con una sola fava poco costosa.


Terapie chirurgiche :

  1. Piede torto in Estensione : Procedere su Tibiale anteriore – estensore lungo delle dita – Peroniero anteriore
  2. Piede torto in Flessione : Procedere su Tricipide della Sura – Flessore lungo delle dita – Tibiale Posteriore
  3. Piede torto in Adduzione  : Procedere su Tibiale Anteriore  – estensore lungo dell’alluce– Tibiale Posteriore
  4. Piede torto in Abduzione  : Procedere su estensore lungo delle dita – Peronieri
  5. Piede torto in Rotazione Laterale [ esterna ] : Procedere su estensore lungo delle dita – Peronieri
  6. Piede torto in Rotazione Mediale  [ Interna  ] : Procedere su Tibiale Anteriore – estensore lungo dell’alluce– Tibiale Posteriore
  7. Piede torto congenito neurologico :   Procedere sempre Prima su mielomeningocele con tecnica Neurochirurgica


SCOLIOSI


 

OSTEOMIELITI


 

TUBERCOLOSI


 

References:


 

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Naples Italy 21 November 2021

F.to Dr. Alexander Finelli MD- PhD

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Review 25 december 2024

Review 22 february 2025

Revision 5 Avril 2025
 

Naples - Italy-

Dr. Alexander Finelli MD- PhD


 


 

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